Mattarella a Vienna: l’impegno contro la criminalità organizzata è una comune responsabilità morale

VIENNA\ aise\ - L’impegno dell’Italia nella lotta alla criminalità organizzata e l’importanza delle Nazioni Unite sono stati ricordati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo intervento alle celebrazioni per il 25° anniversario della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, adottata a Palermo nel dicembre 2000 e ratificata oggi da 190 Paesi, svolte oggi a Vienna nella sede del Polo delle Nazioni Unite e organizzata dall'Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNODC).
“Desidero richiamare l’attenzione sull’importanza che l’Italia attribuisce a tre anniversari che ricorrono in questo 2025: 80 anni dalla fondazione delle Nazioni Unite; 70 anni dall’accesso dell’Italia all’ONU; 25 anni dalla firma della Convenzione ONU contro la criminalità organizzata transnazionale, la cosiddetta Convenzione di Palermo, che fa parte dei miei ricordi perché ero presente in quell’occasione”, ha esordito Mattarella. “Illustrazione evidente, ove ve ne fosse bisogno, dell’alto valore rappresentato dalla diplomazia multilaterale e dalla costruzione, paziente e ordinata, di istituzioni internazionali chiamate a promuovere il progresso dell’umanità”.
80 anni fa, “la conclusione della Conferenza di San Francisco e l’adozione della Carta delle Nazioni Unite portarono speranza a un mondo che aveva visto per due volte nell’arco della stessa generazione la furia devastatrice delle guerre globali”. Negli anni, “le Nazioni Unite sono state protagoniste di progressi decisivi, dalla decolonizzazione al sostegno allo sviluppo sociale ed economico di miliardi di persone, dagli interventi per il mantenimento della pace alla difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali”.
Oggi, ha rimarcato Mattarella - “l’ONU continua a essere la cornice di riferimento fondamentale per affrontare sfide che travalicano i confini nazionali”, anche se, negli anni, “non sono mancati ostacoli, errori e lacune, in parte riconducibili a carenze strutturali dell’Organizzazione, in parte all’altalenante volontà politica degli stessi Stati Membri a sostenerne pienamente l’azione”.
Citata la riforma UN80 varata dal Segretario Generale Guterres, “un passo nella giusta direzione che, comunque, sollecita a una riflessione più ampia sugli stessi meccanismi decisionali dell’ONU”, Mattarella ha sostenuto che “l’ONU può adempiere al suo mandato di garante della pace internazionale soltanto se gli Stati che ne fanno parte le consentono di farlo”. Tuttavia, “le Nazioni Unite restano, pur con tali limiti, uno strumento straordinario e insostituibile di pace e di stabilità, che sarebbe irresponsabile indebolire”.
“Il quadro geo-politico che abbiamo di fronte”, ha aggiunto, “richiede con tutta evidenza un sostegno attivo dell’ONU, non certamente il suo smantellamento”. Per il Capo dello Stato “non esistono alternative al multilateralismo, a meno che non si ritenga di imboccare la strada dei conflitti permanenti, con un ritorno ad una visione primitiva dei rapporti fra i popoli, i cui esiti sono storicamente e drammaticamente ben noti”.
Mattarella ha quindi ricordato che “nello stesso momento in cui nasceva l’ONU, l’Italia intraprendeva il percorso per dotarsi di una nuova Legge fondamentale, la Costituzione repubblicana del 1948, fondata su valori che coincidono con quelli della Carta di San Francisco e della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. In quel testo i padri Costituenti italiani, con grande lungimiranza, indicavano espressamente la strada per una partecipazione italiana alle organizzazioni internazionali”. Su quelle basi, l’Italia – così come l’Austria – aderì all’Onu nel 1955.
“Da allora l’Italia, con convinzione, si è fatta protagonista di campagne per la promozione di valori universali, ospitando sul suo territorio importanti strutture dell’Onu”.
In questa “visione comune”, ha detto ancora il Presidente, “rientra la Convenzione di Palermo”, che “vide una forte volontà dell’Italia che aveva attraversato momenti di proterva aggressione da parte della criminalità organizzata”. Tra questi gli attentati a Falcone e Borsellino che “avevano inferto alla mafia colpi di grande efficacia e di successo, disvelandone percorsi finanziari, collegamenti, debolezza sociale”.
Gli attentati del 1992 “furono l’atto finale di una mafia tracotante, che si riteneva capace di sfidare lo Stato e ne fu, invece, sconfitta”, ha aggiunto Mattarella, prima di ribadire che “il crimine organizzato può essere vinto a patto che le istituzioni e le varie articolazioni della società si riconoscano nei doveri condivisi di civica responsabilità. È vero nei contesti nazionali ed è vero a livello sovranazionale. Del resto, come si potrebbe pensare o pretendere di combattere in modo diverso e con successo attività criminali transnazionali?”.
Giovanni Falcone, ha ricordato ancora il Capo dello Stato, “intuito l’importanza della cooperazione internazionale come strumento per contrastare la criminalità organizzata: dai traffici illeciti alla movimentazione dei proventi di reato per il loro riutilizzo e riciclaggio. Forte di questa convinzione, Falcone aveva guidato – proprio in questo edificio, come è stato ricordato dalla direttrice poc’anzi - la delegazione italiana alla prima sessione della Commissione ONU per la Prevenzione del Crimine e per la Giustizia Penale, nel 1992, poche settimane prima del suo assassinio. La sua visione venne condivisa e sviluppata, giungendo all’avvio dei lavori per la redazione della Convenzione di Palermo”.
“Oggi, qui, a Vienna, rinnoviamo solennemente il nostro impegno contro la criminalità organizzata. Si tratta – ha evidenziato Mattarella – di una comune responsabilità morale che appartiene alla comunità internazionale nel suo insieme, e deve unirla. La Convenzione di Palermo, con i suoi Protocolli Addizionali, nasce proprio dalla consapevolezza che il fenomeno della criminalità transnazionale, come tutte le altre sfide globali, può essere affrontato soltanto con un largo concorso di forze. Da qui deriva la sua perdurante attualità, a 25 anni dalla sua firma. Attualità che ci interpella severamente, a fronte dei risultati che ha saputo concretamente promuovere con riferimento a quella tensione morale, a quel sentimento del dovere, a quella determinazione che – ha concluso – Giovanni Falcone riconduceva alla stessa dignità della persona”. (aise)