Caput Mundi: apre al pubblico la Schola degli Araldi del Circo Massimo

ROMA\ aise\ - Il Parco archeologico del Colosseo porta a compimento il primo del 10 progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza “Caput Mundi” nell’ambito della Missione 1 Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo. Ha aperto infatti al pubblico lo scorso fine settimana la Schola degli Araldi del Circo Massimo alle pendici meridionali del Palatino.
Dopo 8 mesi di lavori e 500.000 euro di finanziamento che hanno previsto un intervento articolato che ha visto come responsabile unica Federica Rinaldi, accompagnata dalla direttrice dei lavori Aura Picchione.
Il progetto ha coinvolto tutti gli aspetti della ricerca interdisciplinare, dalle indagini preliminari tramite prospezioni, ai rilievi fotogrammetrici 3D (ante e post operam), fino agli scavi archeologici, ai restauri conservativi delle superfici, alla valorizzazione illuminotecnica con la sponsorizzazione di iGuzzini e la predisposizione di una nuova rampa e vetrata per la migliore visione del mosaico e delle pitture del vano F che hanno dato il nome al contesto.
La scoperta della sede degli araldi risale alla fine del XIX secolo quando fu rinvenuto l’ambiente “ipogeo” con pitture raffiguranti figure umane alte al vero (m 1.60-1.80) intente ad un’attività di banchetto. Gli scavi parziali ripresero negli anni Trenta del XX secolo e permisero di dettagliare meglio la planimetria dell’edificio con tre ambienti principali, coperti a volta, affacciati su una corte porticata di cui fu individuato un pilastro angolare; uno dei tre ambienti, quello decorato con pitture, conservava uno straordinario mosaico bianco e nero, un unicum nel panorama della produzione musiva romana, con la raffigurazione del collegio degli araldi (i cosiddetti praecones) intenti in una processione e muniti del caduceo, il vessillo tipico del dio Mercurio, araldo per eccellenza.
Più recentemente, negli anni Settanta la British School of Rome e la Soprintendenza Archeologica di Roma intervennero nell’area della corte, non trovando strutture in posto, ma ingenti scarichi di ceramica da attribuire al momento finale dell’utilizzo della Schola.
Grazie ai fondi PNRR è stato possibile riprendere molte delle ricerche interrotte e avviare un progetto scientifico di studio e recupero conservativo di questo edificio che, datato tra l’età Severiana e il V-VI secolo d.C., svolge un ruolo di cerniera storica e topografica fondamentale tra il Palatino, e precisamente il Paedagogium a nord, la scuola dei giovani destinati a ricoprire i servizi più importanti dell’Amministrazione imperiale, e il Circo Massimo a sud, con cui era collegato.
Le indagini archeologiche, avviate in via preliminare per la realizzazione della nuova rampa che consente di accedere alla sala mosaicata, hanno ampliato le informazioni a disposizione consentendo di rinvenire una sequenza di fasi di vita, attribuibili ad almeno 7 periodi, dal I sec. d.C. al XIX secolo.
I resti archeologici rinvenuti, che risalgono al periodo compreso tra l’edificazione della Schola da collocare a metà del III sec. d.C. e le prime trasformazioni tra l’età massenziana e il V sec. d.C. cui seguì una fase di crolli dovuti probabilmente ai numerosi terremoti documentati nel periodo, comprendono il pilastro angolare della corte porticata già noto, un fusto di colonna in marmo cipollino appartenente alla stessa corte e un esteso ambiente absidato.
In attesa delle future ricerche che dovranno meglio precisare l’assetto complessivo del sito e la sua articolazione planimetrica, sarà possibile ammirare i resti lungo il percorso della rampa che garantisce piena accessibilità al sito, terminando nella sala affrescata e mosaicata, davanti ad una vetrata che consente una ottimale visione degli apparati decorativi.
A migliorare ancora di più la percezione del prospetto della Schola rivolto verso il Circo Massimo e dello straordinario ciclo di affreschi e del mosaico è intervenuta nell’ambito della progettazione illuminotecnica del PArCo la sponsorizzazione di iGuzzini – gruppo internazionale dal 1959 leader nel settore dell’illuminazione architetturale – che ha realizzato sia l’apparato luminoso della sala ipogea, sia l’illuminazione architetturale del contesto, restituendo alla Schola il suo ruolo nell’ambito del sistema delle pendici meridionali del Palatino. Torna così alla vista l’impianto dell’edificio ben visibile anche dalla prospiciente via dei Cerchi e tornano a vista, grazie al restauro conservativo, i lacerti di intonaci dipinti della imponente sala centrale con soffitti cassettonati e colori sfumati dal rosso all’oro.
Ad accogliere il pubblico è anche installata una mappa tattile con la planimetria della Schola, i nuovi resti archeologici e brevi testi in italiano, inglese e braille.
