Mattarella: nell’epoca delle “policrisi” è indispensabile una “poli-diplomazia”

ROMA\ aise\ - “Alcuni commentatori sostengono che quelli attuali non siano tempi facili e siano perfino inadatti per la diplomazia e, dunque, per quanti la esercitano per vocazione e professione. Sono in errore. È esattamente in tempi difficili che la diplomazia si trova a dispiegare una delle sue caratteristiche più preziose: la ricerca di percorsi per uscirne e di spazi di dialogo”. Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenuto questa mattina alla Farnesina all’apertura della XVIII Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori d’Italia che fino a giovedì riunirà, tra Roma e Milano, oltre 150 capi missione italiani. Professionisti, ha aggiunto il Presidente, che “assicurano la presenza del nostro Paese in ogni parte del mondo” e che non sono “meri portaordini nel contesto internazionale”, ma diplomatici “capaci di elaborare soluzioni e alternative sulla base delle scelte assunte dalle nostre libere istituzioni”.
“Importanti traguardi, conseguiti dalla comunità internazionale a partire dalla seconda metà del secolo scorso, sono il risultato di un impegno di grande efficacia della cooperazione tra gli Stati, agevolato dalle istituzioni multilaterali, a cominciare dall’ONU, e dalla prassi diplomatica”, ha ricordato Mattarella, prima di definire “imprevedibile – e, per qualche aspetto, sorprendente” l’attuale scenario internazionale caratterizzato da “molteplici crisi che si sovrappongono l’un l’altra e si alimentano a vicenda”. Una “complessità” definita da “nuove locuzioni” tra cui “policrisi”.
L’elenco è lungo: dalla Russia - “permane l’aggressione russa ai danni dell’Ucraina, con vittime e immani distruzioni, e con l’aberrante intendimento, malgrado gli sforzi negoziali in atto, di infrangere il principio del rifiuto di ridefinire con la forza gli equilibri e i confini in Europa. Azione ritenuta irresponsabile e inammissibile già oltre cinquanta anni addietro alla Conferenza di Helsinki sulla Cooperazione e la Sicurezza nel continente” – al Medio Oriente – “la tragedia di Gaza, con il suo carico di sofferenza civile e il persistente alto rischio di escalation, continua a esporre il Medio Oriente a nuove lacerazioni: il raggiungimento del cessate-il-fuoco, per quanto fragile, richiede il fermo sostegno di tutta la Comunità internazionale”.
E poi Sahel e Corno d’Africa, dove “le instabilità politiche e i conflitti settari si sommano alle crisi ambientali, alla povertà estrema, alle migrazioni forzate”; le “zone più sensibili dell’Asia orientale” dove “la competizione tra potenze si traduce in un incremento delle frizioni e, talvolta, in un incremento di una pericolosa retorica bellicista”.
E ancora: “tensioni si vanno accentuando anche in America Latina e nei Caraibi, da ultimo con il riaffacciarsi di una sorta di riedizione della cosiddetta “dottrina” di James Monroe, la cui presidenza si è conclusa esattamente due secoli fa. Ovunque, le conseguenze di fenomeni globali, dal cambiamento climatico alle disuguaglianze economiche, alle crisi energetiche, si sommano al riaffiorare di radicalismi ed estremismi che rendono, talvolta, difficili le pacifiche convivenze negli stessi Stati e fra gli Stati”.
Una convivenza resa più difficile anche da “pericolose attività di disinformazione” che “tendono ad accreditare una presunta vulnerabilità delle opinioni pubbliche dei Paesi democratici. Cercano di affermarsi inediti ma opachi centri di potere, di fatto sottratti alla capacità normativa e giurisdizionale degli Stati sovrani e degli organismi sovranazionali. Centri di potere dotati di vaste capacità di influenza sui cittadini e, con esse, sulle scelte politiche, tanto sul piano interno ai singoli Stati quanto su quello internazionale. Ne viene interpellata anche la diplomazia, - ha osservato il Presidente – chiamata, assieme alle altre articolazioni dello Stato, a concorrere, nel nostro Paese, alla salvaguardia del sistema di libertà e democrazia della Repubblica”.
Come fatto durante l’incontro con gli ambasciatori esteri accreditati in Italia la settimana scorsa, anche oggi Mattarella ha ribadito il ruolo centrale del multilateralismo e dell’Unione Europea.
“Appare, a dir poco, singolare che, mentre si affacciano, in ambito internazionale, esperienze dirette a unire Stati e a coordinarne le aspirazioni e le attività, si assista a una disordinata e ingiustificata aggressione nei confronti della Unione Europea, alterando la verità e presentandola anziché come una delle esperienze storiche di successo per la democrazia e per i diritti dei popoli, sviluppatasi anche con la condivisione e con l’apprezzamento dell’intero Occidente, come una organizzazione oppressiva, se non addirittura nemica della libertà”, ha osservato il Capo dello Stato.
