“L’aurora viene”: dialogo tra Baselitz e Fontana alla Thaddaeus Ropac di Milano

MILANO\ aise\ - Thaddaeus Ropac Milan aprirà al pubblico il 20 settembre 2025 con una mostra dedicata alle opere di Georg Baselitz e Lucio Fontana, che ripercorre l’interesse di lungo periodo, mai esauritosi, di Baselitz verso il lavoro del maestro italo-argentino. L’esposizione, dal titolo “L’aurora viene”, è un dialogo tra Baselitz e Fontana e presenta opere prestate dallo studio di Baselitz accanto al prestito di nuclei di lavori provenienti dalla Fondazione Lucio Fontana.
Fontana ha esercitato un ruolo fondamentale nel Lavoro di Baselitz, che ha uno studio in Italia, mentre Fontana ha vissuto e lavorato per gran parte della sua vita a Milano, dove ha anche esposto per la prima volta i suoi lavori nel 1931.
Il nuovo spazio della galleria Thaddaeus Ropac a Milano presso Palazzo Belgioioso si presta a diventare il luogo in cui prende corpo un “confronto intellettuale” attraverso l’opera di questi due grandi artisti: “l’interpretazione non è utile a nessun artista”, spiega Baselitz, “ora, alla mia età, si tratta più che altro di un confronto intellettuale piuttosto che di dipendenza”.
La selezione di opere di Baselitz presentata in mostra attraversa lo scorso decennio e include una nuova scultura monumentale in bronzo e una serie di ritratti recenti le cui figure sospese “appaiono uscire dalla profondità”, facendo eco all’esplorazione di Fontana su ciò che si estende oltre la tela. I centri scuri delle prime opere di Baselitz - una serie iniziata nel 2015 in un periodo di intensa riflessione sul lavoro di Fontana - fanno riferimento agli innovativi tagli, o fendenti, realizzati da Fontana. Un'opera di questa serie, Aurora viene (2015), conferisce un titolo cosmico alla mostra, evocando la dimensione infinita che si estende oltre la tela.
Le opere di Fontana esposte in mostra comprendono sculture “barocche” risalenti al 1937 e una selezione di Concetti spaziali degli anni Cinquanta e Sessanta, che testimoniano il suo lavoro sia prima che dopo la formalizzazione della teoria dello Spazialismo. In particolare, la mostra include alcune delle iconiche Attese degli anni Sessanta, insieme a esempi chiave delle serie Gessi (1954-58) e Inchiostri (1956-59), oltre a una straordinaria Fine di Dio del 1963-64. La forma ovale di quest’ultima rappresenta al tempo stesso l'origine e l'assoluto, come diceva Fontana: “l'infinito, l'inconcepibile, la fine della figurazione, l'inizio del nulla”. Anche nei tagli e nelle forme organiche presenti nelle opere degli anni Cinquanta emerge una suggestione di forma e materia che veicola significati filosofici e fisici posta a confronto con la disarmante intimità corporea dei corpi messi a nudo da Baselitz.
Riuniti in mostra, questi due nuclei espositivi appartenenti a Baselitz e Fontana danno vita a un dialogo. Da questo confronto emerge il senso latente dell'unione tra cosmico e corporeo che si cela sotto la superficie delle opere dei due artisti, entrambi impegnati nell’esplorazione dell'infinita materia oscura. Come afferma Baselitz “proprio come ne L'Origine du monde di Courbet [...] come una visione del cielo, dell'eternità”.
La mostra, in programma sino al 21 novembre, sarà accompagnata da un catalogo con saggi di Flavia Frigeri, curatorial and collection director della National Portrait Gallery di Londra, e di Luca Massimo Barbero, membro della Commissione Artistica della Fondazione Lucio Fontana e importante studioso dell’opera di Fontana. (aise)