Nuovo allestimento ai Musei Reali di Torino: svelati al pubblico la collezione del principe Eugenio di Savoia Soissons e la pittura fiamminga e olandese del Seicento

TORINO\ aise\ - I Musei Reali di Torino proseguono il programma di riordino delle importanti raccolte di arte antica. Dopo il riallestimento della collezione Gualino e della pittura del Settecento, da sabato 11 maggio al secondo piano della Galleria Sabauda apre al pubblico il nuovo allestimento della prestigiosa collezione del principe Eugenio di Savoia Soissons, uno dei protagonisti delle vicende europee a cavallo tra il Seicento e il Settecento, insieme ai capolavori dei maestri primitivi nordici, alle raccolte di pittura fiamminga e olandese del Seicento provenienti dagli acquisti effettuati a più riprese dai Savoia tra il XVII e il XIX secolo, e alle scuole italiane del Seicento, con un affondo su alcune opere eseguite da pittrici tra Cinquecento e Seicento.
Il nuovo intervento sulle collezioni è interamente sostenuto dal Ministero della Cultura nell’ambito della programmazione per il triennio 2022-2024, finanziata con la legge di bilancio del 2022 (L. 30 dicembre 2021, n. 234) che ha incrementato la dotazione del fondo per la tutela del patrimonio culturale, istituito ai sensi dell’articolo 1, commi 9 e 10, della legge di stabilità 2015 (L. 23 dicembre 2014, n. 190).
In continuità con le scelte museografiche adottate in precedenza sullo stesso piano di visita, il nuovo ordinamento a cura di Annamaria Bava e Sofia Villano, progettato da Loredana Iacopino architettura, presenta oltre 180 opere – alcune delle quali conservate per anni nelle collezioni di riserva – allestite su più registri alle pareti, tra le finestre e anche lungo il corridoio centrale, valorizzato da numerosi dipinti.
La Galleria Sabauda espone una delle collezioni di pittura fiamminga e olandese più importanti d’Italia per estensione cronologica e varietà di generi, maturata nel corso del tempo grazie a un’attenzione puntuale e costante dei Savoia verso il Nord Europa. Fin dal Quattrocento, infatti, il ducato sabaudo guarda al di là delle Alpi e arricchisce le sue raccolte con opere di artisti nordici, spesso attivi anche presso la Corte; gli inventari seicenteschi elencano un numero consistente di opere fiamminghe di ogni genere, prima ancora degli acquisti di Carlo Emanuele III a Venezia e dell’arrivo a Torino, nel 1741, della straordinaria raccolta viennese del principe Eugenio.
Alla metà del Settecento, la quadreria dei Savoia può dunque vantare “une collection très nombreuse des maîtres Flamands” perché il re di Sardegna possiede “beaucoup de tableaux précieux”, come ricorda l’incisore Charles-Nicolas Cochin, custode dei disegni del gabinetto del re di Francia; ulteriori incrementi sono registrati a partire dal 1832, quando la Reale Galleria apre al pubblico per volontà di Carlo Alberto di Savoia Carignano.
Il percorso espositivo inizia con due sale dedicate alla pittura fiamminga del XV e XVI secolo, delineandone lo sviluppo attraverso due secoli, a partire dalla lezione dei grandi maestri del Quattrocento con il passaggio a una nuova visione della realtà, fino al sofisticato linguaggio del Manierismo internazionale del tardo Cinquecento. Il nucleo dei Primitivi fiamminghi comprende capolavori assoluti della storia dell’arte come la celebre tavoletta di straordinaria qualità di Jan van Eyck con Le stigmate di san Francesco, nella quale una luce limpidissima restituisce con assoluta precisione i minimi dettagli naturalistici; i due pannelli di Rogier van der Weyden con Un devoto in orazione e La Visitazione, un tempo parti laterali di un trittico la cui tavola centrale è oggi conservata al Louvre; la Madonna con il Bambino assegnata a un seguace di Petrus Christus, ambientata in un accogliente interno domestico ricco di elementi simbolici; la magnifica tavola di Hans Memling con Scene della passione di Cristo, eseguita per il banchiere fiorentino Tommaso Portinari, ritratto insieme alla moglie ai margini del dipinto, proveniente dal convento domenicano di Bosco Marengoda dove arriva anche il Giudizio Universale realizzato su rame da Bartholomeus Spranger verso il 1570-1571 per papa Pio V, rielaborando un trittico del Beato Angelico.
