Al Museo di Santa Giulia “Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo. 1512-1552”

BRESCIA\ aise\ - Come si viveva nel Cinquecento in una delle città più popolose dell’Europa moderna? Quali sentimenti muovevano gli animi? Quale fu la reazione dopo il brutale Sacco di Brescia con 8.000 morti? Quali mode erano in auge? Come ci si informava? A quali santi si era devoti? Come ci si sposava? E il ruolo delle donne? Quali libri si leggevano, che musica si ascoltava? E il rapporto con la natura e con l’antico? E l’amore? Cosa rese la pittura bresciana straordinaria? Chi fu Fortunato Martinengo?
La mostra “Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo. 1512-1552”, che si è aperta il 18 ottobre al Museo di Santa Giulia, cerca di rispondere a queste domande attraverso oltre 60 opere d’arte, tra dipinti, oggetti, libri, armature, strumenti musicali, con prestiti nazionali e internazionali, provando a restituire al pubblico lo spirito di un’epoca.
L’esposizione, a cura di Roberta D’Adda, Filippo Piazza e Enrico Valseriati, è promossa da Fondazione Brescia Musei, Comune di Brescia e Skira e sarà allestita sino al 16 febbraio 2025.
L’esposizione origina da un lavoro di ricerca iniziato nel 2020 e sostenuto dal comitato scientifico di Fondazione Brescia Musei composto da Gabriella Belli, Guido Beltramini, Nicola Berlucchi, Emanuela Daffra, Alberto Garlandini, Paola Marini, Massimo Osanna, Claudio Salsi, Valerio Terraroli. Dal 2021 la mostra ha potuto contare anche sul supporto fondamentale del comitato scientifico di mostra con studiosi come Marco Bizzarini, Francesca Del Torre, Marco Faini, Francesco Frangi, Davide Gasparotto, Fabrizio Pagnoni, Barbara Maria Savy, Elisabetta Selmi e Valerio Terraroli.
Troppo spesso il Cinquecento bresciano con Moretto (1496 circa – 1554), Romanino (1484/1487 – 1560) e Savoldo (1480/1485 – post 1548) è stato raccontato come un episodio marginale, ai confini della grande storia dell’arte: questo progetto dimostra ben altro alla luce di fatti e contesti che legano all’arte la storia degli uomini e delle donne, i sentimenti, la politica la cultura e la religione. In particolare, dimostra come e perché la pittura raggiunse risultati sorprendenti, facendosi linguaggio precursore di maestri come Moroni e Caravaggio, base della straordinaria tradizione della cosiddetta pittura della realtà.
Il Cinquecento a Brescia è eccentrico, tormentato da tensioni religiose e dai drammi della guerra, alla ricerca dell’armonia, tra il lusso delle famiglie nobiliari di una città ricca e potente, l’operosità di molti e il fermento culturale.
In mostra: dipinti, oggetti, libri, armature, strumenti musicali diventano testimoni di un periodo che si apre con il brutale Sacco della città (1512), la crisi sociale, economica, morale che ne consegue e prosegue con la rinascita, colma di inquietudine così come di desiderio verso un nuovo tempo di pace e prosperità.
Brescia nel 1506 è una città di circa 60.000 abitanti, tra le venti città più popolose del continente europeo, più di Roma e più di Madrid; è uno dei centri nevralgici della Repubblica di Venezia in terraferma, un grande emporio commerciale e produttivo.
Questi dati non solo danno conto della convergenza di interessi esistenti su Brescia, uno dei maggiori centri economici, sociali e culturali dell’Europa del tempo, ma fanno meglio intendere cosa significò il 1512 quando le truppe francesi, condotte da Gaston de Foix, saccheggiarono la città uccidendo circa 8.000 uomini e donne, incendiando e distruggendo, e cosa ne conseguì. La notizia divenne ben presto globale e si trasformò in spavento collettivo. Una tragica anticipazione di quello che sarebbe stato, di lì a pochi anni, il più violento e simbolico saccheggio dell'Europa moderna, il Sacco di Roma (1527).
