“La Favola di Atalanta. Guido Reni e i poeti” alla Pinacoteca Nazionale di Bologna
BOLOGNA\ aise\ - Una mostra unica in cui le opere di Guido Reni, Artemisia Gentileschi, Lavinia Fontana, Agostino e Ludovico Carracci sono poste in dialogo con dipinti, incisioni e volumi a stampa che evidenziano il rapporto tra i maestri della pittura bolognesi e i letterati dell’epoca. È “La favola di Atalanta. Guido Reni e i poeti” che si è aperta il 16 novembre presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna. Curata da Giulia Iseppi, Raffaella Morselli e Maria Luisa Pacelli, la mostra sarà allestita sino al 16 febbraio 2025 negli spazi del Salone degli Incamminati.
L’esposizione si inserisce nel quadro degli studi su Guido Reni, a cui sono state dedicate le recenti rassegne allo Städel Museum di Francoforte, alla Galleria Borghese di Roma e al Museo del Prado di Madrid, che hanno restituito una nuova prospettiva sulla figura del maestro del Seicento bolognese.
Le opere di Reni alla Pinacoteca di Bologna dialogano con dipinti, incisioni e volumi a stampa che intendono mettere l’accento sullo stretto rapporto tra i maestri della pittura felsinea e i letterati dell’epoca, i quali con i loro versi resero iconiche le opere di artisti come Guido Reni, Artemisia Gentileschi, Lavinia Fontana, Agostino e Ludovico Carracci. Esemplare in tal senso è la Strage degli Innocenti, capolavoro di Guido Reni conservato presso la Pinacoteca di Bologna, cui Giovan Battista Marino dedicò, nella Galeria del 1620, una descrizione poetica destinata a suggellarne la fortuna già presso i suoi contemporanei.
La mostra si pone come obiettivo non solo la restituzione della lettura d’insieme di un fenomeno culturale importante per la storia della città, ma anche la diffusione dei risultati degli studi recenti sull’argomento; senza trascurare la valorizzazione della collezione della Pinacoteca, simbolo indiscusso della ricchezza del patrimonio artistico locale.
“Con questa mostra prosegue il lavoro di ricerca e valorizzazione della Pinacoteca sul proprio patrimonio, iniziato con l’esposizione su Canova e le origini del museo, proseguito con l’esposizione sul Rinascimento bolognese e con quella su Guercino e il suo atelier”, ha dichiarato Maria Luisa Pacelli, fino al 31 ottobre scoirso direttrice della Pinacoteca Nazionale di Bologna. ”Anche in questo caso lo sviluppo del progetto espositivo è stata l’occasione per una riflessione sul percorso del museo dedicato alle opere di Guido a quelle dei suoi contemporanei, tanto che dopo l’evento è in programma il riallestimento di questa sezione della Pinacoteca. Al di là degli obiettivi di prospettiva, dopo le rassegne recentemente dedicate a Guido Reni da grandi musei italiani ed esteri, l’importanza di questa mostra sta nel ripercorrere e aggiornare un tema cruciale per comprendere il pittore e la sua fama e, più in generale, per fare luce sulle dinamiche che concorsero alla grande stagione artistica bolognese tra la fine del Cinque e l’inizio del Seicento”.
LA MOSTRA
Il fulcro dell’esposizione è riservato alle due versioni del dipinto raffigurante Atalanta e Ippomene di Guido Reni, quella di Capodimonte a Napoli e quella del Prado di Madrid. Si tratta di un soggetto tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, la cui creazione riflette appieno lo stretto rapporto fra l’artista e i letterati illustri del suo tempo. La mostra costituisce un’occasione unica per approfondire lo studio di questo importante binomio di tele, alla luce delle ricerche promosse dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna in collaborazione con esperti e specialisti della materia. Oltre agli esemplari in mostra, capolavori assoluti nella produzione dell’artista, nel corso dell’esposizione vengono indagate altre versioni recentemente rinvenute, nell’ambito di una giornata di studi dedicata.
Nel percorso della rassegna, le opere dei protagonisti della scena artistica bolognese fra Cinque e Seicento – da Ludovico e Agostino Carracci a Guido Reni a Lavinia Fontana e Artemisia Gentileschi – sono messe in dialogo con la produzione di poeti come Andrea Barbazza, Cesare Rinaldi e Giovan Battista Marino, che dei primi furono contemporanei e amici. Si vede così emergere la rete di rapporti, amicizie, scambi che caratterizzò il vivace contesto artistico-culturale e che trovò il suo centro nelle accademie bolognesi dell’epoca, prima fra tutte quella dei Gelati, come emerge con chiarezza anche da importanti novità documentarie presentate in questa sede.
La mostra permette di gettare nuova luce su opere di straordinaria qualità e importanza, fra cui la Giuditta con la testa di Oloferne di Lavinia Fontana in prestito dalla Fondazione Davia Bargellini di Bologna e la Iole di Ludovico Carracci dalla Fondazione Manodori di Reggio Emilia.
Il racconto del rapporto fra pittura e poesia nella Bologna seicentesca prende corpo in differenti modalità. Vengono presentate opere d’arte che esercitarono un particolare fascino sugli scrittori, sia in quanto dedicatarie di componimenti e antologie liriche sia come oggetto di vero e proprio interesse collezionistico per le raccolte personali degli autori, come il Ritratto di Cesare Rinaldi nel suo studio di Agostino Carracci e il Ritratto di cavaliere dell’ordine dei santi Maurizio e Lazzaro di Artemisia Gentileschi. La messa a fuoco dei caratteri del collezionismo dei poeti felsinei tra Cinque e Seicento permette in questo modo di offrire al pubblico un affresco di prospettive inedite sulle principali vie di lettura della cultura di Bologna all’aprirsi del Barocco.
Trovano infine spazio opere di pittori che si cimentarono anche nella scrittura poetica, come Lionello Spada, autore della Giuditta con la testa di Oloferne, o attivi nelle accademie, come Giovan Giacomo Sementi di cui in mostra sarà esposto l’Amor vincit omnia.
Accanto ad alcuni dipinti sono collocati dispositivi di diffusione audio che consentiranno l’ascolto di quei versi che nel Seicento risuonarono alle orecchie dei tanti ammiratori delle più importanti pitture esposte in mostra. (aise)