Al Museo diocesano di Padova “Il Canova mai visto”

Antonio Canova, Vaso cinerario della contessa Ludovica Callenberg

PADOVA\ aise\ - Nonostante una serie infinita di mostre canoviane, in Italia e nel mondo, esistono ancora opere, documenti, collezioni di Antonio Canova che nessuno, tranne un pugno di studiosi, ha potuto ammirare. Tra queste c’è il Vaso cinerario della contessa Lodovica (Luisa o Louisa) von Callenberg, ora patrimonio della Chiesa di Padova, originariamente collocato nel giardino esterno della chiesa degli Eremitani a Padova.
L’opera in marmo, realizzata da Antonio Canova tra il 1803-1807, data per distrutta dai bombardamenti del marzo 1944, che ferirono la città e danneggiarono profondamente il complesso degli Eremitani, è stata ritrovata negli ambienti della parrocchia grazie a una ricerca sull’inventario dei beni culturali ecclesiastici.
L’opera ebbe una lunga e travagliata gestazione e solo alla fine dell’estate del 1807 giunse a Padova e venne collocata nello spazio verde dietro l’abside della chiesa degli Eremitani, dove venne piantato appositamente un cipresso che ancora oggi esiste.
Il Vaso cinerario era parte di un monumento funerario progettato e realizzato dagli architetti Domenico Fadiga e Giannantonio Selva, composto da un cippo a sostegno dell’opera canoviana su cui campeggiava una scritta di Johann Wolfgang von Goethe, una stele con l’epigrafe redatta dall’abate Stefano Antonio Morcelli e sette candelabre con altrettante iscrizioni di personaggi illustri.
Sempre la chiesa degli Eremitani aveva ospitato fino al 1896 un altro marmo scolpito da Canova: la Stele funeraria del principe Guglielmo d’Orange Nassau (1806-1808), di cui si conserva tuttora una copia in bronzo, essendo la tomba trasferita dalla casata Orange Nassau nella chiesa nuova di Delft nei Paesi Bassi.
Due opere che sottolineano ulteriormente il legame dello scultore di Possagno con la città di Padova, che già è arricchita di importanti e note opere canoviane, pensate in origine per collezioni private e spazi pubblici (Prato della Valle, Ospedale Giustinianeo) e ora conservate ai Musei civici agli Eremitani.
Il Vaso cinerario della contessa Lodovica von Callenberg, per la prima volta esposto al pubblico, sarà il cuore della mostra “Il Canova mai visto. Opere dal Seminario vescovile e dalla chiesa degli Eremitani”, curata da Andrea Nante, Elena Catra e Vittorio Pajusco, ospitata al Museo diocesano di Padova dal 30 novembre 2024 al 9 marzo 2025.
La mostra farà luce su vicende che legano Padova e Canova a importanti esponenti dell’aristocrazia europea, tra cui la casa reale olandese D’Orange Nassau, ad artisti e intellettuali come la pittrice svizzera Angelica Kaufmann, autrice di un ritratto di Canova conservato in una collezione privata a Padova; ma sarà anche l’occasione per scoprire la figura di questa nobildonna tedesca – Lodovica von Callenberg – e le relazioni che intercorrevano con intellettuali e artisti europei quali Johann Wolfang von Goethe, e con l’aristocrazia italiana ed europea, tra cui il senatore e principe Abbondio Rezzonico, nella cui villa di Bassano del Grappa la contessa morì improvvisamente il 29 agosto 1803.
Oltre al Vaso cinerario di Lodovica von Callenberg e ad altri elementi in pietra progettati e realizzati da Domenico Fadiga e Giannantonio Selva a completamento del monumento funebre, saranno esposti alcuni gessi canoviani provenienti dalla Gipsoteca di Possagno, a documentare le felici invenzioni dei geni alati e del ritratto funebre nell’attività creativa del grande maestro. Saranno inoltre presenti i ritratti dei protagonisti coinvolti nella realizzazione dell’opera (Antonio Canova, Abbondio Rezzonico), vedute inedite della città di Padova che mostrano dove fosse collocato il monumento funebre e numerosi volumi dell’epoca che ne hanno tramandato l’immagine e la fortuna.
Una sezione della mostra sarà dedicata a una serie di documenti, lettere e scritti del fratello mons. Giovanni Battista Sartori Canova – in gioventù alunno del Seminario vescovile di Padova –, che attestano il legame del presule, erede del fratello scultore, con il suo amato Seminario.
Tra i lasciti che il presule predispone, uno racconta della passione numismatica di Sartori Canova: la collezione di ben 3.600 monete dell’antica Roma, frutto di “tanti anni di cure, direi quasi appassionate”.
“Con tale legato m’intendeva, Monsignore”, scrive Giovanni Battista Sartori Canova all’allora vescovo di Padova Modesto Farina, “non solo di dare un segno di grata ricordazione al luogo nel quale ebbi la educazione letteraria ed ecclesiastica e venni assunto al sacerdozio, ma ben anche di supplire ad un bisogno di questo istituto troppo invero scarsamente provveduto per la istruzione dei giovani sulla scienza numismatica”.
L’inventario cita per la precisione “3.593 pezzi in argento e primo e secondo bronzo […] ed alcuni cotroni Consolari di n. 163 famiglie […] e quelle dell’alto impero latino di 98 teste”.
Tutti oggetti che saranno esposti per la prima volta al pubblico e, grazie alla mostra, saranno materia di un progetto di ricerca dell’Università agli Studi di Padova.
Sempre dalla Biblioteca Antica del Seminario vescovile di Padova verranno esposti al Museo diocesano un nucleo ragguardevole di incisioni del lascito del marchese Federico Manfredini e numerosi testi tra cui l’ultimo volume della Storia della scultura. Dal suo risorgimento all’epoca di Canova redatto da Leopoldo Cicognara, che vedeva in Antonio Canova la massima espressione della scultura.
“La mostra”, commenta uno dei curatori e direttore del Museo diocesano, Andrea Nante, “è un’occasione interessante per scoprire alcune testimonianze inedite su Antonio Canova – “novello Fidia” come lo definivano i suoi contemporanei – ma anche per cogliere lo stretto legame con la città e con alcune tra le più illustri personalità del tempo, intellettuali, artisti, nobili, ecclesiastici. Sarà interessante anche delineare meglio la figura di Lodovica von Callenberg, di cui alcuni ricercatori stanno studiando il profilo, che si sa essere stata una stimata musicista oltre che nobildonna tra le cui amicizie annoverava quella con Goethe e Angelika Kauffmann, e con alcune famiglie reali europee. Questa iniziativa si colloca nel contesto del progetto culturale del Museo diocesano improntato da oltre vent’anni a un’attività di conoscenza, recupero e valorizzazione del patrimonio culturale del territorio, condotta in stretta sinergia con gli enti e gli istituti di ricerca e tutela”. (aise)