“Domani torno”: Enrico David al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea

Enrico David, Dinnisblumen (part.), 1999, Raf Simons Collection, Antwerp © Enrico David. Courtesy Michael Werner Gallery

TORINO\ aise\ - Quella che si è aperta il 20 ottobre al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea è la più grande personale mai dedicata a Enrico David (Ancona, 1966) e la più importante delle mostre realizzate in Italia. I suoi lavori sono stati più esposti all’estero, dove vive e opera da circa quarant’anni, sia in patria, dove finora spiccano le sue partecipazioni a tre edizioni della Biennale Arte a Venezia. Curata da Marianna Vecellio, la mostra “Domani torno” include oltre ottanta opere in un percorso articolato intorno a sei grandi ambienti che rappresentano altrettanti pilastri del percorso creativo dell’artista, ripensati in una nuova installazione.
L’ampia retrospettiva, in programma sino al 22 marzo, dà conto di tre decenni di pratica artistica, un bagaglio che si raccoglie intorno a diversi linguaggi rappresentati in un percorso non cronologico che mescola passato e presente, sperimentazioni e grandi installazioni, materiali e strumenti espressivi, immergendo il pubblico in un viaggio nevrotico, e a tratti isterico, intorno a territori che sfiorano il grottesco, il carnevalesco, il racconto autobiografico, il teatro e il folclore.
L’allestimento progettato dall’artista si snoda attorno a Madreperlage, prima grande installazione creata per la personale dedicata a David alla galleria Cabinet di Londra nel 2003; Ultra Paste, esposta all’Institute of Contemporary Arts di Londra nel 2007; Absuction Cardigan, selezionata nella shortlist per il Turner Prize 2009 ed esposta alla Tate Britain in quell’occasione; Tutto il resto spegnere, parte del lavoro esposto al Padiglione Italia della 58. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia nel 2019. Quattro opere, simboliche rappresentazioni dei pilastri angolari di una dimora costruita al termine di un viaggio di ritorno (il celebre nostos greco) ideale.
LA MOSTRA
Il percorso si snoda in una successione di fermo-immagini – quasi dei fotogrammi onirici – con funzione a volte teatrale, altre quasi rituale, funeraria o religiosa che sembrano legarsi sempre alla scena madre della vita dell’artista, ossia la morte improvvisa del padre nel corso di una cena quando David era adolescente. Partendo dalle origini ad Ancona, seguite dal trasferimento a Londra alla metà degli anni Ottanta, la mostra segue la nascita di una pratica fondata sulla ricerca di uno spazio linguistico in cui esistere. E questo spazio si ritrova, non a caso, in un altro riferimento al mondo paterno: l’allestimento. La messa in scena infatti, evoca esplicitamente l’atmosfera delle fiere campionarie degli anni Settanta, che l’artista frequentava da bambino con il padre, attraverso l’utilizzo di elementi sospesi, elementi tra l’oggetto d’arredo e l’opera d’arte, pedane da esposizione, arazzi e quadri rotanti, un invito a immaginare un mondo altro da quello in cui siamo immersi.
Partendo da opere esili si arriva ad abiti e sculture realizzati con i materiali più disparati, tra cui il gesso artificiale. Tutte le sue creazioni partono dal disegno, inteso come l’armatura che tiene la scultura. Il contatto quotidiano durante l’infanzia e l’adolescenza con le maestranze artigiane nell’azienda paterna, dove si realizzavano mobili di design, informa notevolmente il lavoro di David. La manualità nutre il suo retroterra, prettamente rispondente ai caratteri originari della creatività italiana, e trova espressione nella sua opera attraverso una molteplicità di strumenti, dall’art nouveau alle brochures, dall’uso delle arti applicate al gesamtkunstwerk.
Oltre a lavori già noti come Trenches to Reason (Trincee della ragione) (2021), Le Bave (Solar Anus) (2023), Aurora (2014-2024) e Racket II (2017) sono presenti nuove opere, una particolarmente significativa, Il centro dei miei occhi è 160 (1995-2025), non a caso posta all’inizio dell’esposizione. Di fatto un quinto elemento a completamento dei quattro pilastri, che si integra con uno di essi: l’immagine di una donna in neon – esplicito richiamo al nome dell’azienda paterna, la “Neon Ancona” – che si affianca a Ultra Paste, riproposizione in chiave surreale di un ambiente domestico – ossia la cameretta da bambino che realizzò per lui il padre dell’artista – riprodotto in tinta verde smeraldo e con un letto a ribaltina, abitato da un ragazzo ritratto di spalle che si struscia sulla gamba di un manichino snodabile.
Il catalogo, con i testi del filosofo Federico Campagna, delle storiche dell’arte Dawn Ades e Polly Staple, è introdotto da un saggio della curatrice Marianna Vecellio e da un dialogo dell’artista con il direttore Francesco Manacorda. Il volume sarà pubblicato a novembre per poter fornire una documentazione fotografica adeguata dell’allestimento della mostra.
“Domani torno” propone inoltre un dialogo con la collezione di Villa Cerruti, da cui provengono sei opere in mostra tra cui un Giorgio de Chirico.
“Se in un mondo dominato dalle tecnologie digitali – scrive la curatrice Marianna Vecellio nel saggio introduttivo – in cui l’intelligenza artificiale stabilisce il nuovo confine umano, le opere di Enrico David esprimono una resistenza assoluta alla decodificazione, sono altrettanto un elogio del corpo fisico e materiale e dell’esperienza del singolo. Quello che stiamo vivendo oggi è un’erosione dell’immaginazione. Di fronte a noi, ostaggi della digitalizzazione, la mostra di Enrico David è una celebrazione dell’immaginario”.
“Rifletto spesso sul ruolo dell’immaginazione – osserva Enrico David in uno dei dialoghi con Francesco Manacorda – e sulla responsabilità che individualmente abbiamo di salvaguardarla come un sacrosanto diritto. Potrei dire che il soggetto unificante del lavoro è l’autorità che come artista ho di mantenere il massimo controllo della nostra immaginazione”.
La mostra è anche l’occasione per presentare in Italia l’opera Il centro dei miei occhi è 160 (1995-2025), prodotta dal Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea in collaborazione con Kunsthaus Zürich grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito del programma Italian Council 2025. (aise)