A Venezia “L’oro dipinto. El Greco e la pittura tra Creta e Venezia”

VENEZIA\ aise\ - Un filo dorato lega le vicende storiche, artistiche, gli equilibri diplomatici e la devozione nel Mediterraneo lungo la rotta tra Venezia e Creta, la Candia dal XIII secolo, perla dello Stato da Mar della Serenissima.
L’oro dipinto, che fa risplendere di luce spirituale le icone, è il protagonista della mostra che si inaugura oggi, 29 aprile, a Palazzo Ducale curata dalla direttrice scientifica di Fondazione Musei Civici, Chiara Squarcina, dal responsabile del Museo Correr, Andrea Bellieni, e dal direttore generale Museo Bizantino e Cristiano di Atene, Katerina Dellaporta; esso fa da sfondo ad una lunga storia di intense relazioni pittoriche tra due isole.
L’oro dipinto. El Greco e la pittura tra Creta e Venezia” è il titolo della mostra, che sarà aperta al pubblico da domani e sino 29 settembre nelle sale dell’Appartamento del Doge. Un nuovo approfondimento scientifico sulle “vie veneziane” della civiltà: una scuola pittorica, quella veneto-cretese, a metà per più di quattro secoli tra Oriente bizantino e Occidente latino.
Dopo la Caduta di Costantinopoli (1453) Candia diventa il più importante polo artistico per l’antica tradizione bizantina, alla quale si richiamano fedelmente oltre cento botteghe di “madoneri”, soprattutto autori di immagini devozionali popolari. Parallelamente Venezia – come una nuova Bisanzio - vede l’arrivo di un numero sempre maggiore di opere e di artisti dall’isola dell’Egeo: “pittori iconografi” in viaggio o immigrati tra Creta, le isole dello Ionio e la capitale. Il risultato fu l’incontro e l’originale sintesi tra la nativa impronta aulica bizantina - già una delle anime essenziali della stessa tradizione veneziana - e il linguaggio figurativo occidentale, prima tardogotico, poi rinascimentale, umano-centrico, naturalistico e vivace.
Una relazione fortunata si intreccia senza mai esaurirsi, dall’aureo rinascimento veneto fra Quattro e Cinquecento, fino alle soglie dell’Ottocento, con momenti di sempre originale simbiosi. L’esposizione vuole rappresentare una occasione, preziosa e finora rara in Italia, di rilettura e approfondimento su un fenomeno culturale che fu rilevantissimo e ancora poco indagato.
Le sette sezioni della mostra scandiscono e illustrano cronologicamente tale singolare percorso pittorico: dalle origini nel secolo XV, coi primi maestri che progressivamente guardano all’occidente gotico - tra questi Angelos, Akotantos e Andreas Ritzos - per passare col maturo Quattrocento a significative vicinanze coi modelli del grande rinascimento veneziano - in primis quelli dei Bellini e dei Vivarini - in pittori come Ioannis Permeniatis.
L’evoluzione prosegue nel Cinquecento con felici ibridazioni fra tradizione bizantina e libere ispirazioni occidentali, mediate soprattutto dalle immagini a stampa, con prolifici e rinomati maestri come Georgios Klontzas e Michael Damaskinos; quest’ultimo importante per il lungo periodo di attività trascorso a Venezia tra gli anni ’70 e ’80 del Cinquecento.
Al centro dell’avvincente racconto di storia e di pittura si colloca il più celebre e stravagante rappresentante della ”scuola”: Dominikos Theotokopoulos, El Greco (1541-1614). Nella natia Creta muove i primi passi nell’educazione alla tradizione postbizantina per giungere a Venezia, il viaggio imprescindibile per gli autori dell’epoca, intorno al 1567. L’incontro qui è con e con l’arte sorprendente del maturo Tiziano, di Bassano, di Tintoretto. Una tappa cruciale, prima del passaggio per Roma e poi in Spagna, dove si impone come il geniale El Greco. A testimonianza di questi emblematici passaggi, la mostra ospita la Fuga in Egitto (1570 circa), eccezionale prestito dal Museo del Prado di Madrid, a confronto ad opere della maturità fino al periodo spagnolo con il San Pietro (1600-1607) dalla National Gallery - Alexandros Soutsos Museum di Atene.
Inevitabile l’affondo sul periodo delle Guerre di Morea: la città di Candia - attuale Heraklion - assediata dagli ottomani e strenuamente difesa dai veneziani cade nel 1669 con la resa trattata dal capitano generale Francesco Morosini. L’attività dei pittori iconografi e delle loro botteghe si dovette forzatamente trasferire nelle altre isole venete, come Corfù e Zante; è qui che riprendono a lavorare e inviare opere Theodoros Poulakis, Elias Moskos, Lambardos, Prete Victor e altri. Alcuni scelsero di trasferirsi nella stessa Venezia, come Emmanuel Tzanes.
Fedele alla vocazione inclusiva della Serenissima, una vivace comunità greca aveva potuto formarsi e prosperare, fino ad oggi, perfettamente integrata all’interno del tessuto economico e civile della città, portatrice feconda della propria spiccata identità culturale e religiosa, con polo essenziale nella sua Scuola e adiacente Chiesa di San Giorgio dei Greci. Una radice ellenica che, in tal modo e in virtù di quegli antichi legami, è veramente una componente effettiva e riconoscibile dell’animus più vero di Venezia. Questo lo squarcio aperto significativamente dalla settima e ultima sezione della mostra.
Completa l’esposizione un focus dedicato all’icona, indagata nei suoi aspetti materiali e tecnico-esecutivi: un essenziale contributo conoscitivo per il visitatore realizzato in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - CHNet Cultural Heritage Network.
“L’oro dipinto. El Greco e la pittura tra Creta e Venezia” rappresenta l’impegno di cooperazione internazionale tra Fondazione MUVE, Repubblica di Grecia e altri importanti Musei e collezioni, anche private, di Grecia, Italia ed Europa. Essenziale è stato l’apporto del Ministero della Cultura della Repubblica di Grecia, assieme ad istituti come il Museo Bizantino e Cristiano di Atene, maggiore prestatore di opere, la National Gallery di Atene e l’Istituto Ellenico di studi Bizantini e Postbizantini di Venezia. Uno speciale contributo è giunto dalla Città di Heraklion e dall’Arcidiocesi di Creta. (aise)