Il MarteS Museo d'Arte Sorlini e l’eccezionale ritrovamento de La Vecchia popolana di Pietro Bellotti

BRESCIA\ aise\ - Il MarteS Museo d'Arte Sorlini di Calvagese della Riviera, Brescia, ha annunciato l’acquisizione del dipinto La Vecchia popolana di Pietro Bellotti (Roè Volciano, 1625 – Gargnano, 1700), un olio su tela datato 1680-1690 circa, rappresentativo della “pittura di realtà”, a lungo considerato scomparso.
Prima di essere inserita nel percorso espositivo, l’opera sarà esposta, per la prima volta, al fianco di una sua riproduzione fotografica ottocentesca, un documento fondamentale che ha permesso di identificare e rintracciare il quadro che fino a poco tempo fa era disperso nei meandri del collezionismo privato.
La Collezione Sorlini, composta principalmente da opere di origini veneziane e venete, databili tra il XIV e il XIX secolo, per un totale ora di 185 opere, si amplia grazie alla volontà di Stefano Sorlini, Presidente della Fondazione e figlio di Luciano Sorlini (1925-2015), imprenditore bresciano che ha avviato la raccolta e di cui quest'anno ricorre il centenario dalla nascita.
La scelta della Vecchia popolana non si limita ad arricchire la collezione, ma punta a farne emergere il valore culturale riprendendo un’intuizione dello stesso Luciano Sorlini che acquisì ben tre capolavori di Giacomo Ceruti, detto il Pitocchetto, ora posti in dialogo con l’opera di Bellotti così da mettere in luce le radici della pittura di genere e la sua evoluzione tra Seicento e Settecento.
L’opera di Bellotti, attribuita da alcuni studiosi ad autori internazionali come Diego Velàzquez e Georges de La Tour e “restituita” al pittore solo in epoca recente, è stato a lungo considerata introvabile. La tela venne resa nota grazie a un articolo del 1940 pubblicato sul “Burlington Magazine” corredato da uno scatto ante 1886 che ne attestava la presenza nella collezione dei Marchesi di Casa Torres a Madrid. Negli anni successivi il dipinto poi sembra scomparire nel nulla.
Quello che era diventato per gli addetti ai lavori il “giallo di Casa Torres” è stato finalmente risolto da Stefano Sorlini e dai ricercatori del MarteS, che a più riprese hanno scandagliato il mercato internazionale alla ricerca dell’opera fino a rintracciarla nei circuiti del collezionismo privato, partendo proprio dalla fotografia che nel 1940 avviò gli studi sul quadro.
L'acquisizione del dipinto di Bellotti, a quattrocento anni dalla nascita dell'artista valsabbino, non solo aggiunge un tassello fondamentale alla collezione, ma segna anche un momento significativo nella storia del museo e della sua evoluzione.
“L’arte non è uno specchio per riflettere il mondo, ma un martello per forgiarlo”. Cita Vladimir Majakovskij il presidente della Fondazione Luciano Sorlini, Stefano Sorlini, che così legge “la missione moderna dei musei: non cattedrali chiuse ma luoghi ove vivere e possibilmente migliorare il mondo attraverso la bellezza. In questi anni”, spiega Sorlini, “la qualità delle attività svolte ci ha portato a essere apprezzati da altri musei, nazionali e internazionali, con i quali abbiamo organizzato scambi e prestiti di opere eccezionali e svolto importanti studi congiunti. Le opere d’arte esposte nelle nostre sale, da pezzi da collezione sono ora meravigliosi strumenti culturali atti a trasmettere conoscenza e sensibilità verso la bellezza. Questo è il cammino che vogliamo intraprendere: da collezione privata del Fondatore, creata esclusivamente sul suo gusto, sul suo piacere, a identità museale di spicco. A sottolineare questa nuova fase il traguardo significativo raggiunto nel 2024. Il MarteS ha ottenuto il riconoscimento sancito dalla Regione Lombardia ed è entrato così a far parte della rete dei musei regionali. Questa importante acquisizione ci da l’opportunità di approfondire gli studi su Bellotti e i suoi importanti influssi sul Ceruti e questo genere pittorico”.
