Plenaria Cgie/ Lingua e cultura italiana fra problemi e difficoltà

ROMA\ aise\ - Un pomeriggio di confronto accesso quello che ha riguardato la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo andato in scena nella sessione pomeridiana dell'Assemblea Plenaria del Cgie, in corso alla Farnesina fino a domani. Fulcro della discussione, i fondi e le risorse agli enti gestori dei corsi di italiano. Sull'argomento, ospite dell’Assemblea, è intervenuto il Vice Direttore Generale/Direttore Centrale per la promozione della cultura e della lingua italiana della Farnesina, Filippo La Rosa, che per prima cosa ha voluto dare il suo caloroso benvenuto alla neo segretaria Maria Chiara Prodi per poi passare a spiegare le attività della DGDPC, ribadendo  che "il nostro è un target mondiale" e confrontandosi con i vari membri del Cgie. La DGDPC, secondo le parole di La Rosa, sta infatti cercando di costruire un soft Power “molto importante” attraverso la lingua e la cultura italiane nel mondo ma maggiormente orientata verso tutti, non solo verso le tante e diverse comunità italiane. Mentre l'opinione piuttosto diffusa tra i consiglieri del Cgie è quella che vorrebbe più agilità, specialmente, burocratica e un’erogazione dei fondi più rapida con tempistiche precise per gli enti gestori, che sono quelli che applicano il “mantenimento e la promozione” della lingua e della cultura italiane nelle comunità di connazionali all'estero.
"Siamo fortemente impegnati ad estendere il nostro pubblico - ha invece spiegato La Rosa -, scuole, dipartimenti di italianistica e attività che ruotano attorno alle missioni archeologiche che abbiamo nel mondo, che portano lustro al nostro Paese, così come le attività in ambito UNESCO. Oltre a questo c'è un attività che è quella della diffusione della nostra lingua". E per farlo, La Rosa ha portato l'esempio dei libri, un'industria che occupa 1,5 milioni di persone in Italia e che vale 6 punti percentuali del PIL italiano, più dell’audiovisivo. I libri rappresentano infatti un esempio di quegli strumenti che "dovrebbe accomunarci tutti nello sforzo". Questo perché "il nucleo centrale della vostra attività non è una monade, ma si inserisce in una rete più ampia che tocca tutti questi settori".
Ma secondo La Rosa, "esiste in alcuni di voi una contraddizione tra scuole e corsi”. Secondo il rappresentante della DGDPC, “le scuole, dove le abbiamo, sono un grande elemento di avvicinamento alla nostra cultura perché creano legami solidi, quasi indissolubili. In questo contesto c'è l'insegnamento dell'italiano. Ma sappiamo che il nostro pubblico è eterogeneo. Dobbiamo pensare a prodotti culturali che funzionano in Corea, a Buenos Aires, a Colonia e a Lima. Ed è difficile, non può funzionare. È un lavoro che facciamo fatica a fare, dobbiamo impegnarci per capire cosa funziona meglio per quel paese e ponderare un'offerta che soddisfi i pubblici locali ma che non lasci indietro linguaggi che interessano altri. Per farlo serviamo tutti, congiuntamente, co-producendo le cose e co-organizzando le cose. Non dobbiamo lottare per le molliche, ma allargare la torta”. Anche per questo, secondo La Rosa, “è ora di rimettere mano ai piani paese. Non lo abbiamo fatto in precedenza perché volevamo avere prima l'attenzione del pubblico” in modo da “poter misurare l'efficacia delle azioni che facciamo e la rendita in termini di ritorno di immagine di ogni euro che mettiamo nel circuito".
