Papa Francesco: israeliani e palestinesi hanno bisogno di chiari segni di speranza

ROMA\ aise\ - “Sia gli israeliani che i palestinesi hanno bisogno di chiari segni di speranza”. Così Papa Francesco che ha accolto con entusiasmo l’entrata in vigore, ieri, proprio mentre recitava l’Angelus in piazza San Pietro, del cessate il fuoco a Gaza, annunciato nei giorni scorsi.
Bergoglio ha espresso “gratitudine a tutti i mediatori. È un bel lavoro questo di mediare perché si faccia la pace”, ha detto, ringraziando “anche tutte le parti coinvolte in questo importante risultato”. L’auspicio è che ora “quanto è stato concordato venga rispettato subito dalle parti” e “tutti gli ostaggi possano tornare finalmente a casa e riabbracciare i loro cari. Prego tanto per loro e per le loro famiglie. Spero pure”, ha aggiunto il Papa, “che gli aiuti umanitari raggiungano ancora più velocemente e in grande quantità la popolazione di Gaza, che ne ha tanta urgenza”.
Francesco ha espresso poi l’auspicio che le autorità politiche di entrambi i Paesi, “con l’aiuto della comunità internazionale, possano raggiungere la giusta soluzione per i due Stati. Tutti possano dire: sì al dialogo, sì alla riconciliazione, sì alla pace. E preghiamo per questo: per il dialogo, la riconciliazione e la pace”.
Sempre in tema di speranza, Bergoglio ha commentato l’annuncio qualche giorno fa della “liberazione di un gruppo di detenuti dalle carceri cubane. Si tratta di un gesto di grande speranza che concretizza una delle intenzioni di questo anno giubilare”. L’augurio del Santo Padre è che “nei prossimi mesi si continui a intraprendere, nelle diverse parti del mondo, iniziative di questo genere, che infondano fiducia al cammino delle persone e dei popoli”.
E di speranza si è parlato anche durante la recita dell’Angelus, come ha spiegato Francesco a fedeli e pellegrini raccolti in piazza San Pietro.
“Il Vangelo della liturgia di oggi (Gv 2,1-11) ci narra il primo segno di Gesù, quando trasforma l’acqua in vino durante una festa di nozze a Cana di Galilea. Si tratta di un racconto che anticipa e sintetizza tutta la missione di Gesù: nel giorno della venuta del Messia – così dicevano i profeti – il Signore preparerà “un banchetto di vini eccellenti” (Is 25,6) e “i monti stilleranno il vino nuovo” (Am 9,13); Gesù è lo Sposo che porta il “vino nuovo”. In questo Vangelo possiamo trovare due cose”, ha detto Bergoglio: “la mancanza e la sovrabbondanza. Da una parte, il vino viene a mancare e Maria dice a Suo Figlio: “Non hanno vino” (v. 3); dall’altra parte, Gesù interviene facendo riempire sei grandi anfore e, alla fine, il vino è così abbondante e squisito che il maestro del banchetto domanda allo sposo perché lo ha conservato fino alla fine (v. 10). Dunque, il segno nostro è sempre la mancanza, ma sempre “il segno di Dio è la sovrabbondanza” e la sovrabbondanza di Cana ne è il segno (cfr Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, vol. I, 294). Alla mancanza dell’uomo come risponde Dio? Con la sovrabbondanza (cfr Rm 5,20). Dio non è tirchio! Quando dà, dà tanto. Non ti dà un pezzettino, ti dà tanto. Alle nostre mancanze, il Signore risponde con la sua sovrabbondanza”.
“Nel banchetto della nostra vita, possiamo dire, a volte ci accorgiamo che il vino viene a mancare: che ci mancano le forze e tante cose”, ha proseguito il Papa. “Succede quando le preoccupazioni che ci affliggono, le paure che ci assalgono o le forze dirompenti del male ci tolgono il gusto della vita, l’ebbrezza della gioia e il sapore della speranza. Stiamo attenti: dinanzi a questa mancanza, quando il Signore dà, dà la sovrabbondanza. Sembra una contraddizione: più in noi c’è mancanza, più c’è la sovrabbondanza del Signore. Perché il Signore vuole fare la festa con noi, una festa che non avrà fine”, ha concluso. (p. di dionisio\aise)