Atti falsi e dubbie interpretazioni: Menia (FdI) interroga il Viminale sulle procedure per il riconoscimento della cittadinanza

ROMA\ aise\ - “È parere di molti sindaci che vi siano forti ed evidenti criticità legate all'intero fenomeno del riconoscimento iure sanguinis” della cittadinanza. È quanto riporta il senatore di Fratelli d’Italia Roberto Menia in una interrogazione al Ministro dell'interno Piantedosi in cui denuncia “criticità discendenti anche dal contenuto delle disposizioni delle circolari” ministeriali che si presterebbero a fuorvianti interpretazioni.
“Negli anni – scrive Menia nella lunga premessa all’interrogazione – quotidiani nazionali e stampa estera hanno fatto emergere le gravi problematiche connesse all'espletamento delle procedure di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis per via amministrativa, presso la sede consolare competente per residenza estera o presso i comuni nel caso di residenza in Italia, e negli ultimi anni anche per via giudiziaria, presso il tribunale ordinario, sezione specializzata in materia di immigrazione e cittadinanza, del distretto del luogo di nascita dell'avo italiano; è parere di molti sindaci che vi siano forti ed evidenti criticità legate all'intero fenomeno del riconoscimento iure sanguinis, da affrontate a livello nazionale per porre fine alle evidenti distorsioni generate dall'attuale disciplina di riconoscimento dello status civitatis italiano per discendenza di sangue, ai sensi dell'art. 1 della legge n. 91 del 1992”.
“Ne è un esempio – spiega Menia – quanto occorso recentemente nel Comune di Crocetta del Montello (Treviso): nell'ambito di indagini della Guardia di finanza sugli affari redditizi delle cittadinanze facili e delle residenze fittizie risultano indagate 10 persone, e tra loro, oltre ai titolari di 6 agenzie specializzate nell'iter amministrativo, vi sono tre appartenenti alla polizia locale. Ai dipendenti comunali coinvolti nella vicenda è stato contestato il reato penale di falso ideologico per aver accertato la stabile residenza a discendenti di italiani non dimoranti stabilmente in Italia soggiornanti in abitazioni finalizzate unicamente all'espletamento dell'iter di riconoscimento della cittadinanza ("con la complicità di tre vigili risultavano residenti stando in Italia solo tre mesi", "il Gazzettino", 8 ottobre 2024); fatto salvo l'accertamento di eventuali responsabilità derivanti da comportamenti penalmente rilevanti, quanto successo a Crocetta del Montello può accadere in qualsiasi comune italiano”.
E ancora: “il sindaco di Val di Zoldo (Belluno) è in attesa di un'interpretazione inequivoca da parte del Ministero dell'interno in merito alle disposizioni della circolare n. 32 del 13 giugno 2007, che, emanata a seguito della soppressione del permesso breve per turismo, ha previsto la ricevuta della dichiarazione di presenza resa all'autorità di frontiera o al questore per i soggiorni di breve durata quale titolo idoneo ai fini dell'iscrizione anagrafica di coloro che intendono avviare in Italia la procedura per il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis. Tale disposizione si coordina con la circolare del Ministro dell'interno Scotti n. K.28.1 dell'8 aprile 1991 "Riconoscimento del possesso dello status civitatis italiano ai cittadini stranieri di ceppo italiano", a mente della quale il procedimento può essere avviato presso il comune solo ove i richiedenti possano annoverarsi tra la popolazione residente (diversamente la procedura dovrà essere espletata presso la rappresentanza consolare italiana competente in relazione alla località straniera di dimora abituale dei soggetti rivendicanti la titolarità della cittadinanza italiana)”.