È stato proprio questo uno dei motivi di attrito con l’Assemblea, il "pubblico" di riferimento per promuovere lingua e cultura italiane. Il primo del Cgie a prendere parola è stato il consigliere e membro del CdP, Tommaso Conte, che ha detto senza mezzi termini: "dobbiamo dire la verità, lei conosce il mondo degli italiani all’estero e per questo vogliamo chiedervi del mantenimento dell'italianità dei bambini italiani all’estero, non di altri bambini in altri posti del mondo. Non vi chiediamo di levare soldi alla scuola per darli agli enti gestori, ma noi non parliamo di diffusione di italiano, noi parliamo dell'italiano per gli italiani all'estero. Nulla contro i bambini coreani che vogliono imparare l'italiano, sono tutti bambini e ben vengano. Voi siete alla ricerca di un pubblico nuovo, però a farne le spese, in questo senso, le fanno i bambini italiani nel mondo”. Bambini italiani che Conte non ha esitato a definire “vittime della diminuzione degli enti gestori e dei pochi finanziamenti a loro dedicati. Vi do atto che avete un pubblico mondiale e che continua la diffusione, ma il mantenimento dell'italianità nella collettività è un'altra cosa. A livello politico – ha concluso il membro del CdP del Cgie - è una sconfitta per tutti noi".
Anche per il consigliere Giangi Cretti il problema reale riguarda gli enti gestori e il rischio che lentamente spariscano: "i corsi di lingua e cultura sembrano essere sempre gli elementi deboli della filiera. Capisco la capacità di conquistare nuovi pubblici, però oggi i corsi sono in emergenza, soprattutto dal punto di vista amministrativo. E capisco anche la sua voglia di cercare il ritorno di immagine, ma se questo discorso lo mettiamo in mezzo alla diffusione di lingua e cultura, l'impressione è sempre la stessa, ossia che la scelta è quella di privatizzare i corsi". "A questo punto" ha concluso con una proposta, "meglio fare una riflessione seria sui requisiti per dare maggiore chiarezza agli enti gestori".
In seguito, ha preso parola il consigliere Roger Nesti, secondo il quale "non c'è contrapposizione tra scuola e corsi, ma dobbiamo sottolineare il valore delle comunità italiane all'estero, che è una galassia che comprende tanti pubblici. Quello delle comunità è un pubblico che coinvolge, che rafforza il legame, che diventa quello che spende nel made in Italy e nel turismo nostrano. Le nostre collettività sono un pubblico centrale e per questo sono importanti le strutture. Siamo contenti che aumentino le iniziative, ma questo significa che dobbiamo aumentare le risorse del capitolo. E per farlo bisogna avere delle garanzie e rimettere mano al decreto applicativo”.
E intervenuto poi anche Toni Ricciardi, deputato del Pd eletto in Europa nonché consigliere Cgie, secondo il quale c’è un tema di fondo riassumibile in due domande che ha direttamente rivolto a La Rosa: “in un Paese governato da circolari, fai prima a cambiare le circolari piuttosto che l'impianto normativo. Possiamo intervenire sulle circolari? Esiste la possibilità di una misura tecnico-burocratica diversa?”.
Dopo di lui, ha preso parola il Consigliere Francesco Papandrea che ha spiegato al rappresentante della DGDPC il persistere dei problemi in Australia, per lo più legati alle tempistiche (le scuole iniziano a gennaio a differenze di quanto succede in Europa). Secondo quanto detto da Papandrea, “tutti gli enti hanno presentato la rendicontazione ma nessuno ha ricevuto la proposta di contributo”. Per questo, il consigliere per l’Australia ha esortato a una “sincronizzazione maggiore”. Diverso continente ma alcuni dei problemi simili sono stati esposti poi dal consigliere per il Cile, Nello Gargiulo, che si è lamentato del "pasticcio amministrativo" che spesso scombussola le tempistiche e che non fa partire i progetti degli enti. Ma da rivedere per lui ci sono anche le attività programmatiche: "una parte dei fondi dovrebbe andare sulle iniziative 4". E inoltre bisogna puntare anche alla qualità, e per questo ha proposto che gli enti "facciano una relazione".
Più drastico è stato il consigliere per la Francia Salvatore Tabone che ha definito “drammatica” la situazione degli enti gestori, spiegando: “la nuova percentuale sarà la fine degli enti gestori che per lo più sono volontari. Hanno bisogno del nostro e del vostro sostegno. Ed è necessario cercare di aumentare le percentuali”. Secondo lui, in conclusione, “gli enti virtuosi non possono aspettare che tutti gli enti dal mondo presentino le domande”.