L’Europa, ha ricordato, “ha conosciuto nel Novecento l’abisso di un sistema internazionale che smarriva la via della ragione. Le guerre del Novecento non sono soltanto un capitolo della storia, dei suoi libri: ci ammoniscono circa le conseguenze del predominio della forza sulla ragione, dell’arbitrio sulla norma, della paura sulla lungimiranza. Assistiamo oggi alla pretesa di imporre punizioni contro giudici delle Corti internazionali per le loro funzioni di istruire denunce contro crimini di guerra, a difesa dei diritti umani, in definitiva a difesa dei popoli del mondo: sono pretese di un mondo volto pericolosamente indietro, al peggiore passato. Un mondo che si presenta rovesciato e contraddittorio con condanne alla carcerazione di componenti le Corti internazionali ad opera di un Paese promotore, e con suoi giudici protagonisti, del processo di Norimberga”.
“Ottanta anni fa, la fine della Seconda guerra mondiale e la nascita delle Nazioni Unite segnarono un passaggio fondamentale: la consapevolezza che la pace non è soltanto l’assenza di conflitti, ma un’architettura politica complessa, giuridica, morale che va realizzata giorno per giorno. E che richiede impegno - impegno quotidiano - da parte degli Stati e, al loro interno, da comunità che alimentino questa prospettiva. La “ricerca della pace nella sicurezza” - come ammoniva un illustre inquilino di questo palazzo, Aldo Moro - ponendone a fondamento non solo i calcoli strategici e gli equilibri di potenza, ma anche l’aspirazione al superamento dei divari economici ed educativi, la cooperazione, l’interdipendenza tra i popoli”.
La Repubblica “fin dalle sue origini, ha manifestato acuta consapevolezza del valore del dialogo internazionale come via privilegiata per affermare il suo ruolo nel mondo. Questa scelta non discese soltanto da un’ispirazione riflessa nella nostra Costituzione, ma risponde, oggi come allora, a un ragionamento puntuale circa il modo migliore di tutelare i nostri interessi nazionali”, ha aggiunto Mattarella sostenendo che “alcuni dei risultati raggiunti nel dopoguerra dalla diplomazia, tanto quella multilaterale quanto quella bilaterale, sono stati straordinari” e che “oggi, forse ancor più che nel recente passato, è indispensabile disporre di una diplomazia, competente e ben formata, capace di comprendere e gestire questa complessità, muovendosi con equilibrio”.
Una diplomazia “che sia in grado di sviluppare iniziative che colmino il preoccupante deficit di fiducia reciproca tra gli Stati che si va accumulando in seno alla Comunità internazionale; che sappia rivolgersi a tutti gli attori di una crisi, affermando i principi irrinunciabili della legalità internazionale”.
“Neanche il piano economico e commerciale è esente da tensioni, con la diffusione di politiche e strumenti che puntano a rafforzare artificiosamente il proprio Paese a scapito degli altri”, ha detto ancora il Presidente. “La nostra economia è legata ai flussi globali; la nostra società è aperta al mondo; la nostra evoluzione politica ha tratto beneficio dalla costruzione europea, dalle istituzioni multilaterali, dalla cooperazione. È evidente che è in atto un’operazione, diretta contro il campo occidentale, che vorrebbe allontanare le democrazie dai propri valori, separando i destini delle diverse nazioni. Non è possibile distrarsi e non sono consentiti errori”.
La diplomazia “è decisiva per la proiezione esterna dell’Italia, per la sua posizione nell’Europa integrata e nel mondo, e non soltanto per questi obiettivi. Lo è perché il nostro Paese ha sempre saputo gestire in modo efficace il soft power di cui è portatore”.
“Nell’epoca delle “policrisi” è indispensabile una “poli-diplomazia”. Immagino che a questa pressante esigenza di adattamento – ha proseguito – voglia corrispondere la recente riforma della Farnesina, che - come il Ministro Tajani ha ricordato - punta a rivolgersi all’intera gamma degli interessi nazionali da promuovere con una visione integrata. L’opera silenziosa di tessitura della diplomazia, che sempre più, in questa epoca, connette Stati e comunità, può e credo debba - nelle sue espressioni più alte - contribuire a promuovere concordia nella convivenza tra i popoli, giustizia internazionale nei confronti di chi aggredisce e opprime, collaborazione per il bene comune. Sono, questi, - ha concluso – fondamenti della nostra Repubblica”. (aise)