“Nimbus Limbus Omnibus”: l’irriverente collettivo viennese Gelitin/Gelatin allo spazio FOROF di Roma

ROMA\ aise\ - Sino al 30 giugno 2025, FOROF, realtà unica a Roma che, fondata da Giovanna Caruso Fendi, combina archeologia e arte contemporanea, presenta la quarta stagione con un progetto site-specific dei Gelitin/Gelatin, il celebre collettivo austriaco di artisti composto da Wolfgang Gantner, Ali Janka, Florian Reither e Tobias Urban.
Dopo l’installazione immersiva dei SOUNDWALK Collective della prima stagione, l’esperienza spirituale di Alex Cecchetti della seconda e l’avventura baltica di Augustas Serapinas nella terza, dunque, un nuovo lavoro pensato per FOROF attiva un dialogo con uno spazio sospeso fra antico e contemporaneo, intriso di reminiscenze storiche, nel pieno rispetto della sua vocazione primaria.
Nimbus Limbus Omnibus” è il titolo del vasto progetto espositivo ideato dai Gelitin/Gelatin per FOROF e curato da Bartolomeo Pietromarchi. Il titolo racchiude l'essenza della mostra, strettamente legata alla storia e allo spirito del luogo, e sviluppata intorno al tema delle "libertà", centrale nella poetica degli artisti. Il progetto richiama direttamente la “manumissio”, il rito di liberazione degli schiavi nell'antica Roma, che si svolgeva proprio nell'abside orientale della Basilica Ulpia (II sec. d.C.), i cui resti sono oggi visibili negli spazi sotterranei di FOROF.
Come sottolinea Giovanna Caruso Fendi, “la mostra dei Gelitin/Gelatin esalta lo spirito di questo luogo: liberare, attraverso l’arte e la cultura, lo sguardo di chi ha la curiosità di vedere, insegnando a guardare il mondo con occhi nuovi, più liberi e aperti alla condivisione”.
I Gelitin/Gelatin hanno concepito un’installazione suggestiva, come una sorta di rito o processione, ispirata dal titolo enigmatico, che sembra evocare un'antica formula magica o rituale, rievocando idealmente anche la frase pronunciata dal magistrato proprio durante la “manumissio”. La mostra offre dunque una riflessione sul tema della "liberazione", intesa come passaggio da uno stato all'altro e, come evidenzia Pietromarchi, “il titolo può essere interpretato come il momento in cui ciascuno di noi (omnibus) si trova in uno stato di transizione, un passaggio indefinito come una nube eterea (nimbus) o un confine (limbus), che nella visione degli artisti si riferisce al potere liberatorio della loro arte dalle convenzioni, dai pregiudizi e dai tabù, sia a livello individuale che collettivo”. Spiega ancora il curatore sulla mostra: “dopo il primo ingresso dei Gelitin/Gelatin nell’ipogeo di FOROF è stato chiaro da subito che l’obiettivo fosse di instaurare, sì una relazione con il luogo, ma anche di affermare una forte presenza. Ne è nato un lavoro complesso e affascinante al tempo stesso. Gli artisti hanno creato una scultura performativa che coinvolge fisicamente lo spettatore, che viene guidato attraverso una drammaturgia di crescente intensità e che culmina in questa visione in cui le opere si presentano come apparizioni, ma che assumono, per certi versi, anche un aspetto inquietante”.
