30 anni di Galerie Canesso a Parigi e Milano

Crediti Galerie Canesso Paris

PARIGI\ aise\ - Magnifici capolavori che “tornano a casa” per festeggiare i 30 anni della Galleria che li ha posti sul mercato per accompagnarli verso grandi musei e collezionisti di diversi continenti. Accade dal 16 maggio al 28 giugno nelle due Gallerie di Maurizio Canesso, l’una a Parigi, al 26 di Rue Lafitte, la seconda a Milano, in via Borgonovo 24.
Nelle due gallerie si potranno ammirare dipinti di grandissimo livello, Evaristo Bachenis, Bernardo Strozzi, Alessandro Magnasco, Gian Paolo Lomazzo, Giuseppe Bonito, Gaspare Travesi, Tanzio da Varallo e di altri Mastri del Barocco e del Rinascimento italiano. Tra le opere esposte anche un’opera del cosiddetto “Maestro della tela jeans”, pittore di area lombarda, attivo nella seconda metà del ‘600, “specializzato” nel dipingere soggetti che indossano abiti in quel tessuto di origine italiana, diventato poi popolare grazie alle grandi manifatture americane.
Il vernissage della mostra nella sede di Parigi si terrà il 15 maggio; seguirà il 23 maggio quella a Milano.
Sono il Rinascimento e il Barocco italiani che Maurizio Canesso ha scelto come specializzazione della propria ricerca, allargando il campo anche agli artisti non italiani che però hanno operato nella penisola. In questi 30 anni di attività della Galleria, Maurizio Canesso è diventato uno dei più accreditati mercanti d'arte italiana al mondo. Opere passate dalle sue mani sono tra le eccellenze delle più importanti collezioni private e musei di diversi continenti. Metropolitan di New York, Getty Museum di Los Angeles, National Gallery di Ottawa, National Gallery di Melbourne, Kunsthaus di Zurigo, Capodimonte a Napoli, Uffizi a Firenze, Gallerie dell’Accademia a Venezia, Louvre a Parigi e Abu-Dhabi, tra i tanti.
Veneziano d’origine, Canesso scopre la passione per l’antiquariato quando ragazzino entra in una galleria d’arte. Appena ventenne, muove i primi passi da mercante d’arte e rimane affascinato da quel mondo. Il suo primo acquisto, seguito da immediata cessione, è un dipinto di Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone. Due anni dopo propone a Piero Corsini, uno tra i più autorevoli mercanti attivi in America a quel tempo, un’opera incompiuta di Carlo Portelli. L’offerta non ha seguito ma il dipinto è acquisito dagli Uffizi. Corsini, colpito dalla capacità del ragazzo, lo assume. Per Canesso è il modo perfetto per approfondire conoscenze e relazioni con istituzioni e grandi musei americani ed europei. Nel 1988 Maurizio Canesso, smette di lavorare per Corsini e decide di mettersi in proprio. Sceglie di stabilirsi a Parigi dove si trasferisce con la sua famiglia. Negli anni che precedono l’apertura della sua prima galleria, approfondisce le sue conoscenze con ricerche sui maestri del passato e frequentando storici dell’arte, esperti e conservatori di museo. Uomo discreto, lavora pazientemente alla costruzione del proprio futuro.
Quando si sente pronto, nel 1994 apre la prima galleria, senza vetrina, al primo piano, lontano dai rumori della città che potrebbero guastare la contemplazione dei dipinti. “L’opera d’arte è una sospensione del tempo”, diceva Pierre Bonnard.
Maurizio può finalmente condividere il suo personale gusto. Scoprire, studiare, promuovere, trasmettere sono la sua quotidianità. Negli anni ha appreso anche l’importanza della pazienza: “bisogna saper conservare l’opera, valorizzarla prima di volerla cedere”, spiega; “ci vuole una grande forza per non privarsene troppo rapidamente; la difficoltà del mestiere è tutta qui”.
Nel 2010 Maurizio Canesso apre una galleria a Lugano e nel 2021 una nuova sede, diretta da Ginevra Agliardi, nello storico quartiere di Brera a Milano. “Dopo tanti anni lontano dall’Italia, è una gioia tornare nella mia terra, che è sempre stata al centro dei miei interessi”.
Maurizio Canesso ha intessuto con la maggior parte dei suoi clienti dei legami di stima e amicizia. Anche per questo motivo, per il trentennale della galleria, è possibile esporre nelle due sedi, a Parigi e a Milano, tante opere che ha venduto loro e che questi ultimi accettano volentieri di prestargli per la durata della mostra. Fra il 1994 e il 2024, circa mille dipinti sono passati dalle sue mani alla volta di musei e collezioni private. Tra questi, è stata operata una selezione per raccontare l’attività della galleria negli ultimi tre decenni.