“Le disposizioni della circolare del 2007 – annota il senatore – paiono quindi aver introdotto una sorta di percorso di favore per l'iscrizione anagrafica dei soggetti rivendicanti la cittadinanza italiana, considerato che il concetto di soggiorno di breve durata è in re ipsa antitetico a quello di dimora abituale, come ribadito dalla circolare del 1991; è evidente la necessità di chiarire se l'accertamento previsto dalle norme anagrafiche, conseguente alla dichiarazione di residenza di tali cittadini debba seguire o meno i consueti canoni, tenuto conto che la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale ("La residenza di una persona è determinata dalla sua abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, cioè dall'elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e dall'elemento soggettivo dell'intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali. Questa stabile permanenza sussiste anche quando la persona si rechi a lavorare o a svolgere altra attività fuori del comune di residenza, sempre che conservi in esso l'abitazione, vi ritorni quando possibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali", Cassazione civile, sezione II, sentenza n. 1738 del 14 marzo 1986)”.
“Gli effetti giuridici della dichiarazione di residenza – ricorda Menia – decorrono dalla data di presentazione della dichiarazione; il Comune che la riceve procede, entro 45 giorni, all'accertamento dei requisiti ai quali è subordinata l'iscrizione anagrafica, in primo luogo l'effettiva dimora abituale; trascorso tale termine senza che siano pervenute al cittadino comunicazioni negative, quanto dichiarato si considera conforme alla situazione di fatto; nel caso di cui si tratta, l'accertamento dell'effettiva sussistenza della dimora abituale, se dovuto, attraverso la valutazione dei presupposti, non può che essere, nella quasi totalità dei casi, negativo, con conseguente impossibilità di incardinare in Italia la procedura di riconoscimento cittadinanza se non per i soggetti effettivamente stabilitisi qui; ne consegue che non è chiara quale sia la ratio della circolare n. 32 del 2007”.
“È ampiamente noto – rileva il parlamentare di Fratelli d’Italia – che a seguito dell'emanazione di questa circolare siano nate centinaia di agenzie specializzate nelle pratiche amministrative iure sanguinis da avviare presso i comuni, molte delle quali propongono ai soggetti interessati al riconoscimento offerte comprensive di viaggio in Italia dal luogo estero di loro residenza, alloggio in appartamento nel comune italiano per il tempo necessario ad esperire le procedure richieste e la verifica del requisito della stabile presenza della persona da parte della polizia locale in appartamenti utilizzati per tale finalità dove i richiedenti si susseguano; le agenzie stesse dicono apertamente che gli interessati devono farsi trovare per gli accertamenti e rimanere in Italia solo per il tempo necessario ad espletare la pratica di cittadinanza; alcune sono più precise: "accertata la residenza, e presentata la domanda di cittadinanza, il richiedente può lasciare l'Italia: la procedura viene portata avanti dal nostro Studio per procura"; a loro volta gli stessi richiedenti spesso dichiarano alle anagrafi che il loro soggiorno è unicamente finalizzato all'espletamento della procedura di cittadinanza e che è destinato a concludersi con il suo riconoscimento”.
“Inoltre, - aggiunge – non è risolta la problematica della falsificazione di atti e documenti nel procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis, anche se il Ministero, con circolare del direttore centrale n. 4 del 20 gennaio 2009, sollecitata dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, inviata ai prefetti e ai commissari di governo, ha ribadito "la necessità dell'effettuazione di maggiori e più accurati controlli sui documenti presentati a corredo delle pratiche di riconoscimento della cittadinanza italiana"”.
Menia, dunque, chiede al Ministro “se, in materia di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis, sia stato messo a conoscenza dagli uffici che permangono criticità discendenti anche dal contenuto delle disposizioni delle circolari citate; se ritenga opportuno verificare se sussistano disposizioni che possano essere strumentalmente utilizzate a determinare un inopportuno e incontrollato riconoscimento della cittadinanza italiana e conseguentemente un suo svilimento” e, infine, “con riferimento alla problematica della falsificazione di atti e documenti nel procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana, oltre alla mera verifica dell'apostille e ad altri controlli formali, quali ulteriori strumenti ritenga che possano essere utilizzati dagli ufficiali di stato civile atteso che non risulta agevole per i Comuni rilevare casi di falsificazione con riguardo al contenuto di tali atti”. (aise)