La “Melodia” di Julio Le Parc alla Galleria Continua di Roma

Julio Le Parc, Melodia, 2024 - On view at Rome

ROMA\ aise\ - Sino al 10 marzo alla Galleria Continua di Roma, nella sede del St. Regis, è allestita la mostra personale del grande artista argentino Julio Le Parc. Il titolo dell’esposizione è “Melodia” e ci si interroga subito, già dal titolo, sul legame tra musica e pittura nelle opere di Le Parc. Una prima risposta si può trovare nella mancanza di elementi figurativi. Julio Le Parc utilizza infatti nelle sue opere delle figure che paiono più che altro meccanismi, ingranaggi, condutture di qualcosa che non ha forma: la luce, che ha la stessa evanescenza e la stessa assenza di forma della musica ma ne ha anche la stessa capacità di parlare alle emozioni più profonde di chi ne fruisce.
Julio le Parc nasce a Mendoza nel 1928 e, dopo essersi formato in Argentina, si trasferisce a Parigi nel 1958 vincendo una borsa di studio. Sono anni di intensa ricerca e formazione e già dagli inizi della sua carriera artistica, Le Parc si contraddistingue per la sua profondità, la sua poesia e la sua attenzione al movimento nelle opere, ispirandosi probabilmente a Mondrian, uno tra i pochissimi artisti visivi che è riuscito a tradurre in pittura il ritmo musicale. Pochi anni dopo Le Parc fonderà il Groupe de Recherche d’Art Visuel GRAV ed entrerà a far parte del gruppo Nuova Tendenza.
Le Parc attualmente vive e lavora a Cachan, sempre in Francia, ed è considerato uno dei maggiori esponenti dell’arte cinetica e optical, ma come tutti i grandi artisti fugge da ogni schematizzazione e catalogazione. La ricerca di Le Parc è caratterizzata da una curiosità incessante che aumenta invece di arrestarsi con l’età, ma la sua “melodia” costante è quella della ricerca di elementi diversi dalle due dimensioni imposte dallo spazio pittorico. La luce, il movimento e l’effetto che la pittura ha sullo spettatore sono elementi che si ritrovano sempre nelle sue opere, a prescindere che l’artista utilizzi il mezzo scultoreo o quello pittorico.
Artista dalla forte personalità e strenuo difensore dei diritti umani, è stato intransigente perfino nella sua carriera artistica, decidendo con il lancio di una monetina di non partecipare a una importantissima mostra nel 1972 al Museo d’Arte Moderna della città di Parigi, una retrospettiva che gli avrebbe garantito un sicuro successo. Ha giocato a testa e croce il suo destino percorrendo strade non certo scontate, ma è arrivato comunque a un riconoscimento internazionale che ne ha sancito l’importanza e la serietà della ricerca artistica. Le sue opere fanno parte infatti delle più importanti collezioni pubbliche internazionali, tra cui il MET e il MOMA di New York, la Tate di Londra, il MNAM e il Centre Pompidou di Parigi, il LACMA di Los Angeles, il Louisiana Museum of Modern Art di Humlebaek, il Louisiana Museum, il Musée d’art contemporain de Montreal, il MNBA di Buenos Aires, il Walker Art Center di Minneapolis, il Museum of Fine Arts di Houston, il Musée d’art Moderne de la ville de Paris, il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid, il Guggenheim di Abu Dhabi, il Museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, l’AlbrightKnox Art Gallery di Buffalo, la Cisneros Fontanals Art Foundation di Miami, il New Orleans Museum of Art, il Delgado Museum di New Orleans. Julio Le Parc ha partecipato a numerose mostre personali in importanti musei e istituzioni come il Palais de Tokyo di Parigi, il Metropolitan Museum of Art di New York, il Perez Art Museum di Miami e la Serpentine Gallery di Londra, solo per citarne alcuni. 
Nnonostante il fatto che si tratti di un grande artista ormai ampiamente riconosciuto, l’approccio di Le Parc verso l’arte rimane democratico e le persone sono al centro del suo interesse: lo spettatore non è meno importante dell’opera, per Le Parc.
