L’omaggio di Bassano del Grappa all’artista veneto Pompeo Pianezzola

Pompeo Pianezzola, Marea blu (part.), anni Ottanta. Collezione privata. © Alessandro Molinari

BASSANO DEL GRAPPA\ aise\ - Il Museo Civico di Bassano del Grappa ospita sino al 7 settembre la retrospettiva di uno dei più importanti artisti veneti del secondo Novecento: Pompeo Pianezzola.
Organizzata in occasione del centenario della nascita dell’artista, la mostra Pompeo Pianezzola (1925-2012) intende ricostruire in chiave antologica la vita e la carriera di questo protagonista indiscusso del rinnovamento dell’arte ceramica, che è stato anche artista a 360 gradi, partecipe dei contesti delle neoavanguardie, grafico e designer ad ampio spettro.
Promossa e organizzata dal Comune e dai Musei Civici di Bassano del Grappa, con il patrocinio della Regione del Veneto, l’esposizione si propone di ricostruire l’intera parabola creativa dell’autore, dai dipinti giovanili alle prime ceramiche, dai grandi e celebri scudi in maiolica alle opere moltiplicate, dai libri d’artista fino al commovente omaggio a Canova.
Un percorso di undici sezioni tematiche e circa 120 opere esposte, tra cui ceramiche, dipinti, disegni e incisioni, che documenta tutte le tappe che hanno portato il giovane talento di Nove a confrontarsi con i maggiori artisti della sua epoca – da Burri a Fontana, da Melotti a Valentini – e a interpretare le aspirazioni e le inquietudini della cultura italiana a partire dagli anni del miracolo economico fino alle soglie del nuovo secolo, in costante tensione con le più importanti correnti artistiche della sua epoca.
“Orgoglioso” di presentare “l’opera di uno dei più importanti ceramisti e artisti veneti del secolo scorso” il sindaco Nicola Ignazio Finco, per il quale la mostra, “oltre a ripercorrere la vita di un grande artista originario di Nove, ma molto legato al nostro territorio, permette di rinnovare l’interesse del pubblico per la grande tradizione della ceramica del Bassanese”.
“La mostra Pompeo Pianezzola (1925-2012) offre l’occasione di rivivere un capitolo significativo della storia artistica della nostra città”, conferma Giada Pontarollo, assessore alla Cultura di Bassano del Grappa. “Una storia fatta di lavoro manuale, creatività, ricerca e sperimentazione, cui vogliamo tributare il giusto omaggio indicandola agli appassionati, alle giovani generazioni e ai visitatori che durante l’anno raggiungono Bassano del Grappa”.
Pompeo Pianezzola nasce a Nove nel 1925 e già in giovanissima età, a soli 14 anni, comincia la sua attività da ceramista come apprendista all’interno della manifattura Antonibon Barettoni. Frequenta, negli stessi anni, la Regia Scuola d’Arte di Nove, oggi Istituto d’Arte Giuseppe de Fabris; un’esperienza che gli risulterà fondamentale per approcciarsi ad uno studio più approfondito delle materie plastiche e soprattutto per avvicinarsi ai suoi primi veri maestri, Andrea Parini e Giovanni Petucco. Successivamente si diploma all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove ha modo di respirare un ambiente culturale libero e in pieno fermento come quello del dopoguerra, ed insegna all’Istituto d’Arte di Nove dal 1945 al 1977, assumendone anche la direzione dal 1963 al 1968.
Nella fase iniziale della sua carriera il medium principale con cui Pianezzola sceglie di misurarsi e la pittura, in particolar modo attraverso il genere del ritratto. Le sue tele testimoniano l’evoluzione di uno stile che, da un compassato realismo, raggiunge ben presto esiti di aggiornatissima, autonoma espressività. Proprio da questo esordio prende avvio la mostra, attraverso una galleria “popolare” di dipinti ritraenti gli affetti più intimi di Pianezzola, autoritratti e soggetti di ispirazione quotidiana che introducono l’avvio del suo percorso creativo e la “scoperta” dell’artista da parte dei più attenti e preparati interpreti della modernità, come Gio Ponti a Licisco Magagnato.
