Il mito di "Penelope" si svela a Roma
ROMA\ aise\ - Roma ospita “Penelope”, la prima mostra dedicata al personaggio omerico, che, attraverso più di cinquanta opere, ripercorre il mito e la fortuna della figura di Penelope che giunge a noi, dalla remota età in cui affondano i poemi omerici, attraverso due tradizioni ugualmente potenti: quella letteraria e quella legata alla rappresentazione visiva.
L’esposizione, promossa dal Parco archeologico del Colosseo e curata da Alessandra Sarchi e Claudio Franzoni, con l’organizzazione di Electa, si è aperta al pubblico il 19 settembre scorso negli spazi delle Uccelliere farnesiane e del Tempio di Romolo, dove sarà allestita sino al 12 gennaio 2025.
All’interno del percorso espositivo anche un omaggio a Maria Lai, artista che ha messo al centro del suo lavoro le materie tessili, in collaborazione con l’Archivio e la Fondazione Maria Lai.
La mostra “Penelope” – primo atto di una trilogia espositiva unica nel suo genere dedicata alle tre figure femminili più moderne dell’antichità con Antigone e Saffo –, attraverso dipinti, sculture, rilievi, incunaboli e libri a stampa, restituisce i diversi aspetti della figura di Penelope, della sua fortuna, antica e moderna, e delle domande che ancora ci pone sul ruolo e sulla condizione sociale delle donne.
La sua iconografia è caratterizzata da una postura malinconica; è frequente anche la presenza del telaio con cui l’eroina tesse il famoso sudario per Laerte, il padre di Ulisse. Questa immagine ha attraversato i millenni e popolato il nostro immaginario legandolo a un ideale normativo della donna, fedele al marito Ulisse e saggia custode della sua dimora-reggia a Itaca, ubbidiente perfino al figlio Telemaco appena ventenne. A renderla affascinante sono però la sua determinazione, la sua resistenza e capacità di sognare.
L’ingegnoso stratagemma della tela fatta di giorno e disfatta di notte per posticipare il più possibile la scelta di uno fra i pretendenti e la complicità non detta ma evidente con le astuzie di Ulisse una volta ritornato in patria sono solo alcuni dei tratti che la rendono una figura femminile sfidante rispetto alla condizione di oggettiva minorità qual è quella della donna nella cultura antica.
Alla mostra si accompagna il catalogo pubblicato da Electa, concepito, per la ricchezza dei contributi affidati ai maggiori specialisti con focus su vari aspetti e cronologie, come un saggio esauriente – e ancora mancante nel panorama editoriale – sulla figura mitica eppure così attuale di Penelope e sulla sua fortuna nella cultura occidentale fino ai giorni nostri, senza dimenticare il cinema.
Electa, inoltre, riedita nella collana Pesci Rossi - che si arricchisce di una nuova serie dedicata alla creatività femminile - “Le ragioni dell’arte” (2002), dialoghi tra Giuseppina Cuccu e Maria Lai nati da argomenti che l’artista aveva proposto come materia didattica per l’infanzia. Il volume rientra nell’ambito di Esistere come donna, racconto a più voci sviluppato con Fondamenta, neonata fondazione di Electa editore, che ha ideato e realizzato il programma di incontri sui temi della mostra promossi dal Parco archeologico del Colosseo, che si terranno nella Curia Iulia sino al 14 dicembre.
I NUCLEI TEMATICI DELLA MOSTRA
Il telaio e la tela: Penelope è molto spesso raffigurata con un telaio accanto, come nel celebre skyphos del Museo Nazionale Etrusco di Chiusi, in mostra, o nei tanti dipinti e incisioni di epoca moderna. Il telaio contrassegna il suo spazio domestico più di ogni altro oggetto. Espressione di una tecnologia evoluta, il telaio è strumento di una cultura femminile raffinata: tessere significa sapere contare, aver memorizzato misure, sequenze di colori e di punti. Inoltre è ben presente l’associazione fra tessitura e canto, fra tessitura e ripetizione mnemonica di versi, che ci porta all’origine stessa dei poemi e rivela come il connubio fra il rapsodo, letteralmente “cucitore di canti”, e quest’arte tipicamente femminile sia ben più che una metafora.
Il gesto e la postura: Penelope, specie nelle raffigurazioni antiche – come la lastra “Campana” in mostra del Museo Nazionale Romano –, è seduta con le gambe accavallate, il mento appoggiato a una mano. Gesti che la rendono remota, malinconica ma anche potenzialmente sfuggente. Penelope non è solo saggia, ma anche temibilmente astuta come il suo consorte. A entrambi, Penelope e Ulisse, è dedicato un nucleo della mostra dove ricorre la figura del marito sotto l’aspetto di mendicante con cui si presenta alla reggia, cosa che provoca la resistenza di Penelope nel riconoscerlo, dopo vent’anni di assenza.
Il mondo del sogno e del talamo: Penelope, a differenza di Ulisse spesso insonne, dorme e sogna moltissimo. È infatti raffigurata dormiente o nell’atto di svegliarsi, specie in epoca moderna. A lei nel canto XIX dell’Odissea viene attribuita la distinzione fra sogni veri, usciti dalla porta di corno, e sogni falsi, usciti dalla porta di avorio, che avrà poi una lunghissima fortuna fino all’analisi da parte di Freud. Sul celebre talamo, inamovibile dalla stanza e costruito in legno d’ulivo da Ulisse stesso, si svolge una delle scene più moderne dell’intero poema, una volta che Odisseo è rientrato a Itaca, come ben raffigurato dalle incisioni seicentesche di Theodoor van Thulden derivate dagli affreschi perduti di Primaticcio nella Galleria d’Ulisse a Fontainebleau.
Il velo e il pudore: La figura di Penelope è caratterizzata dall’aidós, che in greco significa pudore, modestia, vergogna, e che dal punto di vista iconografico si manifesta nel velo, come mostra l’acquaforte settecentesca incisa da Tommaso Piroli dai disegni di John Flaxman. Il velo fa riferimento anche a un altro ambito: lo schermarsi rispetto alla realtà, il frapporre un diaframma fra sé e il mondo. (aise)