Dal Palazzo Durazzo di Genova, acquistato nel 1824 da Carlo Felice di Savoia con i suoi arredi, provengono la grande tavola con l’Adorazione dei Magi, realizzata dal maestro fiammingo che prende il nome da quest’opera, e una tavola dipinta su entrambi i lati da Bernard van Orley, pittore di corte di Margherita d’Austria, governatrice dei Paesi Bassi spagnoli. Due trittici tipologicamente simili sono dedicati alla Crocifissione, uno dei quali è fra le opere più raffinate del cosiddetto Maestro delle Mezze figure femminili: numerose opere attribuite sotto questo nome convenzionale in realtà sono il prodotto di più artisti, attivi in una stessa bottega nella prima metà del Cinquecento probabilmente ad Anversa, e tra i temi maggiormente rappresentati è la raffigurazione di dame eleganti, spesso intente a leggere o a fare musica, come la bella tavola con la Suonatrice di liuto.
La ritrattistica nordica cinquecentesca è ben rappresentata da tre lavori assai differenti: il Ritratto del cardinale Robert de Lénoncourt di Corneille de Lyon, pittore olandese di origine ma lionese di adozione; l’energico Ritratto di un uomo con una lettera, attribuito a Dirck Jacobsz; il Ritratto di un guerriero riferito a Hendrick Goltzius, opera di notevole qualità che pare in debito con i capolavori realizzati da Giorgione a Venezia nei primi anni del Cinquecento.
Interessante esempio di pittura di genere è poi lo Studio di un avvocato, mentre il gusto sofisticato del tardo manierismo internazionale, diffuso nelle corti italiane ed europee, è testimoniato dalla tela del fiammingo Lucas de Heere, un’opera di grande effetto raffigurante il raro tema dell’Allegoria delle Arti liberali in tempo di guerra.
La prima parte del corridoio centrale è riservata al nucleo di nature morte italiane e fiamminghe del Seicento e del Settecento, giunte a più riprese nelle raccolte torinesi dall’inizio del XVII secolo, e testimonia la diffusione e la fortuna che questo genere riscontrò da subito anche presso le grandi Corti internazionali. Lo spazio introduce alle sale dedicate alla collezione del principe Eugenio, alle quali si accede varcando il portale di colore grigio scuro che divide il corridoio, opposto simmetricamente a quello che separa, sullo stesso piano, la Collezione Gualino. Si entra così nel tempo storico e nel gusto figurativo di Eugenio di Savoia Soissons (Parigi, 1663 – Vienna, 1736), stratega geniale e comandante in capo dell’esercito asburgico che, in questo ruolo, raggiunse una fama straordinaria fermando l’avanzata dei Turchi in Europa, come documentano le dieci grandi battaglie che lo ritraggono in alcuni dei momenti più importanti delle sue campagne militari, dalla Battaglia di Zenta (1697) a quella di Torino, nel 1706, al fianco del cugino Vittorio Amedeo II contro l’assedio francese della città, fino alle Battaglie di Petervaradino (1716) e di Belgrado (1717), dipinte da Jan van Huchtenburg (Haarlem, 1647 – Amsterdam, 1733), attivo a Parigi tra il 1667 e il 1670 come pittore di corte di Luigi XIV.
Intellettuale raffinato e coltissimo, il principe Eugenio radunò una straordinaria collezione d’arte, ospitata nelle sue dimore viennesi, il Palazzo di Città e la magnifica residenza extraurbana del Belvedere, immortalate nelle bellissime incisioni della serie Residences memorables de l’incomparable heros de nôtre siècle, eseguite su disegni di Salomon Kleiner e pubblicate tra il 1731 e il 1740. Eugenio morì a Vienna nel 1736, lasciando le sue ricchezze alla nipote Vittoria di Savoia Soissons, erede universale che mise in vendita l’immenso patrimonio. Grazie all’azione diplomatica del conte Luigi Malabaila, ambasciatore sabaudo a Vienna, il re di Sardegna Carlo Emanuele III riuscì ad acquistare la quadreria, che poteva vantare una magnifica selezione di opere dei più autorevoli maestri del classicismo seicentesco come Nicolas Poussin, Guido Reni e Francesco Albani, un incredibile nucleo di pittura fiamminga e olandese rappresentato da capolavori di Antoon van Dyck e da scene di genere, paesaggi, nature morte e soggetti sacri e mitologici di Jan Brueghel il Vecchio, Paul Bril, Gerrit Dou, Jan Griffier, Paulus Potter e David Teniers.