Il suo primo acquisto, intuitivo e spontaneo, è l’importante e raro San Giovanni Battista di Tanzio da Varallo, comprato nel 2000. Un anno dopo, confida: “L’esposizione che ho appena visto alla Royal Academy of Arts di Londra, The Genius of Rome 1592-1623, mi ha fatto venire voglia di costruire una collezione degna di questo nome”. Seguiranno altri acquisti, a volte colpi di fulmine, altre volte più ponderati, come nel caso dei Musicisti di fiati di Bernardo Strozzi, anch’esso presente per i trent’anni della galleria. Alcuni viaggi suggellano la complicità fra il collezionista e il mercante: al Sacro Monte di Varallo sulle tracce di Tanzio, poi a Genova su quelle di Bernardo Strozzi, poi ancora a Napoli.
“Avevamo presentato a New York il San Giovanni Battista di Tanzio che, venduto immediatamente, non è mai stato esposto nella galleria a Parigi, così come d’altronde i Musicisti di fiati di Bernardo Strozzi, ed è per questo che siamo particolarmente felici di poterli mostrare oggi a un vasto pubblico”, afferma il gallerista. “L’iconografia di San Giovanni Battista, visto come asceta adolescente in predicazione nel deserto di Giudea, è particolarmente adatta a esprimere lo stile insieme teso ed esaltato dell’artista lombardo caravaggesco, presente a Roma fin dal 1600. Le mani e lo sguardo espressivo, il controluce degli splendidi riccioli biondi e la morfologia precisa ed energica esprimono un realismo immediato e vibrante. Il capolavoro del genovese Strozzi è particolarmente efficace nell’impiego del colore come mezzo espressivo, grazie alle ampie e sintetiche pennellate che rendono il gioioso concerto di fiati estremamente brillante nell’esecuzione”.
Nel 2022 la Galerie Canesso di Parigi ha esposto, per la prima volta in Francia, l’artista bergamasco Evaristo Baschenis, che presenta la particolarità di aver avuto una predilezione per gli strumenti musicali, da lui messi in scena in atmosfere sospese e silenziose. La mostra, che ha potuto contare sulla collaborazione dell’Accademia Carrara di Bergamo e del Museo Teatrale alla Scala di Milano, ha acceso un vivo interesse nel mondo della musica barocca, tanto per i liutai – che ancora oggi si basano su questi dipinti, tanto precisi nella trascrizione degli strumenti, per creare i propri – quanto per i musicisti stessi, gli storici della musica e i melomani.
“È in quest’occasione che, nel dipinto che esporremo alla galleria di Milano, si è potuto identificare nello spartito, ben in vista sulla spinetta, un madrigale del fiammingo Orlando di Lasso (Mons, 1532-Monaco di Baviera, 1594) che mette in musica un sonetto di Petrarca, dedicato all’amata Laura, che esalta le qualità morali della giovane donna e la sua divina bellezza. La scoperta è particolarmente rilevante perché, insieme al dipinto dei Musées royaux des Beaux-Arts di Bruxelles, è la sola opera di Baschenis a proporre uno spartito leggibile e interpretabile”, spiega ancora Canesso.
Il catalogo edito per l’esposizione parigina permette di rendere noto anche in Francia il corpus del pittore, pochissime opere del quale si trovano fuori dall’Italia; le collezioni francesi non ne annoverano alcuna.
“La ricostruzione di un corpus di una decina di dipinti della fine del XVII secolo, tutti accomunati dalla rappresentazione del jeans – tessuto universale che è oggi, probabilmente, il più usato al mondo – ci ha suggerito l’idea, nel 2010, di un progetto di mostra”, afferma sempre Canesso. “Esposto prima a Parigi, poi a New York, la riscoperta di questo pittore ha rimesso in discussione molte delle tesi storiche sul noto tessuto, in particolare per quanto riguarda la sua origine genovese. L’esposizione ha avuto molto successo e ha suscitato interesse e curiosità non solo nel mondo dell’arte e del collezionismo ma anche in quello della moda e del tessile. Susan Moore intitolava all’epoca il suo articolo, nella pagina Collecting del Financial Times, Compelling paintings of an enigmatic artist, raccontando al grande pubblico l’origine del tessuto jeans che molti scoprivano non essere stato inventato da Levi’s!”.
