Coopi: in Sudan la crisi dimenticata più grave del mondo

MILANO\ aise\ - Dallo scoppio della guerra, il 15 aprile 2023, in Sudan oltre 12 milioni di persone risultano sfollate e tra queste quasi 4 milioni hanno cercato rifugio oltre confine, in paesi come Egitto, Ciad e Sud Sudan, che già affrontano forti pressioni umanitarie. Quasi un terzo della popolazione sudanese è sfollato e la metà di loro sono bambini. Ad aggravare il quadro, si aggiungono la crisi alimentare, che colpisce 24 milioni di persone, e l’emergenza idrica, che costringe 270mila persone, inclusi 130mila bambini, ad avere difficoltà a reperire acqua potabile. Anche i servizi di base sono compromessi: nelle zone più colpite dal conflitto, solo il 25% delle strutture sanitarie sono rimaste operative, mentre la mancanza di acqua e le condizioni igieniche precarie stanno favorendo la diffusione di malattie come colera, dengue e malaria.
A lanciare l’allarme è stata in queste ore COOPI Cooperazione Internazionale, organizzazione umanitaria presente nel Paese africano da oltre vent’anni.
“In Sudan è in corso una delle più gravi emergenze umanitarie del nostro tempo – ha spiegato Ennio Miccoli, Direttore di COOPI –. Nonostante questo, in un contesto globale segnato da conflitti ad alta intensità, quello sudanese è rimasto ai margini dell’attenzione internazionale, pur avendo effetti devastanti su scala nazionale e regionale”.
In due anni il conflitto ha causato quasi 29mila vittime, di cui 7.500 civili, e ha generato un’escalation drammatica di violenze contro i minori, con un aumento del 480% delle gravi violazioni sui bambini.
Nel 2024, gli operatori di COOPI hanno realizzato 10 progetti a sostegno della popolazione, raggiungendo quasi 150 mila persone negli Stati del Nord Darfur, di Gedaref (dove si trova il campo rifugiati di Tuneydba e Um Raquba), di Khartoum, del Nord e del Fiume Nilo.
“Siamo presenti in Sudan dal 2004 e in 21 anni abbiamo portato avanti 119 progetti, sostenendo 4milioni e 200 mila persone. In questo momento di emergenza, abbiamo riorganizzato la nostra presenza nel Paese per rispondere in modo più efficace alla crisi in corso – ha aggiunto ancora Miccoli – ci siamo concentrati soprattutto nel garantire acqua potabile e nel distribuire beni di prima necessità, come contenitori per l’acqua, utensili da cucina e materiali per costruire ripari temporanei, che sono indispensabili per la vita nei campi profughi”.
In particolare, nel distretto di Mellit, dove vivono 50mila persone sfollate ed è in corso una carestia, COOPI ha avviato il progetto "Azione precoce di risposta integrata alla crisi alimentare nello Stato del Nord Dafur”, con l’obiettivo di garantire l’accesso a sementi agricole e acqua potabile. L’organizzazione ha, inoltre, distribuito capre alle famiglie vulnerabili, in particolare quelle a guida femminile tra gli sfollati interni.
Miccoli ha poi voluto sottolineare “le difficoltà di accesso a Mellit, una zona fortemente isolata”, nella quale COOPI, insieme ai suoi partner locali, “ha continuato a fornire aiuti umanitari, raggiungendo sia le persone sfollate che le comunità ospitanti, duramente colpite dal conflitto e dalla carestia”. (aise)