“We are the flood”: il progetto di Stefano Cagol fa tappa in Groenlandia
COPENAGHEN\ aise\ - L’arte contemporanea italiana sbarca all’Ilulissat Art Museum in Groenlandia, che dal 17 al 20 marzo presenterà “We Are the Flood” dell’artista italiano Stefano Cagol, progetto che coinvolge altre cinque istituzioni internazionali di Italia, Egitto, Malesia e Kyrgyzstan e parte dall’idea di diluvio, che attraversa il tempo e le culture.
La massa, che tutto travolge, evoca un grande sconvolgimento dello stato delle cose e il soggetto alla prima persona plurale rimanda all’impatto dirompente dell’aumento esponenziale della popolazione umana, ma, allo stesso tempo, il diluvio lascia aperta una possibilità di rinascita. Traendo avvio da queste metafore dell’oggi, Stefano Cagol ha avviato un processo di ricerca che, com’è proprio del suo metodo, si sviluppa in più luoghi e attraverso più modalità, momenti corali e solitari, opere installative, performance e video.
In Groenlandia, Cagol si confronterà con l’elemento del ghiaccio, dopo il suo “The Ice Monolith” alla Biennale di Venezia (2013) e dopo aver innescato riflessioni sull’innalzamento dei mari a partire dalla sparizione dei ghiacciai delle Alpi. “Ho già avuto diverse esperienze artiche, ma mai in Groenlandia e mai con gli iceberg. Trovo interessante il loro essere, di nome e di fatto, montagne ma per loro natura esposte a dissolvimento, imponenti ma tanto fragili ed effimere”, afferma l’artista. “Gli iceberg, testimoni fantastici ed eccezionali tra mutamenti e crisi climatica, sono trascinati nel diluvio che noi, non maligne divinità altre, abbiamo innescato. Nato tra le cime rocciose delle Alpi, sono diretto spettatore della sparizione di quelli che mio padre chiamava ghiacci eterni, i ghiacciai alpini. I ghiacci, polari e alpini, sono riserva d’acqua, rappresentano il futuro del Pianeta. A Ilulissat dialogherò con gli iceberg”.
In collaborazione con l’Ilulissat Art Museum, durante la sua permanenza presso la cittadina, Stefano Cagol pianifica la realizzazione di nuove performance nel paesaggio che diventeranno quindi video. Non si limiterà a osservare quello che vedrà, ma innescherà un confronto/dialogo in rituali tra simbiosi e antagonismo, “maneggiando” gli elementi della natura, il fuoco e il vento, esorcizzando l’atteggiamento di predominio dell’essere umano contemporaneo. “A Ilulissat”, spiega Cagol, “cercherò il contatto e confronto nell’ambiente in totale solitudine, dialogando con gli elementi e il loro muoversi, cambiare, fluire, ricordando che fissare linee e mappe in origine era estraneo alla tradizione autoctona. Questo è un grande insegnamento che ci dà la cultura Inuit: tracciare confini è legato all’idea di possedere e sfruttare quanto ci circonda, invece di esserne parte. Opererò catturando momenti tra fattualità scientifiche, decodificazione artistica, mito e spiritualità”.