Un capovolgimento dell’ordine costituito che ebbe ripercussioni immediate a Brescia: migliaia di vittime, distruzione di case, chiese e patrimonio, violenze e stupri, fuga di molti, interruzione di cantieri e il rallentamento brutale dell’economia; ovunque, in termini di paura. Diverse anche le conseguenze a lungo termine: la città non tornò più a essere altrettanto popolata (assestandosi intorno ai 40.000 abitanti, venendo presto superata da altri centri) e conobbe un periodo di profonda crisi sociale, morale, religiosa, seppur mossa da energie in risposta a tutta quella devastazione.
Un trauma che, come capita, generò fermento: si avviò infatti un “nuovo clima” che questa mostra vuole raccontare attraverso le opere, perlopiù pittoriche, e gli artisti che vissero in quegli anni tanto complessi quanto intensi. Difficile oggi comprendere appieno un’epoca lontana 500 anni, possibile ed affascinante però viaggiare lungo la storia grazie a una serie di testimonianze, in particolare artistiche, molti indizi e diverse suggestioni, anche per comprendere quali e quanti sentimenti siano, a tutt’oggi, attuali ma soprattutto avere consapevolezza che tutto è connesso: società, cultura, religione, politica.
Il volto di questo progetto ma anche il termine cronologico, è Fortunato Martinengo: il nobile bresciano nasce infatti in quel 1512 e muore nel 1552. Fortunato Martinengo è un conte, scrive poesie, è un musicista, fonda l’Accademia dei Dubbiosi, si avvicina ai movimenti ereticali dell’epoca. Vedovo in giovane età, il suo ritratto dipinto da Moretto – in mostra grazie allo straordinario prestito dalla National Gallery di Londra – è uno dei più affascinanti del Cinquecento, con una posa che ricorda la tradizione della melanconia, trasognata e misteriosa e riesce a sintetizzare lo spirito del tempo.
Oltre al luogo di nascita, molti i punti di contatto tra i tre maestri così come molte le diversità. Savoldo è il più anziano e quello che forse più si distacca dagli altri due, anche per la sua lunga permanenza a Venezia, sviluppando un linguaggio poetico non sempre di facile lettura e raffinate ricerche luministiche. Romanino è certamente l’interprete più spontaneo e, con l’andar del tempo, più ruvido della scena artistica anche grazie alla sua capacità di mettere in scena contesti di verità di popolo e scene affollate. Moretto viene celebrato da Vasari come “delicatissimo ne colori e tanto amico della diligenza”, straordinario interprete del naturalismo lombardo, come Romanino, riceve e recepisce stimoli provenienti dalla cultura figurativa nordica, padana, toscana e veneta.
A Brescia il ’500 è un'epoca in cui, oltre agli artisti, risaltano personalità carismatiche, anche in ambito religioso e intellettuale. Sono gli anni di Angela Merici (amica di Moretto e in contatto con Romanino), fondatrice nel 1535 della Compagnia di Sant'Orsola, della poetessa Veronica Gambara e di Agostino Gallo che teorizza il rapporto armonico con la natura, rispecchiato in molti dipinti.
Fuori Brescia: Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, / le cortesie, l'audaci imprese io canto scrive Ariosto nel 1516: il periodo è appassionante, sono gli anni precedenti al Concilio di Trento, delle grandi inquietudini religiose, gli anni di Pietro Bembo e di Tiziano e del soggiorno a Bergamo di Lorenzo Lotto che in una lettera chiama Moretto, nel 1528, fratello.
La mostra che presenta cinque sezioni – Sterminio, Devotione, Armonia, Virtù, Affanni – è ospitata presso il Museo di Santa Giulia ed è accompagnata da una serie di itinerari in città. Un progetto che si propone come occasione per immergersi in un periodo storico comprendendone gli aspetti artistici e umani. Un percorso tra arte, storia, filosofia e religione che svela un Rinascimento che ha saputo celebrare le donne, che ha identificato nella natura uno spazio di armonia e una fonte di possibile sviluppo, che non è rimasto indifferente ai primi fermenti di riforma religiosa e che è stato segnato da una immane tragedia ma ha saputo superarla. È il racconto di una città che indaga la sua storia e la sua identità attraverso i capolavori della sua più grande stagione pittorica. Il progetto espositivo prosegue la narrazione già avviata nell’anno di Capitale della Cultura con l’inedito percorso espositivo costruito intorno alle relazioni tra Lorenzo Lotto e i pittori bresciani (Lorenzo Lotto. Incontri immaginati, Pinacoteca Tosio Martinengo, 2023/2024) incipit necessario per introdurre, attraverso confronti e analogie, alla grandezza innovativa di Savoldo, Moretto e Romanino.
