“Rabbit Inhabits the Moon”: al MAO di Torino l’arte di Nam June Paik allo specchio del tempo
Notturne No 20 Counterpoint - credits Nam June Paik Estate
TORINO\ aise\ - La mostra “Rabbit Inhabits the Moon. L’arte di Nam June Paik allo specchio del tempo”, in programma sino al 23 marzo 2025 al MAO Museo d’Arte Orientale di Torino, è dedicata all’opera del grande artista coreano in dialogo con opere contemporanee e con una selezione di raffinati manufatti coreani provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private, nazionali e internazionali.
La mostra è organizzata in occasione del 140° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Corea e Italia, in partnership con il Nam June Paik Art Center di Yongin, in Corea, e con la Fondazione Bonotto di Colceresa, in Italia, e con il supporto della Korea Foundation.
Il progetto espositivo è curato da Davide Quadrio, direttore del Museo, e Joanne Kim, critica e curatrice coreana, con Anna Musini e Francesca Filisetti. L’esposizione si avvale della consulenza curatoriale e scientifica di Manuela Moscatiello, chargée d’étude alla Maison de Victor Hugo di Parigi, Kyoo Lee, curatore della sala dello sciamanesimo e professore di Filosofia alla City University di New York, e Patrizio Peterlini, direttore della Fondazione Bonotto.
“Rabbit Inhabits the Moon” intende stimolare un dialogo dinamico che riflette l’evoluzione del paesaggio culturale e artistico dei due Paesi, in particolare rileggendo l’eredità di Nam June Paik e la sua influenza sulle generazioni contemporanee. Nuove produzioni degli artisti coreani Kyuchul Ahn, Jesse Chun, Shiu Jin, Young-chul Kim, Dae-sup Kwon, Chan-Ho Park, Sunmin Park ed eobchae × Sungsil Ryu, e opere video e installazioni provenienti dalla collezione del Nam June Paik Art Center sono accostate a celebri opere di Paik – perlopiù in prestito dalla Fondazione Bonotto – e a preziosi manufatti tradizionali provenienti da prestigiose istituzioni, tra le quali il Musée Guimet - Musée national des Arts asiatiques, il Museo d’Arte Orientale “E. Chiossone” di Genova e il Museo delle Civiltà di Roma.
La mostra “Rabbit Inhabits the Moon” è costruita attorno alla figura di Nam June Paik (Soeul, 1932 – Miami, 2006), artista centrale nel panorama culturale del XX e del XXI secolo e considerato uno dei pionieri della video arte. Con una formazione da pianista e musicologo, nelle sue opere Paik pone l’accento sul progresso tecnologico utilizzando un linguaggio contaminato che, agli aspetti legati ai mass media e ai riti di una società capitalistica e commerciale di tipo occidentale, unisce i principi rituali legati alla poesia, alla musica e alla tradizione culturale e sciamanica coreana.
Come si evince sin dal titolo, il topos letterario del coniglio sulla luna, che attraversa diverse culture dell’Estremo Oriente – Cina, Giappone, Corea – fino all’Asia centrale, all’Iran e alla Turchia, è il punto d’avvio da cui si diramano e convivono in maniera organica gli altri nuclei tematici. Ispirato all’omonima installazione di Paik del 1996 – in cui il coniglio della leggenda diventa una scultura lignea che osserva l’immagine della luna all’interno dello schermo di un televisore – nella mostra realtà e immaginazione, tradizione e tecnologia si incontrano, si ripetono e si specchiano, in una sintesi ideale di contenuti che, con un complesso gioco di rimandi e riletture, affiorano nel percorso espositivo.
Anche l’allestimento, accurato e immersivo, evidenzia la convivenza di simboli, tecniche, materiali e manifatture afferenti a epoche e ambiti geografici differenti, creando un itinerario privo di coordinate cronologiche fisse dove, come in una tessitura, i temi si muovono paralleli, si intersecano e riemergono ciclicamente.
Elementi tradizionali e rituali della cultura coreana si rivelano attraverso il dialogo tra antico e contemporaneo e un approfondimento, a cura di Kyoo Lee, è dedicato all’esplorazione dello sciamanesimo proprio in relazione alla figura di Nam June Paik. Nella sala polifunzionale del Museo una proiezione sarà dedicata all’approfondimento delle pratiche sciamaniche esplorate dal fotografo Chanho Park.
Centrale all’interno del progetto è inoltre l’elemento sonoro, musicale e performativo, che compare nelle forme più diverse sia nelle opere di Paik, legate in particolare alla sua partecipazione al movimento Fluxus e al sodalizio duraturo instaurato con la violoncellista Charlotte Moorman, sia nelle rielaborazioni proposte dagli artisti contemporanei. Specificatamente commissionata dal MAO per la mostra è la composizione Sounds Heard from the Moon. Part 2 (2024) di Jiha Park che nella sua ricerca utilizza strumenti tradizionali coreani, tra cui piri (flauto di bambù a doppia canna), Saenghwang (organo a bocca in bambù) e Yanggeum (dulcimer martellato), con un approccio minimalista caratterizzato da ripetizione, variazione e processualità.
L’installazione Nocturne No. 20 / Counterpoint (2013-2020) Kyuchul Ahn, che propone una rivisitazione della musica di Chopin, è completata da una performance in cui gli 89 martelletti del pianoforte saranno gradualmente rimossi a ogni esecuzione dal pianista, portando alla graduale scomparsa del suono.
All’interno della mostra, una sala consultazione curata dall’architetta Kun Min Kim è allestita con pubblicazioni, libri d’artista e video di approfondimento dedicati alle ricerche di ciascun artista in un’area del Museo adiacente alla mostra.
Come sempre accade nei progetti espositivi del MAO, anche “Rabbit Inhabits the Moon” è concepita come un organismo vivo e, per tutta la sua durata, presenta un ricco programma musicale e performativo, a cura di Chiara Lee e Freddie Murphy, che coinvolge artiste coreane e italiane, noti per la loro capacità di fondere forme d’arte tradizionale e contemporanea, tra cui Angela Seo, Francesca Heart e Diana Lola Posani.
Durante i mesi di apertura, l’artista Giorgia Fincato interverrà con un’azione partecipativa in mostra, focalizzata sul disegno e sulla pratica gestuale che ne deriva, attivando una collaborazione con il Dipartimento Educativo del Museo.
Il progetto espositivo è accompagnato da un catalogo in italiano e in inglese edito da Silvana Editoriale. La pubblicazione include saggi inediti a cura di Davide Quadrio, Joanne Kim, Manuela Moscatiello, Kyoo Lee, Patrizio Peterlini, Anna Musini che propongono approfondimenti sui temi della mostra, sul rapporto tra cultura italiana e coreana e sul patrimonio di Nam June Paik. Ampio spazio è riservato agli artisti contemporanei.
In occasione della mostra, il MAO Museo d’Arte Orientale con la Fondazione Centro di Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” e con il supporto dell’Agenda Cultura di Unione Buddhista Italiana grazie ai fondi 8xmille si impegna nell’intervento di restauro conservativo dell’opera Avalokitesvara “acqua e luna”, concessa in prestito dal Museo d’Arte Orientale E. Chiossone di Genova. Alcuni interventi conservativi saranno effettuati prima dell’esposizione, mentre al termine della stessa l’intervento di restauro prevedrà la rimozione dal montaggio all’occidentale e la sua restituzione alla forma originaria. (aise)