Questo dipinto ha una storia collezionistica che lo colloca in Lombardia fin dal Settecento, ben prima di entrare nella collezione privata milanese dov’è rimasta finché Maurizio Canesso non l’ha acquistata. Ne è scaturito un vero e proprio lavoro da detective per rintracciare le altre opere del gruppo, a parte le due già in collezioni istituzionali, vale a dire il Pasto frugale, entrato nel 1905 a far parte del Museo delle belle arti di Gand, e la Donna che cuce e due bambini, della Fondazione Cariplo di Milano. Nell’ambito della pittura di realtà e del tema pauperistico, il gruppo dei tre personaggi è presentato con grande dignità. Il dipinto, che mostra una donna con un grembiule di spessa tela jeans, usurata, sbiancata e sfilacciata in basso come i nostri jeans attuali, è quello che ha dato il nome al gruppo.
L’Omaggio a Plutone e il Funerale ebraico (Parigi, Museo d’Arte e di Storia del Giudaismo; deposito del Museo del Louvre) sono stati probabilmente eseguiti in pendant. Entrambi i capolavori dell’artista provengono dalla prestigiosa collezione genovese di Orazio Bagnasco (1927-1999), uomo di cultura raffinata, appassionato anche di storia della cucina italiana: possedeva una vasta biblioteca in materia. Alla fine degli anni Novanta, Maurizio Canesso ha avuto la possibilità di acquistare la sua collezione di dipinti. Dalla stessa collezione proviene la meravigliosa composizione Musicisti di fiati di Bernardo Strozzi, anch’essa presente alla mostra.
Pittore anticonformista, Alessandro Magnasco non aveva mai goduto di un’esposizione monografica in Francia prima che la galleria Canesso ne organizzasse una nel 2016 nella propria sede, in collaborazione con i Musei di Strada Nuova – Palazzo Bianco di Genova. Vi figurava in posizione di rilievo l’Omaggio a Plutone. Nel cupo scenario di un cimitero, fra alberi spogli e tombe pagane a forma di piramide, troneggia una statua di Plutone, il re degli inferi. Intorno all’altare, satiri di tutte le età suonano il tamburello e il flauto di Pan. Un giovane fauno in primo piano soffia in una conchiglia, mentre una satiressa e una giovane donna, disposte simmetricamente davanti all’altare, suonano lunghi flauti traversi. La composizione, perfettamente equilibrata grazie alla simmetria degli elementi, è animata da un forte dinamismo di forme tracciate con rapide pennellate, vera cifra stilistica dell’artista nel periodo della piena maturità. Più che al genere mitologico, con la sua atmosfera tenebrosa e quasi satanica, il soggetto si avvicina alle rappresentazioni legate al tema della stregoneria, create dal pittore genovese alla fine della propria vita.
Molti dipinti napoletani dell’esposizione vengono dall’importante collezione di Carla e Francesco Valerio, con i quali la Galerie Canesso ha iniziato a collaborare a partire dagli anni Novanta. Francesco Valerio, che ha lasciato Napoli per seguire una carriera internazionale, è rimasto sempre profondamente appassionato dell’arte della sua città natale. La collezione, situata a Ginevra, è stata presentata al pubblico con numerose mostre e pubblicazioni.
La Partita a carte del pittore rococò Gaspare Traversi (1722 ca.-1777) raffigura due giovinetti della società partenopea dell’epoca mentre giocano una partita di scopa, immersi in un’atmosfera chiaroscurale, memore della pittura naturalistica dei primi del XVII secolo. Entrambi i soggetti sono inquadrati a mezzo busto: il fanciullo di strada in primo piano, in piena luce, abbassa le carte a mostrare, trionfante – come si intuisce dal sorriso – l’asso di denari, la carta vincente!
La riscoperta in Francia del capolavoro di Giuseppe Bonito (1707-1789), pittore di corte del Re di Napoli e direttore dell’Accademia del Disegno, che raffigura L’atelier del pittore, è una testimonianza vibrante dello status sociale dell’artista a Napoli alla metà del XVIII secolo. Il grande formato con le numerose figure riprodotte quasi a grandezza naturale, ci immerge in un universo allo stesso tempo creativo e mondano, frequentato da giovani apprendisti di bottega, ciascuno impegnato a disegnare, e da quelli che sembrano essere i mecenati dell’artista. L’identità dei gentiluomini che osservano il pittore al lavoro, e che possiamo immaginare nell’atto di commentare l’opera che sta dipingendo, non viene rivelata dal biografo dell’artista, De Dominici (1742-1745), il quale tuttavia descrive il dipinto; l’enigma, ci auguriamo, verrà un giorno risolto.
Qualche anno prima di trovare il grande Atelier, avevamo scoperto e venduto al Mu-seo di Capodimonte di Napoli il suo pendant rappresentante Cacciatori e villanelle. (aise)