Negli anni Cinquanta, l’attività pittorica di Pianezzola si incrocia con le prime creazioni autonome in ceramica, dove è evidente il richiamo neocubista nella sperimentazione di nuove forme ritmate, traforate e leggere. Sono i primi segnali di un impegno che diventerà sempre più costante verso il design, qui orientato alla produzione artigianale di piccole ceramiche d’uso comune, o addirittura di non-uso, con spessori così sottili che potrebbero apparire fatti di carta o cartone. Ma e solo al termine del decennio che Pianezzola raggiunge la piena maturità artistica, quando la stagione dell’arte informale e al suo apice ed egli sceglie di rinunciare definitivamente alla figurazione e alla tridimensionalità per approcciarsi all’astrazione e alla piena autonomia dell’oggetto. Raccogliendo le suggestioni del suo tempo, di cui troviamo alcuni degli esempi più noti nell’opera di Alberto Burri e Lucio Fontana, Pianezzola si affida alla materia grezza e ai processi di cottura, voltando le spalle alla tradizione in cui era immerso fin da ragazzo. Le opere più rappresentative di questa fase sono le Ripetizioni, i Neri e naturalmente i grandi e celebri Scudi in maiolica, che gli varranno la vittoria al concorso nazionale per la ceramica d’arte Premio di Faenza nel 1963.
Tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta l’artista si confronterà con il concetto di “replica” nelle famose serie di opere moltiplicate, e si avvicinerà al design contemporaneo per avviare ardite sperimentazioni di forme, colori e materiali, come il plexiglass e i diversi tipi di metalli. Una ricerca che lo porterà a realizzare uno dei suoi cicli più famosi, Fluttuazioni, e a interessarsi per molti anni al grande formato.
Sul finire degli anni Settanta il maestro decide tuttavia di abbandonare questi esperimenti per riavvicinarsi ad una dimensione più intima dell’opera d’arte, distanziandosi dalla modernità contemporanea e abbracciando una fase “primordiale” della modellazione dell’argilla. Focalizzandosi su un piano di lavoro più contenuto, il foglio di creta, e liberandolo da qualsiasi retaggio storico, artigianale o artistico, Pianezzola assimila il foglio di materia cruda ad antichi testi sapienziali e indecifrabili che, arrotolati, contengono segni solo parzialmente svelati all’occhio dell’osservatore. Tali pseudo scritture altro non sono che tratti grafici disposti in verticale o in obliquo, che conferiscono all’opera d’arte il vago ricordo di una lingua perduta. Ispirandosi inizialmente ai rotoli di papiro, fino alla graduale realizzazione di libri-oggetto, questa altissima fase di ricerca artistica rappresenta una delle attività più felicemente creative di Pompeo Pianezzola e il connubio definitivo tra pittura e scultura, tra modellazione e decorazione.
Risale invece al 2003 l’omaggio ad Antonio Canova che l’artista realizza in occasione della leggendaria mostra che il Museo Civico di Bassano del Grappa dedica al grande scultore. Il maestro di Nove utilizza qui le qualità povere della terraglia bianca per dissimulare e reinterpretare allo stesso tempo il bianco del marmo di Carrara, simulando idealmente la perfezione e le superfici levigate dei capolavori canoviani per ottenere sagome ritagliate, frammenti di panneggio scomposti con piccole sporgenze e rilievi accennati. Minuti e preziosi dettagli d’oro e d’argento vengono poi integrati all’opera, ad omaggiare gli inserti dorati della coppa e della caraffa sorrette dall’Ebe di Canova.
Durante l’ultima fase della sua carriera l’attenzione di Pianezzola si dedica infine alla carta. Nei disegni realizzati negli ultimi anni della sua vita assistiamo ad un processo di rarefazione totale che, come nella ceramica, coinvolge la superficie dell’opera e i segni che la percorrono: un ritorno alle origini della sua passione per reperire e inventare forme, ricominciando da un foglio di carta e dalla semplice punta di una matita, per ripensare i primi passi, per rivedere l’inizio di tutto.
Il percorso espositivo della mostra e arricchito dall’originale allestimento di ASA Studio Albanese, che, in qualità di main sponsor della mostra, ne ha sostenuto interamente la progettazione e la realizzazione, contribuendo ad inquadrare l’opera di Pianezzola in quella che l’artista chiamava “l’identità della ceramica diventata forma universale”.
La mostra e infine accompagnata dal prezioso catalogo curato da Nico Stringa ed edito da Antiga Edizioni, con il supporto di Fondazione PIELLE24, che restituisce tutta la ricchezza cromatica e materica della produzione ceramica di Pompeo Pianezzola e celebra, a cento anni dalla nascita dell’artista, le tappe e le più eccellenti testimonianze della sua lunga, prolifica e inesausta stagione creativa.
“Pianezzola ha saputo, come solo i veri artisti sanno fare, contribuire a rivitalizzare la storia dell’arte ceramica”. Per Barbara Guidi, direttrice dei Musei Civici di Bassano del Grappa, è “doveroso quindi dedicargli una retrospettiva nell’istituzione museale pubblica più rilevante della sua terra di origine: una mostra che ne ripercorresse il ricco e variegato percorso creativo, pensata non solo come semplice momento commemorativo per un anniversario importante, ma come attiva sollecitazione di riflessione storico-critica sulla parabola di uno dei maestri veneti più sensibili e capaci del secolo scorso”. (aise)