L’eccezionale collezione di pittura del principe Eugenio, riunita grazie a una fitta rete di contatti a Napoli, Roma, Milano, Bologna e, in ambito europeo, nelle Fiandre e in Olanda, era esposta nelle sue dimore secondo precise scelte di gusto e ornava gli ambienti di rappresentanza, le gallerie e i cabinet. L’attuale presentazione delle opere nelle sale della Galleria Sabauda tiene conto delle scelte d’arredo e delle testimonianze figurative trasmesse dalle incisioni tratte dai disegni di Salomon Kleiner, che riproducono diversi ambienti nei quali, alle pareti, si possono riconoscere numerosi dipinti trasferiti in seguito a Torino. Nello Stadtpalais di Vienna, ad esempio, per esaltare il carattere ufficiale e aulico della residenza, le pareti rivestite da tappezzeria in velluto e boiserie dorata erano arredate da dipinti prevalentemente a tema storico e religioso, tra cui la Santa Margherita di Nicolas Poussin, il San Girolamo assegnato a Guido Reni, la Madonna col Bambino ritenuta di Van Dyck e oggi attribuita a un suo collaboratore. Proviene invece dalla galleria del Belvedere Superiore una serie di opere appartenenti alla tradizione figurativa emiliana tardo manierista, come l’Allegoria della Geometria di Lorenzo Sabbatini, e testimonianze della pittura bolognese di gusto classicista con tele di Guido Reni, Francesco Albani, Gian Giacomo Sementi e Carlo Cignani, attualmente esposte al primo piano della Galleria Sabauda, oltre a importanti dipinti di scuola veneta come Le tre Grazie di Pietro Vecchia e dipinti di artisti fiamminghi e olandesi particolarmente amati dal principe, quali Amarilli e Mirtillo di Antoon van Dyck, I quattro tori di Paulus Potter e l’Assalto di un ponte di Philips Wouwermans.
Gran parte delle collezioni fiamminghe e olandesi seicentesche del principe Eugenio erano conservate nel gabinetto dei dipinti del Belvedere Superiore di Vienna, uno spazio affascinante, ricordato con entusiasmo nelle descrizioni dei viaggiatori del tempo. Posto tra la camera da letto privata e la biblioteca, il cabinet presentava un allestimento che seguiva i criteri tipici del tempo con opere disposte in maniera simmetrica a ricoprire interamente le pareti. Sopra un parato di damasco blu erano appesi ben novantotto dipinti di piccolo formato, con una cornice in legno dorato riccamente lavorata a intaglio, ancora oggi conservata. Nel cabinet trovavano posto dipinti di David Teniers II, di cui quattro esemplari sono esposti, molto amato dal principe per il vivace realismo e la minuzia descrittiva delle sue scene di genere e degli interni di taverne, e un consistente nucleo di opere del gruppo dei Fijnschilder, ossia dei “pittori raffinati” di Leida, di cui si può apprezzare la meticolosa attenzione per i dettagli e la grande preziosità della stesura cromatica. Tra queste ultime sono presenti in Galleria Sabauda composizioni di Gerrit Dou e del suo allievo Frans van Mieris, di Godfried Schalken e di Caspar Netscher. Di particolare fascino è La ragazza alla finestra di Dou, nella quale, oltre alla stupefacente capacità tecnica nel cogliere la realtà, si può leggere il sottile gioco tra sensualità e innocenza, cui rimandano i particolari della scena.
Molto apprezzato e tenuto in grande considerazione dai collezionisti europei e dal principe Eugenio fu anche Jan Griffier, pittore attivo nei Paesi Bassi e in Inghilterra. I suoi paesaggi avevano trovato posto nel Belvedere Inferiore di Vienna, la dimora in cui il principe risiedeva di preferenza nella stagione estiva. Sono presenti in Galleria Sabauda tredici opere provenienti dalla sua raccolta, una collezione unica in Italia per numero e qualità, paragonabile a livello europeo solo a quella conservata presso la Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda. Griffier aveva un talento particolare nella rappresentazione di vedute in cui, alla descrizione topografica delle città e alla resa scenografica di paesaggi montuosi e fluviali, si univano particolari di vita quotidiana, come nella magnifica composizione dell’Inverno, che segna un vertice all’interno della sua produzione.