Il Consigliere e membro del CdP di nomina governativa, Gianluca Lodetti, si è detto invece “lieto delle attività che porta avanti la DGDPC per la promozione internazionale dell’Italiano. È una strategia giusta – ha sottolineato -, proprio per il fatto che intende lingua cultura in una funzione diplomatica”. Ma, ha aggiunto, “dall'altra parte abbiamo un problema di tutte le nostre comunità che vogliono mantenere il legame. E se questo legame fa parte della strategia, ci dobbiamo avvalere di un sistema radicato fatto di enti gestori. E questi enti gestori li dobbiamo seguire come l'oro”. Lodetti ha dunque ipotizzato l’avvio di un “tavolo permanente” sulla questione che darebbe priorità all’argomento.
Infine, prima della replica di La Rosa, è intervenuta anche la consigliera Lidia Campanale, presidente della Commissione IV - Lingua e Cultura, che in precedenza aveva anche letto la sua relazione: “è un tema che unisce tutti ed è molto sentito. A differenza della cittadinanza, l’identità culturale va costruita con gli strumenti che noi dobbiamo fornire alle nostre comunità. I progetti sono uno dei modi ma l’educazione e la continuità di quella educazione è quello che dà il fondamento del pubblico mondiale. Io sono un’insegnante e so quanto è difficile attirare il pubblico, così come so che il vostro ruolo è difficilissimo ma non deve andare a scapito dell’attività culturale, sennò il pubblico non ci sarà mai”.
A chiudere, ha ripreso parola il Ministro La Rosa per la sua replica: “avete messo tanti elementi sul tavolo. Amministrativamente noi dobbiamo andare a regime, sennò parliamo del niente. L'attività che facciamo a tutela degli enti gestori e dei loro fondi nei confronti di organi di controllo è continua, senza la quale finirebbe lo strumento”. Per far capire meglio la dimensione, La Rosa ha spiegato che la DGDPC a occuparsi di UNESCO c’è 1 persona, mentre ce ne sono 20 a occuparsi della questione enti gestori, ossia il 70% delle risorse della DGDPC si occupa di enti gestori. “Non pensate di essere l'ultima ruota del carro – ha assicurato La Rosa -. È sbagliato questo pensiero. Poi è chiaro che ci dobbiamo domandare insieme se portare modifiche a uno strumento pensato per gli anni '70 e a quel tipo di emigrati molto diverso rispetto ad oggi”. È per questo che, secondo La Rosa, “è normale che l'operatività immediatamente crea difficoltà, ma vi assicuro che non significa che non ci interessi. I corsi devono migliorare, ma anche le attività degli enti gestori devono farlo. Ci sono difficoltà oggettive, il calendario in primis, ma anche altri. La adattabilità della spesa non è scontata, né facile. Da parte nostra non c'è disinteresse o noncuranza. Siete uno strumento importante. Noi spendiamo 11,8 milioni di euro per gli enti gestori, mentre per le scuole all'estero 3. Siamo sommersi. Voi vedete solo la punta dell'iceberg, sotto c'è un'attività amministrativa enorme”. E infine, prima di chiudere e rimandare a dialoghi approfonditi nel prossimo periodo, ha chiesto “andiamo a regime sulle quote e poi tiriamo le somme. Se torniamo indietro, poi ve la tenete come è”.
Quest’ultima frase ha scatenato una reazione imponente dell’Assemblea, che prima con il Consigliere Giuseppe Scigliano ha detto: “ci state dicendo che dobbiamo dimenticare l'italiano mentre è a voi che servono pedagogisti che conoscano il mondo dell’emigrazione”. Poi Ricciardi secondo il quale dire “fatela arrivare a regime” “significa fare fallire gli enti gestori. Spingiamo sulla professionalità, ma voi avete l’obbligo di stabilire cosa prevede il futuro”.
Prima di concludere la sessione, il vicedirettore La Rosa ha voluto chiosare con “non vogliamo fare morire nessuno”, mentre la Segretaria Generale Prodi ha spiegato all’Assemblea di avere appreso della disponibilità di La Rosa a parlare dei prossimi incontri operativi.
Per concludere il pomeriggio, infine, si è tenuta la votazione sulla bozza (ispirata con alcuni correttivi a una proposta bipartisan del 2017) della riforma dei Comites, realizzata dalla Commissione III - Diritti Civili, Politici e Partecipazione, presieduta da Filippo Ciavaglia, che è stata approvata con 31 voti favorevoli, 6 contrari e 2 astenuti. (l.m.\aise)