“Screen”: la pittura continua di Alfonso Leto alla Casa del Mantegna di Mantova

MANTOVA\ aise\ - Nell’ambito dell’attività di promozione e di diffusione dei linguaggi contemporanei, in continuo dialogo con le realtà internazionali dell’arte, dal 20 settembre scorso e sino al 26 ottobre la Fondazione Orestiadi di Gibellina è ospite della Casa del Mantegna di Mantova con “Screen - pittura continua”, mostra personale di Alfonso Leto, poliedrico artista che nel corso dei decenni ha stabilito con l’istituzione culturale un vivo rapporto di collaborazione e di presenza attiva nella sua programmazione.
Alfonso Leto (Santo Stefano Quisquina, Agrigento, 1956), formatosi nell’ambiente artistico e sperimentale della Palermo degli anni Settanta e Ottanta e presente con mostre personali e collettive in gallerie d’arte e sedi internazionali - quali Palazzo delle Esposizioni e Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma, “XLIV Premio Michetti”a Villafranca al Mare, Parlamento Europeo a Bruxelles, Istituto Italiano di Cultura di Madrid, Fondazione Ludwig a L’Avana, Air Space Museum di New York, solo per citarne alcune -, presenta per l’occasione un corpus di 60 opere quasi tutte inedite, testimonianza di una ricchezza espressiva in cui la pittura (ibridata e manipolata) resta il mezzo d’elezione dell’artista, che le ha selezionate con il contributo dei curatori Ilaria Bignotti ed Enzo Fiammetta.
Il corpo centrale dell’offerta espositiva è composto dalla produzione pittorica recente di Leto, realizzata su superfici provenienti da scarti elettronici - monitor, tablet, televisori, dispositivi vari - che attraverso il gesto salvifico e creativo dell’artista ritornano in altra forma, come opere pittoriche di piccolo e medio formato portatrici anche del messaggio ambientale che il riciclo estetico comunica.
Basti pensare alla catena di sfruttamento globale che questi oggetti generano prima di arrivare agli “utilizzatori finali”. Il gesto pittorico di Leto, alludendo ed eludendo anche a questi temi, senza alcuna retorica, vuole onorare questi frammenti consentendo ad essi una second life elevata a “un ideale paradiso dei pezzi di ricambio”, come dice l’artista.
Non è un caso che “Gruppo Tea” e “Studio Andrea Minari” che sostengono il progetto insieme alla Provincia di Mantova (che gestisce la sede museale) e al Comune di Santo Stefano Quisquina (Agrigento), siano impegnati in prima linea nella tutela ambientale e nella diffusione di una cultura della sostenibilità.
Al gruppo centrale di opere su schermi, in un ricco dialogo visivo, si affiancano altre opere concepite su superfici più tradizionali, quali tele, tavole, ardesia e metalli. L’accostamento e la condivisione dello spazio espositivo tra questi gruppi di opere provenienti dall’attività più nota dell’artista, vuole costituire il filo di continuità iconografica e narrativa di una produzione apparentemente eterogenea ma intimamente coerente che fa della sua poliedricità la sua cifra di originalità.
Per questa sua presenza espositiva nella Casa del Mantegna Alfonso Leto ha “dato vita” ai ritratti immaginari di Andrea Mantegna e della sua prima moglie Nicolosia Bellini (proveniente da una delle famiglie di artisti più importanti del Rinascimento italiano, strettamente relazionata con la formazione veneta di Andrea), in una doppia versione.
“Immaginare oggi, sei secoli dopo, una possibile fisiognomica di una delle coppie più iconiche del Rinascimento è un desiderio connaturato al gesto pittorico (mitologico-affettivo): un esercizio quasi medianico, da cui nascono due volti rinascimentali e cyborg dipinti su supporti estratti da schermi televisivi, come gran parte delle opere di questa mostra”, afferma Alfonso Leto.
La pittura è screen: è schermo, scansiona, va oltre la superficie delle cose. In “Screen - Pittura continua” Alfonso Leto espone nella Casa del Mantegna di Mantova, dimora che l’artista rinascimentale costruì con geometrico, cristallino rigore e tensione al trascendentale: ab olympo, una selezione cospicua di opere recenti e molte di nuovo conio, inedite. Una rassegna attesa, dopo la grande mostra del 2018, prodotta dalla Fondazione Orestiadi in occasione dell’edizione di Manifesta tenutasi a Palermo, nell’anno in cui la città era Capitale Italiana della Cultura.
Nato a Santo Stefano Quisquina nel 1956 e formatosi, nell’ambiente artistico e sperimentale della Palermo degli anni Settanta e Ottanta, ha al suo attivo un percorso espositivo di grande interesse, con mostre personali e di gruppo in gallerie d’arte e sedi internazionali, tra queste: Roma, Palazzo delle Esposizioni e Galleria Nazionale d’Arte Moderna; Bruxelles, Parlamento Europeo; Madrid, Istituto Italiano di Cultura; L’Avana, Fondazione Ludwig; New York, Air Space Museum; Algeri, Palais de la Culture; Il Cairo, Akhenaton Gallery; Amman, City Hall; Damasco, Beit Nizam.
Nel 1998 è presente (con Consagra, Isgrò, Accardi, Salvo, Romano, Guccione) alla mostra “I percorsi del sublime” (Real Albergo delle Povere, Palermo, a cura di A. Bonito Oliva, ediz. Electa). Edward Lucie Smith ha incluso il suo lavoro nell’ edizione 2001 di “Annual Development/New european artists” (ediz. Imprincta, Amsterdam, 2001).
Più volte presente nei programmi culturali ed espositivi della Fondazione Orestiadi di Gibellina, dove ha realizzato l’installazione permanente “Meteoriti”. Sue opere sono in collezioni private italiane e nei principali musei d’arte contemporanea siciliani. Il suo lavoro, negli anni è stato sempre testimoniato da contributi critici di qualità (tra questi: Fulvio Abbate, Achille Bonito Oliva, Renato Barilli, Claudia Colasanti, Valentina Di Miceli, Patrizia Ferri, Giuseppe Frazzetto, Marina Giordano, Helga Marsala, Marco Meneguzzo, Francesca Alfano Miglietti, Paola Nicita, Edward Lucie Smith, Maria Grazia Torri, Sergio Troisi, Barbara Tosi, Emilia Valenza).
Nel 2009 le Fabbriche Chiaramontane di Agrigento espongono una selezione retrospettiva delle sue opere degli ultimi 10 anni, presentate da un saggio di Achille Bonito Oliva. Nel 2018, Il programma di Manifesta - Città Metropolitana di Palermo, gli dedica una ricca retrospettiva, nella sede di Palazzo Sant’Elia, prodotta dalla Fondazione Orestiadi, che raccoglie sue opere dal 1977 al 2018, a cura di Marco Meneguzzo.
L’evoluzione del suo lavoro è costantemente attraversata dal pulsare continuo di un’ironia meditata e originale (con opere quali: le tele marsupiali, i “codici fiscali dei poeti”, le pitture sottovuoto con gadget in offerta, la pittura su monitor di computer, visioni apocrife della religione…). Un percorso che ancora oggi si evolve in una tensione capace di cambiare pelle e rivitalizzarsi. Il suo lavoro privilegia la pittura nell’equilibrio continuo tra concetto e stile, combinando spesso il mezzo pittorico, al concetto all’oggetto ai mezzi “extrartistici”. (aise)