Nelle sue tele sorprende l’utilizzo tecnico dell’aerografo per creare grandi superfici dove l’occhio è invitato a percorrere una sorta di labirinti visivi in cui si rimane spiazzati sia per l’utilizzo inusuale degli accostamenti cromatici sia per le forme utilizzate. Sfere, tubi coloratissimi, movimenti sinuosi ed elementi geometrici convivono e sembrano muoversi illusoriamente sulla tela. L’artista utilizza l’aerografo e non il pennello per evitare di lasciare ogni traccia materica della pittura e per lasciare libero lo sguardo da ogni sorta di interruzione visiva. La profondità non è data dall’elemento scultoreo e materico della pittura, ma dalle forme utilizzate e dalla profondità luminosa. La sensazione davvero insolita è che pare di osservare, trasposte sulle tele, delle realtà virtuali. Si prova la stessa sensazione di smarrimento visivo; ma allo stesso tempo si mantiene l’ancoraggio al reale perché si osservano le opere non attraverso un visore ma attraverso i propri occhi. È sorprendente che si tratti di lavori realizzati negli anni ’80.
Convivono nelle opere di Le Parc due elementi apparentemente contrastanti: la poesia e la ricerca scientifica. Non è una ricerca scientifica però rivolta a qualcosa di “utile”, ma è una ricerca che sonda quale sia la reazione di chi osserva al colore e alle forme e quali siano le reazioni che ne scaturiscono. Un’altra apparente dicotomia è quella tra forme appuntite e cilindriche: Le Parc apre, attraverso le linee e gli angoli, dei varchi per lasciar passare gli elementi sferici. È così che forse si entra in una dimensione insolita e raramente fruibile. Un’ulteriore dicotomia apparente presente nella mostra è la presenza tele di grandi e piccoli formati ed è davvero straordinario avere la conferma che lo spazio, grande o piccolo che sia, ha la stessa forza se trattato come fa Le Parc con la stessa sapienza compositiva.
Una parte dello spazio della Galleria Continua di Roma è riuscito a trasformarsi per l’occasione in una sorta di camera oscura in cui, entrando, si possono ammirare una serie di opere di Julio Le Parc che sono una specie di quadri cinetici: attraverso la presenza di piccoli motori, vediamo raggi di luce comporre le opere e cambiare in continuazione. Si è davanti a una miriade di dipinti di luce che si compongono nello stesso momento davanti ai nostri occhi. Minimali e sorprendenti come fluttuazioni del pensiero.
Lasciando da parte l’esigenza di capire, piano piano si inizia quasi a giocare insieme alle opere per poi realizzare di esserne anche noi parte: l’artista ci invita in qualche modo a interagire attraverso le nostre ombre riflesse o semplicemente attraverso la nostra presenza; siamo parte anche noi della scena che viene creata e creiamo attraverso il nostro sguardo delle possibilità. Questo concetto, che è semplice ma allo stesso tempo molto complesso, è sintetizzato dall’opera “Sphère Noir”, composta da una miriade di quadrati neri lucidi che, appesi con fili di nylon convergenti in uno stesso punto, creano una sorta di sfera sospesa nell’aria e che è in continuo movimento. Essendo il materiale lucido, la nostra immagine è allo stesso tempo riflessa e frammentata, così come lo è quella degli altri e i nostri colori li vediamo riflessi nell’opera che da scura diventa piena di sfumature. Sembra quasi una meravigliosa metafora della frammentazione del mondo attuale che possiamo ricomporre attraverso la consapevolezza del nostro sguardo e del nostro modo di osservare.
La mostra di Julio Le Parc è una mostra da non perdere per osservare come un grande artista contemporaneo continui a creare nel nostro tempo: con ottimismo, poesia, bellezza e intelligenza. È anche uno spunto per approfondire la rigorosa ricerca di un artista che ha creato una sua gamma di 14 colori puri che utilizza con combinazioni diverse e il cui studio è una sorta di laboratorio in cui sperimenta sempre nuove idee e creazioni, utilizzando anche tutte le nuove tecnologie, riportandole a una dimensione artistica e non utilitaristica. Una grande lezione del modo di creare, il cui risultato è solo apparentemente semplice ma si tratta della semplicità di chi riesce a trasformare la complessità in poesia. (g.cat.\aise)