Questo è quello che Stefano Cagol creerà a Ilulissat, mentre le opere video che mostrerà al pubblico negli spazi dell’Ilulissat Art Museum dal 17 al 20 marzo arrivano da lontano, anzi, possiamo dire, dagli antipodi: dall’Egitto e dalla Malesia. Le precedenti tappe del progetto hanno, infatti, portato l’artista nel deserto del Cairo e nella giungla del Perak, in luoghi simbolici della natura e del nostro rapporto con essa. Sono scenari opposti tra loro, anche per quanto riguarda i colori, quello della sabbia del deserto e il verde lussureggiante della foresta tropicale. Eppure un sottile denominatore comune può legarli: l’idea di tempo, effimero nel caso dei ghiacci, altre volte lungo. In Malesia, Cagol ha fronteggiato le foreste tra le più antiche della Terra, le eredità visive rupestri tra le prime della nostra civiltà e il “molto prima di noi” rappresentato da animali come primati e sauri, rettili viventi tra i più grandi del pianeta. In Egitto il faccia a faccia è stato con antiche icone antropiche, come le grandi piramidi di Giza e la Cittadella del Saladino al Cairo. Nella capitale egiziana, oltre a portare a termine una serie di performance in solitaria, non autorizzate e alquanto azzardate, che sono divenute capitoli video, Stefano Cagol ha preso parte alla 3a OFF Biennale Cairo Something Else, curando un padiglione collettivo con una decina di artisti provenienti dalle diverse nazioni toccate dal suo progetto, tra cui la groenlandese Lisbeth Karline Poulsen.
Dopo la Groenlandia, Stefano Cagol proseguirà il suo progetto nelle steppe centrasiatiche del Kirghizistan.
Il progetto “We Are the Flood” di Stefano Cagol è realizzato grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito di Italian Council (12a edizione, 2023), il programma di promozione internazionale dell’arte contemporanea italiana.
Il capitolo del progetto a Ilulissat, a cura di Andreas Hoffmann, gode del supporto e patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen.
Ente proponente è il Comune di Lissone, gestore del MAC Museo d’Arte Contemporanea Lissone. Partner culturale e co-finanziatore è il MUSE – Museo delle Scienze di Trento. Partner di progetto sono diverse istituzioni internazionali: Ilulissat Art Museum / Arctic Culture Lab, Ilulissat, Groenlandia; Darb 1718, Contemporary Art & Culture Center, Cairo, Egitto; Port – People of Remarkable Talent, Ipoh, Perak, Malesia; B’Art Contemporary, Bishkek, Kirghizistan.
Stefano Cagol (Trento, 1969) è un artista contemporaneo italiano. Ha studiato a Milano all’Accademia di Brera e a Toronto alla Ryerson University, grazie a una borsa di studio post-dottorato del Governo del Canada. Due volte vincitore dell’Italian Council (2023, 2019) del Ministero Italiano della Cultura e di premi come il Visit di E.on Stiftung e il Terna per l’Arte Contemporanea, lavora negli ambiti dell’Arte Concettuale, Arte Ambientale, Eco Art e Land Art, riflettendo da anni sul nostro rapporto con gli altri e con l’ambiente, utilizzando sia elementi naturali che strumenti (super) tecnologici. Ha partecipato a biennali come la 59., 55., 54. Biennale di Venezia; Manifesta 11; 14. Biennale di Curitiba; 3. e 2. OFF Biennale Cairo; 1. Xinjiang Biennale; Barents Art Triennale 2013 e 1. Biennale di Singapore. Gli hanno dedicato mostre personali musei come il MAC Museo di Lissone (2023); CCA Center for Contemporary Art di Tel Aviv (2021); MA*GA Museo di Gallarate (2019); Galleria Civica di Trento (2016); ZKM Karlsruhe (2012) e Mart – Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto (2000).
Ha realizzato performance tra le altre al Kunstmuseum Wolfsburg (2022), Parallel, Vienna (2020–2021), Water Light Festival, Bressanone (2020), ReMap 3, Atene (2011), Pam, Ename-Oudenaarde (2011) e al MARTa Herford Museum a cura di Jean Hoet (2008). Ha tenuto letture e conferenze presso istituzioni come IBSA Foundation for scientific research a Lugano; Bauhaus University a Weimar; Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e Goldsmiths University a Londra.
Le sue opere sono parte di collezioni pubbliche e private, che includono istituzioni museali quali MA*GA di Gallarate; Mart di Rovereto; Museion di Bolzano; Nomas Foundation a Roma; Collezione UniCredit per l’arte; ZKM | Zentrum für Kunst und Medien a Karlsruhe e Ministero dell’Ambiente tedesco. (aise)