“Sono 10 progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza Caput Mundi nell’ambito della Missione 1 Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo che il Parco archeologico del Colosseo sta portando avanti e due di questi sono stati conclusi nel 2024. La riapertura della Schola degli araldi costituisce il primo traguardo, terminato nei tempi previsti”, ha commentato con orgoglio Alfonsina Russo, direttrice del Parco archeologico del Colosseo. “Il cantiere, che ha unito archeologia, restauro, valorizzazione illuminotecnica e accessibilità, rappresenta un modello di ricerca e progettazione interdisciplinare, in cui le indagini archeologiche hanno fornito nuovi dati per la comprensione del sito, mentre il restauro ha disvelato colori perduti e l’accessibilità per tutti consente di vedere e toccare il mosaico che ha dato il nome all’edificio”, ha aggiunto Russo. “La riapertura della Schola al pubblico, con percorsi didattici accompaganti la domenica e il lunedì, avvia un percorso di riqualificazione del fronte del Palatino rivolto verso il Circo Massimo, che vedrà ulteriori riaperture e nuovi ingressi entro il 2026”.
LA SCHOLA PRAECONUM
La Schola Praeconum si trova sulla terrazza più bassa del versante meridionale del Palatino, di fronte al Circo Massimo. L’impianto dell’edificio si data agli inizi del III secolo, quando la dinastia dei Severi opera una generale ristrutturazione del versante meridionale del Colle. La sua edificazione segue un orientamento che rispetta quello dell’asse del Circo Massimo ma per la sua costruzione furono senz’altro defunzionalizzate altri edifici che esistevano sul posto e risalenti almeno al I sec. d.C.: i resti di uno di questi si conservano ancora all’interno del colle, e vi si riconoscono ambienti con avanzi di pitture con motivi geometrici e vegetali, di prima età imperiale.
La planimetria della Schola è caratterizzata dalla presenza di un cortile rettangolare circondato da un portico (un pilastro angolare e una colonna in marmo cipollino sono ancora visibili in situ), sul quale si affaccia un sistema tripartito di ambienti voltati, la cui sequenza scalare serve a regolarizzare il disallineamento con le murature retrostanti.
La continuità d'uso fino almeno al V secolo d.C. è stata ricostruita leggendo la stratigrafia muraria e la decorazione degli apparati pittorici e musivi, oltre che a seguito del rinvenimento di una struttura absidata, ancora di incerta funzione.
La decorazione pittorica della sala ipogea presenta un’ampia zoccolatura in marmo cipollino, in parte perduta, e un fregio dipinto che raffigura il prospetto di un edificio adorno con colonne fra le quali compaiono alcune figure maschili alte al vero, vestite di corta tunica cinta alla vita, intente a reggere in mano degli oggetti (bastone, serto di fiori) e a impartire ordini forse in un contesto tricliniare.
A terra è il pavimento a mosaico che ha dato il nome all'edificio: un mosaico a tessere bianche e nere unico nel suo genere, in cui compaiono, in atteggiamento di solenne processione, otto figure maschili vestite con tuniche corte e calzari, in due gruppi di quattro, intente a reggere un caduceo, un vessillo e un bastone; a terra sono posate delle cassette ben chiuse. I simboli retti da queste figure li identificano con i praecones o banditori pubblici, uomini liberi non schiavi utilizzati in contesti religiosi o genericamente pubblici per annunciare cerimonie e processioni o per proclamare i vincitori specialmente nel Circo. Erano costituiti in collegi e riconosciuti ufficialmente nel loro ruolo a vantaggio e servizio dello Stato. La presenza dei simboli dell’araldo per eccellenza, il dio Mercurio, apre alla possibilità che sia raffigurata una processione religiosa in senso lato e che sulle pareti fosse raffigurato un banchetto mistico, anche se la contiguità topografica con il Circo Massimo e il diretto collegamento a nord con il Paedagogium, il collegio preposto all’istruzione degli schiavi imperiali, convincono della possibilità che si tratti della sede degli araldi degli spettacoli nel Circo, protetti dallo stesso Stato e per questo motivo destinatari di una sede stabilita nella regione più intimamente connessa con le loro mansioni, il Palatino e il Circo Massimo.
Per ragioni archeologiche e iconografiche il pavimento risale all'inizio del IV secolo d.C., quando l'imperatore Massenzio intraprese un'ulteriore ristrutturazione del lato meridionale della collina. Senza dubbio però l’avanzamento degli scavi, la funzione dell’abside, i rapporti stratigrafici tra le murature, di fasi e periodi diversi, ed infine lo studio dei materiali porteranno nuovi dati e conoscenze a questo contesto ancora sostanzialmente del tutto inedito.
Non da ultimo sarà importante datare i crolli, ugualmente lasciati a vista (da ricondurre con ogni probabilità ai frequenti terremoti del V-VI sec. d.C.) e stabilire la successiva nuova destinazione d’uso del complesso, ad oggi riconoscibile nella presenza di nicchie e pareti affrescate con soggetti religiosi negli ambienti centrali. (aise)