L’esposizione è resa straordinaria grazie alla presenza di prestiti provenienti da alcune tra le più importanti istituzioni internazionali come: Lacma di Los Angeles, MET di New York, National Gallery di Washington, Getty Museum di Los Angeles, oltre a New Orleans, Allentown, National Gallery di Londra, Kunsthistorisches di Vienna e Szépművészeti di Budapest. E dall’Italia: Pinacoteca di Brera, Castello Sforzesco, Museo di Castelvecchio di Verona, Museo Nazionale di Capodimonte di Napoli, insieme a prestiti dal territorio (Accademia Carrara di Bergamo, Accademia Tadini di Lovere, MITA. Museo Internazionale del Tappeto Antico, Museo del Violino di Cremona, Museo Lechi di Montichiari) e parte del patrimonio di Pinacoteca Tosio Martinengo e della Diocesi di Brescia che conservano alcuni tra i più importanti corpora delle opere di Moretto, Romanino e Savoldo.
I visitatori sono in particolare invitati a completare l’immersione nel Cinquecento bresciano presso Pinacoteca Tosio Martinengo (dalla quale solo tre capolavori del percorso permanente sono stati prelevati per la mostra) e presso gli edifici sacri e non inclusi negli Itinerari di mostra in città. Tra questi, la Chiesa dei Santi Nazaro e Celso che conserva il Polittico Averoldi di Tiziano – giunto a Brescia nel 1522 –, il Duomo Vecchio, San Giovanni Evangelista e, straordinariamente, la Chiesa di San Clemente saranno animati ogni sabato e domenica dalla presenza dei Custodi della Bellezza, a cura del Vicariato per la Cultura della Diocesi di Brescia. Anche essi guideranno cittadini e turisti alla scoperta dei tesori del Rinascimento bresciano.
Grazie alla collaborazione con il Circolo al Teatro, tutti i sabati mattina, sarà inoltre possibile visitare la Sala delle Dame, affrescata da Moretto e dalla sua bottega, probabilmente in occasione del fastoso matrimonio tra Girolamo ed Eleonora e situata in Palazzo Martinengo della Fabbrica, ora Salvadego, situato nell’odierna via Dante a Brescia, nel Cinquecento una delle dimore nobiliari più fastose della città.
La mostra al Museo di Santa Giulia permette inoltre ad alcune opere, dopo secoli, di tornare in città: è il caso dello Stendardo dei Disciplini dipinto da Moretto, in prestito da Possagno, già di proprietà di Antonio Canova, anche oggetto di un restauro realizzato in occasione della mostra grazie a SA Finance come Art Conservation Partner. Altro importante restauro, sempre realizzato in occasione dell’esposizione, quello a favore di Giovane con flauto di Giovanni Girolamo Savoldo a trent’anni dall’ingresso dell’opera nelle collezioni di Pinacoteca Tosio Martinengo che vede UniCredit come Art Conservation Partner.
L’esposizione ha costituito l’occasione per effettuare ulteriori restauri parte dei quali sostenuti direttamente dagli enti prestatori: Uomo in armatura di Romanino del NOMA – New Orleans Museum; Sant’Orsola e le compagne di Moretto dalla Pinacoteca del Castello Sforzesco (MI), Cristo e la Samaritana di Moretto dall’Accademia Carrara, il Gentiluomo di Romanino dell’Allentown Museum, l’Arpicordo Antegnati di proprietà dell’Ateneo di Brescia.