Il nuovo allestimento del secondo piano della Pinacoteca prosegue con altre opere acquistate da Carlo Emanuele III nel 1737, quando ormai erano ben avviate le trattative per l’acquisto della collezione del principe Eugenio. Si tratta della raccolta personale di Giovanni Battista Bodissoni, residente a Venezia, membro di una nobile famiglia originaria di Bruxelles trasferitasi in Italia nella seconda metà del Seicento. Per dare seguito a tale acquisto, Carlo Emanuele III inviò a Venezia Claudio Francesco Beaumont, primo pittore di corte, al fine di valutare la qualità e lo stato di conservazione dei quadri. Le collezioni sabaude si arricchirono di un altro notevole nucleo di opere olandesi e fiamminghe che contava ritratti, nature morte, scene di genere, storie sacre, dipinti di paesaggio e interni che ben documentavano lo stile e le tematiche della cultura figurativa nordica tra XVI e XVII secolo.
Un’altra sala testimonia il grande interesse per la pittura olandese e fiamminga dimostrata dai Savoia dal Seicento all’Ottocento: protagonista di questa sezione è il Vecchio dormiente di Rembrandt van Rijn, straordinario capolavoro giovanile del maestro acquistato nel 1866, uno dei rari dipinti autografi del pittore olandese presenti nei musei pubblici italiani. Lo affiancano due repliche di buona qualità stilistica da noti autoritratti dell’artista; si possono inoltre ammirare ritratti di esponenti della nobiltà e dell’alta borghesia eseguiti da importanti pittori legati alla lezione di Rubens e Van Dyck come Jacob Jordaens, Cornelis de Vos e Jan Cornelisz van Loenen e da alcuni dei maggiori ritrattisti di Amsterdam e Leida quali Nicolaes Eliasz Pickenoy e Joris van Schooten.
Tra le scene di significato allegorico e moraleggiante, che godettero di ampio successo presso i committenti dell’epoca, si segnalano la raffinata tavola con Festa in una sala da ballo sui pericoli del corteggiamento, ritenuta frutto della collaborazione tra Frans Francken il Giovane e Paul Vredeman de Vries, La vanità della vita umana di Jan Brueghel il Giovane sulla fugacità della fama e delle ricchezze terrene e il più tardo Interno con natura morta e animali di Peeter Gijsels, reso con gusto decorativo, ma anche con grande cura per il dato realistico. La pittura di paesaggio è attestata da dipinti di alcuni dei principali rappresentanti del genere come Roelant Savery, attivo anche per l’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, Gottfried Wals, originario di Colonia, ma documentato a lungo in Italia, e Cornelis van Poelenburgh, richiesto dai regnanti di tutta Europa. Il genere della natura morta trova nella tavola imbandita del tedesco Peter Binoit un esempio di superba raffinatezza e delicata poesia. Per quanto riguarda i soggetti sacri sono esposti il prezioso rame raffigurante la Madonna delle rose, dipinto a quattro mani da Hendrick van Balen il Vecchio e Jan Brueghel il Giovane, e il piccolo e delizioso Pentimento di san Pietro di Gerard Seghers, artista residente per molti anni a Roma, dove si avvicina alle novità della pittura caravaggesca.
Uscendo dalle sale dedicate alla pittura nordica, il percorso prosegue con le opere appartenenti a scuole italiane del Seicento che continuano l’esposizione al primo piano della Galleria, illustrando le scelte collezionistiche compiute dai duchi sabaudi per accrescere la loro già prestigiosa raccolta e i successivi arricchimenti ottocenteschi.
Gli straordinari esiti del Barocco genovese sono documentati dall’opulenta cromia del Baccanale di Giovanni Benedetto Castiglione detto il Grechetto, specializzato in composizioni di soggetto mitologico o religioso ricche di animali e di brani di natura morta, e dai ritratti di Bernardo Strozzi e Jan Roos, che ben interpretano l’eredità lasciata da Rubens e Van Dyck: la splendida Sacra famiglia di quest’ultimo documenta il periodo trascorso a Genova dall’artista fiammingo.
La scena artistica romana è rappresentata dalla soave Madonna della rosa di Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato, che risente fortemente della lezione di Raffaello, dalla Vergine annunciata e dall’Arcangelo Gabriele di cultura marattesca e dal più tardo dipinto con il Profeta Daniele di Francesco Trevisani, il più grande protagonista della pittura dell’Arcadia.