La Vecchia popolana rappresenta, come suggerito dal titolo, una donna anziana che guarda l'osservatore con un lieve sorriso sulle labbra, forse divertita dal giovane ragazzo presente al suo fianco. Sul capo un velo bianco di tessuto spesso, indosso un abito scuro, acceso dal leggero tocco di colore nel rosso del fazzoletto. Nella mano sinistra regge un bastone, mentre poco sopra un rosario di pietre scure spunta dalla cintola al suo fianco. Dall'altro lato, il ragazzo, in un abito castano che sfuma nello sfondo omogeneo della scena, scherza aggrappandosi al braccio della donna.
Qui Pietro Bellotti, come tipico dei pittori di realtà, insiste in modo marcato sul dato naturalistico del soggetto, evidenziando in maniera cruda e netta, con stile quasi iperrealistico, alcuni dettagli corporei: dalle mani consumate e il viso segnato dal tempo dell'anziana, alla sporcizia e trascuratezza che traspaiono dalla figura del ragazzo. Uno sguardo schietto ma compassionevole, rispettoso e privo di giudizio, volto a restituire piena dignità ai soggetti rappresentati.
Per l’occasione è stata realizzata una pubblicazione edita da Silvana Editoriale con testi di Stefano Sorlini, Stefano Lusardi, Francesco Ceretti e Alessia Mazzacani.
Pietro Bellotti nasce a Volciano (oggi Roè Volciano) sulla sponda bresciana del lago di Garda, nel 1625, da Maria e Giovanni Battista Bellotti. Secondo le fonti, all’età di 12 anni viene mandato a Brescia da una sorella sposata «che per sollevarsi dalle spese con qualche poco denaro l’incammina a Venezia», dove verrà accolto nell’entourage di Gerolamo Forabosco (1605-1679).
Come ci informano le carte d’archivio, nella città di San Marco il pittore mette su casa e bottega sposando Antonia Bolani (1649). In Laguna Bellotti instaura una fitta rete di contatti con alcune delle personalità più insigni della scena veneziana, come il patrono dell’Accademia Delfica Giacomo Correr, l’ambasciatore spagnolo Antonio Sebastián de Toledo Molina y Salazar, l’art advisor mediceo Paolo Del Sera e il rappresentante austriaco Humprecht Jan ?ernín.
La lunga permanenza a Venezia è intervallata da una trasferta alla corte di Monaco di Baviera (1668-1669) e da un soggiorno di due anni a Milano in qualità di maestro di pittura del duca di Ucedo (1673-1675 circa).
Sul finire degli anni settanta, Bellotti rientra sul Garda, venendo contestualmente nominato soprintendente delle Gallerie di Città e di Villa dei Gonzaga (1681-1691). È in queste vesti che sul finire del 1689 intraprende un viaggio a Roma per omaggiare il cardinale Pietro Vito Ottoboni, già vescovo di Brescia, appena eletto pontefice col nome di Alessandro VIII.
Concluso l’incarico per i Gonzaga, dagli anni novanta Bellotti è attestato con buona continuità a Gargnano, dove muore il 27 marzo 1700.
La Collezione Sorlini è composta da 185 dipinti, principalmente veneziani e veneti, databili tra il XIV e il XIX secolo, raccolti nel tempo dall’imprenditore bresciano Luciano Sorlini (1925-2015), di cui quest'anno ricorre il centenario della nascita. A lui è intitolata l'omonima Fondazione Luciano Sorlini, istituita nel 2000, che negli anni si è occupata di riorganizzare e riunire l'intera raccolta a Calvagese della Riviera (BS), dove oggi è conservata al Martes - Museo d'arte Sorlini. (aise)