L’esposizione è pensata come un’installazione unica, suddivisa in due nuclei, che trasforma l’ipogeo di FOROF. La prima parte consiste in una moltitudine di oggetti, sculture e accessori di scena creati dagli artisti nell'arco di 25 anni di attività, utilizzati nelle loro mostre e performance e allestiti come un grande deposito o archivio della memoria, evocando le catacombe romane. Il visitatore sceso nel sottosuolo scopre un percorso popolato da decine e decine di sculture, realizzate con materiali riciclati, assemblaggi, collage, piccoli dipinti in plastilina, colonne di polistirolo, vecchi arredi smontati e riutilizzati, candelieri, specchiere, vasi in ceramica e sculture in gesso. Il risultato è un enorme accumulo che trasforma ogni singolo oggetto in parte di un’opera più articolata e che introduce allo spazio archeologico vero e proprio, dove, in dialogo con i resti della pavimentazione della Basilica Ulpia, sono esposte alcune sculture realizzate nel 2019 e presentate per la prima volta in Italia. Si tratta di una serie di grandi busti che, invece di mostrare i volti, presentano due nuche identiche che si riflettono l'una nell'altra. Questo intenso richiamo alla scultura classica romana sovverte il concetto tradizionale di ritratto, offrendo una visione potentemente psicologica che approfondisce ulteriormente i temi del positivo/negativo, interno/esterno, originale/copia, catturando l’essenza di una continua trasformazione, in un "nimbus limbus omnibus”.
In occasione di “Nimbus Limbus Omnibus” è stato pubblicato un catalogo monografico dedicato ai Gelitin/Gelatin edito da Magonza. Il volume, stampato in doppia lingua, in italiano e inglese, include materiali inediti e offre una documentazione completa della mostra con immagini dell’installazione e della performance inaugurale. I temi espositivi sono esplorati in profondità attraverso un’ampia conversazione tra Bartolomeo Pietromarchi e il collettivo artistico, mentre l’aspetto scultoreo dei busti è analizzato in un testo critico a cura di Christian Meyer.
Come per le stagioni precedenti, anche “Nimbus Limbus Omnibus” è accompagnata da un Public Program di Episodi curati da Bartolomeo Pietromarchi e firmati da alcuni dei nomi più interessanti e prestigiosi della scena artistico-performativa nazionale e internazionale. Gli Episodi di FOROF - esperienze culturali e artistiche a carattere relazionale, partecipativo e multidisciplinare - sono pensati come momenti di attivazione dal vivo della mostra che richiamano e approfondiscono la tematica affrontata dal site-specific attraverso eventi di performance, reading, talk, interventi musicali e molto altro.
Gelitin/Gelatin è un collettivo artistico composto da Wolfgang Gantner, Ali Janka, Florian Reither e Tobias Urban. I quattro artisti si sono conosciuti per la prima volta in un campo estivo nel 1978. Nonostante la lunga storia condivisa, il collettivo ha cominciato a esporre ufficialmente le proprie opere solo nel 1993. Attualmente, i membri del gruppo vivono e lavorano a Vienna, in Austria.
I loro progetti spaziano attraverso un'ampia gamma di mezzi espressivi, dalla performance all'installazione, alla scultura ai nuovi media. Nonostante questa diversità formale, le loro opere sono accomunate da un obiettivo centrale: mettere in discussione il tradizionale rapporto tra opera d'arte e pubblico. I Gelitin/Gelatin invitano infatti frequentemente il pubblico a partecipare attivamente alla creazione delle opere trasformando gli spettatori in co-creatori e collaboratori, piuttosto che in semplici osservatori passivi. In alcuni casi, la loro pratica artistica contempla persino la distruzione dell’opera stessa, sfumando i confini tra creazione e distruzione. Nel corso degli anni sono divenuti una forza pionieristica nel panorama artistico contemporaneo, mantenendo un approccio unico che mescola audacia, gioco e critica sociale.
I Gelitin/Gelatin hanno partecipato a numerose biennali e rassegne internazionali come Manifesta 11, Aichi Triennale del Nagoya City Art Museum in Giappone, Anzengruber Biennale di Vienna in Austria, Moskow Biennale of Contemporary Art in Russia, Yugoslav Biennal of Young Artists in Serbia, Gwangju Biennale in Corea, Shanghai Biennale in Cina, Liverpool Biennial nel Regno Unito. Nel 2001 rappresentano l’Austria alla 49. Biennale d’Arte di Venezia.
Hanno, inoltre, esposto in musei importanti quali il MoMA PS1 a New York, il Musée d’Art Moderne de Paris a Parigi, il Museum Boijmans Van Beuningen a Rotterdam, il Palais de Tokyo sempre a Parigi, oltre a numerosi altri musei austriaci. (aise)