La mostra è infine l’occasione straordinaria per porre l’attenzione su alcune opere non abitualmente esposte o accessibili al pubblico: in particolare era irrintracciabile dal 1924 l’arazzo raffigurante Marte, Venere e Cupido (Amsterdam, collezione privata), realizzato su cartone di Romanino e parte di un ciclo di sei esemplari allestiti in occasione del matrimonio tra Girolamo Martinengo di Padernello ed Eleonora Gonzaga di Sabbioneta, celebrato a Brescia nel febbraio del 1543.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Skira con ricche schede critiche e con un apparato di saggi che mettono in relazione i temi pittorici con letteratura, musica, filosofia, scienza a firma di Letizia Barozzi, Barbara Bettoni, Marco Bizzarrini, Marco Faini, Querciolo Mazzonis, Fabrizio Pagnoni, Ester Pietrobon, Alessandra Quaranta, Barbara Maria Savy, Elisabetta Selmi.
La mostra è visitabile grazie al supporto della App di visita gratuita Easyguide nella quale si potrà anche ascoltare la traccia sonora del madrigale a quattro voci O morte? – Holà! leggibile sugli spartiti posti l’uno alle spalle e l’altro davanti al Flautista di Savoldo, gentilmente concessa dalla Fondazione Ugo e Olga Levi di Venezia.
Due i Dossier (Giunti) dedicati ai maestri bresciani pubblicati in occasione della mostra negli anni di elaborazione del progetto: il primo Moretto e il Rinascimento bresciano (#413), firmato dai tre curatori del programma espositivo oggi in presentazione, il secondo Romanino (#425), curato da Francesco Ceretti, Roberta D’Adda e Nicola Turati.
Due anche le storie originali pubblicate dal magazine Topolino (Panini Comics) per raccontare ai bambini e alle famiglie l’atmosfera e i protagonisti della mostra bresciana: Minni, Pippo e il mistero del Topoldo (#3549) ispirata al Giovane con flauto di Savoldo e Gastone e l’illustre Fortunato (#3595), al personaggio di Fortunato Martinengo, in edicola nella settimana di inaugurazione e sempre su Panini.it.
Dipinti Sensazionali, Chi cerca trova, Rinascimento in Musica, Una città “geniale”, La Scienza dei Colori sono solo alcuni dei titoli delle attività educative previste per scuole di ogni ordine e grado, famiglie e adulti. Laboratori, workshop, una fitta programmazione di visite guidate, percorsi tematici, concerti e spettacoli teatrali permettono di conoscere il Cinquecento, con tante informazioni, fascino e divertimento, a tutti i pubblici.
Parte del ricco Public Program, in particolare lo spettacolo teatrale del fine settimana di vernice della mostra, di e con Luca Scarlini, Veronica Gambara e le altre: donne di governo, donne di poesia nel Rinascimento (sabato 19 e domenica 20 ottobre) e la rassegna cinematografica curata da Fondazione Brescia Musei al cinema Nuovo Eden: un suggestivo intreccio tra arte e cinema, attraverso una selezione di film che esplorano l’influenza dell’arte rinascimentale e i suoi protagonisti, ricollegandosi idealmente alla straordinaria stagione pittorica bresciana.
Il progetto espositivo insieme alla grafica di sala è a cura dello Studio Top Tag. Si apre con due ambienti lineari e immersivi, caratterizzati da un’atmosfera intima e concentrata, che accolgono il visitatore introducendolo nel cuore del Rinascimento bresciano. Le eleganti volte a crociera della galleria del monastero di Santa Giulia, risalenti alla stessa epoca delle opere esposte, diventano protagoniste dello spazio, valorizzate attraverso un allestimento che ne esalta la configurazione originale. Le pareti riprendono le tonalità tradizionali dell'epoca, mentre gli elementi allestitivi a contrasto creano un dialogo visivo tra antico e contemporaneo. Due particolari tonalità di verde e blu, ispirate ai soggetti raffigurati nei capolavori esposti, accompagnano il visitatore lungo il percorso, segnalando con delicatezza il passaggio tra le varie sezioni della mostra. Tocchi di oro scintillante intervallano l’esperienza, evocando la ricchezza dei tessuti e dei broccati presenti negli sfondi e negli abiti della nobiltà rinascimentale. Il viaggio culmina con il ritratto di Fortunato Martinengo, emblema della mostra. (aise)