La carestia incombe a Gaza: appello IASC per salvaguardare operatori umanitari

GINEVRA\ aise\ - Dieci requisiti umanitari per evitare una catastrofe ancora peggiore nella Striscia di Gaza. È quanto prodotto in queste ore dall’Inter Agency Standing Committee - IASC, il forum di coordinamento umanitario più longevo e di altissimo livello del sistema delle Nazioni Unite.
In meno di cinque mesi, hanno spiegato i rappresentanti dello IASC, decine di migliaia di palestinesi – per lo più donne e bambini – sono stati uccisi e feriti nella Striscia di Gaza dall'Esercito Israeliano. Più di tre quarti della popolazione è stata costretta ad abbandonare le proprie case a causa degli incessanti bombardamenti, in molti casi lo ha dovuto fare più volte, e deve affrontare gravi carenze di cibo, acqua, servizi igienici e assistenza sanitaria, le necessità di base per sopravvivere. Il sistema sanitario, intanto, continua a essere sistematicamente deteriorato, con conseguenze catastrofiche. Al 19 febbraio, solo 12 dei 36 ospedali con capacità di degenza funzionano ancora, e solo parzialmente. In questo periodo di bombardamenti, ci sono stati più di 370 attacchi a ospedali e all'assistenza sanitaria a Gaza. Le malattie dilagano. La carestia incombe. L'acqua è ridotta a un rivolo. Le infrastrutture di base sono state decimate. La produzione di cibo si è fermata. Gli ospedali si sono trasformati in campi di battaglia con le incursioni dei soldati israeliani. Un milione di bambini affronta traumi quotidiani.
Rafah, l'ultima destinazione per ben oltre 1 milione di persone sfollate, affamate e traumatizzate stipate in una piccola striscia di terra, è diventata un altro campo di battaglia in questo brutale conflitto. E secondo i rappresentanti dello IASC, "Un'ulteriore escalation di violenza in quest'area densamente popolata causerebbe vittime in massa. Potrebbe anche infliggere un colpo mortale a una risposta umanitaria che è già in ginocchio".
Insomma, non c'è un luogo sicuro a Gaza.
È una guerra anche agli operatori umanitari
, che a loro volta sono stati sfollati e sono costantemente alle prese con gli incessanti bombardamenti israeliani, che causano morti, restrizioni di movimento e una disgregazione dell'ordine civile. Nonostante questo continuano ad adoperarsi per fornire assistenza a chi ne ha bisogno. Ma di fronte a così tanti ostacoli – tra cui le restrizioni di sicurezza e di movimento – "possono fare solo fino a un certo punto".
"Nessuna risposta umanitaria potrà compensare i mesi di privazioni che le famiglie di Gaza hanno sopportato - hanno aggiunto dallo IASC -. Il nostro impegno è quello di salvare le operazioni umanitarie in modo da poter fornire almeno lo stretto necessario: medicine, acqua potabile, cibo e un riparo mentre le temperature precipitano".
Per questo, hanno stilato la lista dei dieci requisiti per evitare una catastrofe ancora peggiore nella Striscia di Gaza.
1. Di un cessate il fuoco immediato.
2. Che siano protetti i civili e le infrastrutture da cui dipendono.
3. Che gli ostaggi siano rilasciati immediatamente.
4. Di punti di ingresso affidabili che permettano agli operatori umanitari di portare gli aiuti da tutti i possibili valichi, compreso nel nord di Gaza.
5. Di garanzie di sicurezza e passaggio senza ostacoli per distribuire gli aiuti, su larga scala, in tutta Gaza, senza negazioni, ritardi e impedimenti all'accesso.
6. Di un sistema di notifica umanitaria funzionante che consenta a tutto il personale e alle forniture umanitarie di muoversi all'interno di Gaza e di consegnare gli aiuti in modo sicuro.
7. Di strade percorribili e quartieri liberati da ordigni esplosivi.
8. Di una rete di comunicazione stabile che permetta agli operatori umanitari di muoversi in modo sicuro e protetto.
9. Che l'UNRWA, la spina dorsale delle operazioni umanitarie a Gaza, riceva le risorse necessarie per fornire assistenza salvavita.
10. Della cessazione delle campagne che cercano di screditare le Nazioni Unite e le organizzazioni non governative che fanno del loro meglio per salvare vite umane.
"Le agenzie umanitarie rimangono impegnate, nonostante i rischi. Ma non possono essere lasciate a raccogliere i pezzi", affermano prima di chiedere al Governo Israeliano di "adempiere al suo obbligo legale, in base al diritto internazionale umanitario e ai diritti umani, di fornire cibo e forniture mediche e di facilitare le operazioni di aiuto, e ai leader mondiali di evitare che si verifichi una catastrofe ancora peggiore".
Questi tutti i firmatari dell'appello:
Martin Griffiths, Sottosegretario generale ONU per gli Affari umanitari e coordinatore degli aiuti d'emergenza (OCHA)
Sofia Sprechmann Sineiro, Segretaria Generale, CARE International
Qu Dongyu, Direttore Generale, Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO)
Jane Backhurst, Presidente, ICVA (Christian Aid)
Jamie Munn, Direttore Esecutivo, International Council of Voluntary Agencies (ICVA)
Tom Hart, Amministratore delegato e Presidente, InterAction
Amy E. Pope, Direttrice Generale, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM)
Tjada D’Oyen McKenna, Amministratrice delegata, Mercy Corps
Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR)
Janti Soeripto, Presidente e Direttrice Generale, Save the Children
Paula Gaviria Betancur, Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani degli sfollati interni (SR on HR of IDPs)
Achim Steiner, Amministratore, Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP)
Natalia Kanem, Direttrice Esecutiva, Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA)
Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR)
Michal Mlynár, Direttore esecutivo a.i., Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani (UN-Habitat)
Catherine Russell, Direttrice generale, Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF)
Sima Bahous, Sottosegretaria Generale e Direttrice Esecutiva,?UN Women
Cindy McCain, Direttrice Esecutiva, World Food Programme (WFP)
Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore Generale, Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO). (aise)