Allarme OXFAM: 300mila civili in trappola nel nord di Gaza
Oxfam, Gaza
ROMA\ aise\ - I bombardamenti sul nord di Gaza e l’isolamento imposto dal Governo israeliano sull’intera area provocheranno, oltre al resto, la completa perdita della produzione agricola dei prossimi due mesi, ossia i più produttivi dell’anno. 300 mila persone, in trappola, ormai da 4 mesi sono senza il cibo e gli aiuti necessari a sopravvivere. È l’allarme lanciato da Oxfam di fronte alla catastrofe umanitaria che si sta consumando nel nord della Striscia.
“Il Governo israeliano, che ha presentato lunedì scorso in forma privata alla Corte Internazionale di Giustizia le iniziative adottate per rispettare le misure urgenti che gli sono state richieste, sta in realtà ignorando una delle disposizioni chiave della Corte, ossia garantire l’ingresso degli aiuti, l’assistenza umanitaria e i servizi di base necessari alla sopravvivenza della popolazione nel nord di Gaza”, ha dichiarato Paolo Pezzati, portavoce per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia. “Così di fatto cresce il rischio che si consumi un vero e proprio genocidio”.
L’associazione palestinese per lo sviluppo agricolo (PARC), partner di Oxfam e tra le principali a occuparsi di sostegno all'agricoltura, stima che quasi un quarto delle aziende agricole del nord di Gaza sia stato completamente distrutto dalle forze israeliane, che hanno raso al suolo serre, edifici e il 70% delle barche da pesca, durante i primi giorni dell’offensiva nella Striscia.
“I prossimi due mesi sono di solito i più produttivi, ma in questo momento non è possibile rimettere in piedi le aziende perché chi tenta di farlo è sotto il tiro delle forze israeliane. Senza acqua, poi, o elettricità, i terreni sono del tutto inutilizzabili“, ha spiegato Hani Al Ramlawi, direttore delle operazioni del PARC.
“Nel nord di Gaza si muore di fame e la carestia sta già colpendo centinaia di migliaia di persone”, ha aggiunto Pezzati, sottolineando quanto sia “cruciale consentire al più presto l’ingresso di aiuti. I nostri partner ci hanno raccontato che per sopravvivere si mangiano erbe selvatiche o si beve acqua sporca”.
Juzoor, un altro partner di Oxfam e una delle poche organizzazioni ancora operanti nel nord di Gaza, riferisce di un aumento esponenziale della malnutrizione. Il mese scorso l’organizzazione ha introdotto un programma di vaccinazione nei 13 rifugi in cui opera e ha effettuato screening nutrizionali su 1.700 bambini.
Il direttore di Juzoor, Umaiyeh Khammash, ha recentemente riferito agli operatori di Oxfam che il 13% dei bambini da loro monitorati è gravemente malnutrito, con 55-60 (il 3%) in stato di grave deperimento e sottopeso.
“Si tratta di una condizione molto pericolosa”, ha spiegato Khammash. “Questi bambini hanno bisogno di essere curati in un ospedale con un programma di alimentazione specifico, cosa ora impossibile nel nord di Gaza. Se non riceveranno terapie adeguate immediatamente, moriranno nei prossimi giorni o settimane”.
“Migliaia di persone sono tagliate fuori dalla risposta umanitaria internazionale”, ha aggiunto Al Ramlawi. “Qui tutto è distrutto, non c’è niente da mangiare, non ci sono le condizioni minime per sopravvivere. La popolazione di Gaza dipende dall'agricoltura locale, un settore che ha un valore di oltre 575 milioni di dollari all'anno. La perdita delle colture non solo aggrava la già disastrosa situazione umanitaria, ma avrà gravi conseguenze a lungo termine, venendo a mancare cibo e reddito. La crisi causerà il totale collasso dell’agricoltura a Gaza per molti anni a venire”.
PARC riesce ancora a portare alcuni aiuti a livello locale e la scorsa settimana ha potuto rifornire 100.000 persone di vestiti e altri beni essenziali per affrontare l’inverno.
“I prezzi dei generi alimentari sono folli, la maggior parte della gente nel nord di Gaza non può comprare i prodotti di base. Un chilo di farina è passato da cinque shekel (1,3 euro) a 180 (46 euro), chi può permetterselo?”, si chiede Al Ramlawi. “Il costo della fornitura di un pacco di cibo è ora tre volte più alto nel nord di Gaza rispetto a Rafah e di qualità inferiore. Quanti giorni, ore, dovremo ancora aspettare per portare a queste persone i beni e i servizi di cui hanno disperato bisogno? Dobbiamo convincere il mondo che non c’è più tempo da perdere e che solo la tempestività potrà salvare centinaia di migliaia di vite”. (aise)