Rilevanti esempi del classicismo in auge a Roma nella seconda metà del Seicento sono inoltre la coppia di tele con episodi tratti dall’Eneide di Giovanni Ghisolfi e i due rigogliosi paesaggi con cascate di Gaspard Dughet, in cui l’ideale classico di bellezza si coniuga con una nuova attenzione alla raffigurazione libera e spontanea della natura.
Testimonianza della pittura bolognese di tardo Seicento è la bellissima tela acquistata dal Ministero della Cultura nel 2022 per le collezioni dei Musei Reali, esposta per la prima volta, raffigurante Bacco e Arianna di Giovanni Antonio Burrini, artista documentato nel 1688 a Torino e impegnato in prestigiose commissioni.
La sala successiva è dedicata alla cultura artistica del ducato sabaudo, segnata nel Seicento da un importante rinnovamento illustrato dalle opere di alcuni dei maggiori protagonisti della scena artistica piemontese. Tra gli anni trenta e quaranta del secolo, il duca Vittorio Amedeo I chiamò a ricoprire la carica di pittore di corte Francesco Cairo, tra gli artisti più rappresentativi del Barocco lombardo e autore del Ritrovamento di Mosè da parte della figlia del faraone, nelle cui fattezze si riconosce la Madama Reale Cristina di Francia. Nei primi anni cinquanta giunse a Torino il lorenese Charles Dauphin, che incontrò subito un notevole successo nelle più importanti imprese pittoriche promosse dai Savoia e dai principi di Carignano, favorendo una svolta in chiave barocca del contesto figurativo locale che permise alla Corte sabauda di eguagliare lo stile in voga a Parigi. Il fiammingo Jan Miel, dopo aver trascorso un lungo periodo a Roma, nel 1658 arrivò a Torino al servizio di Carlo Emanuele II per intervenire nelle principali imprese decorative di Palazzo Reale e della Reggia di Venaria, segnando un nuovo mutamento di rotta con l’introduzione della cultura accademica romana. Sul finire del secolo approdò nella capitale sabauda Daniel Seiter, artista di origine viennese che lavorò per Vittorio Amedeo II al rinnovamento degli appartamenti al piano nobile di Palazzo Reale, eseguendo gli affreschi sulla volta della galleria che ancora oggi porta il suo nome, mentre Andrea Pozzo, pittore e architetto di fama europea, negli anni sessanta e settanta fu attivo in Piemonte realizzando numerose pale d’altare per i principali centri del territorio e dedicandosi all’esecuzione di grandi cicli d’affreschi per le chiese dell’ordine gesuita di Torino e Mondovì.
Come nel percorso dedicato alle raccolte settecentesche che precede la Collezione Gualino, anche la sala conclusiva del nuovo allestimento è dedicata alla pittura al femminile tra Cinquecento e Seicento, epoca in cui le artiste occupano un ruolo significativo e del tutto eccezionale, ancora in gran parte da svelare. Sono esposti il Ritratto dell’Infanta Isabella Clara Eugenia, sorella della duchessa di Savoia Caterina Micaela, eseguito da Sofonisba Anguissola, che per molti anni fu al servizio del re di Spagna Filippo II raggiungendo nel campo della ritrattistica una fama di livello europeo, alla quale si è proposto di riferire anche il bel Ritratto di principessa con leone; il magnifico Ritratto di Carlo Emanuele I di Giovanna Garzoni, che svolse un’intensa attività per la Corte sabauda, dipinto su pergamena con la tecnica del puntinato per raggiungere straordinari effetti di naturalezza e finezza; la Giuditta con la testa di Oloferne di Fede Galizia, che mostra l’abilità della pittrice nella scelta della gamma cromatica, ricercata e brillante, e nella resa delle vesti sontuose e dei gioielli preziosi; due opere di soggetto religioso raffigurano Santa Cecilia che suona l’organo e Sant’Elena di Orsola Maddalena Caccia, figlia del pittore Guglielmo detto il Moncalvo, che trascorse la sua esistenza in convento e diede vita a una produzione di grande successo, caratterizzata da un vivace cromatismo e dalla presenza di raffinati brani di natura morta, molto ammirata anche dalla duchessa Cristina di Francia. (aise)