Bellunesi nel mondo/ Italiano? sì, ma il nonno non basta – di Dino Bridda

BELLUNO\ aise\ - “Il legislatore italiano (forse non solo lui…) è famoso per emanare provvedimenti troppo spesso farraginosi, facilmente superabili dai tempi, a volte mancanti di regolamenti applicativi. Tutto ciò crea sovente aspri conflitti tra i soggetti interessati impendendo così un rispetto trasparente dei diritti del cittadino. Di recente un esempio in tal senso riguarda l’applicazione della vigente legge n. 91/1992 per la richiesta di cittadinanza iure sanguinis a favore di discendenti di emigranti italiani residenti in vari Paesi del mondo”. Inizia così l’editoriale con cui il direttore Dino Bridda apre il nuovo numero di “Bellunesi nel mondo”, mensile dell’omonima associazione.
“La si può ottenere in due modalità.
Per procedura giudiziale: sino al 2021 esclusivamente richiesta al Tribunale di Roma. Dal 22 giugno 2022 le domande devono essere indirizzate al Tribunale dotato di Sezioni specializzate in materia di Immigrazione e Cittadinanza e attivo nel territorio in cui è nato l’avo. Pertanto non più al Tribunale di Roma, per i veneti è competente Venezia.
Procedura amministrativa: da Consolato/Ambasciata o Comune italiano con residenza. Per la prima le pratiche debbono essere seguite dall’interessato, per la seconda non è necessaria la sua presenza fisica in Tribunale, basta un avvocato iscritto all’Ordine in Italia che procederà tramite procura (pubblica o privata autenticata), redatta da un notaio e poi tradotta e apostillata: è il caso di cittadini del Brasile.
Sembra tutto alquanto facile, ma non è vero. Lo dimostrano le lamentele di Consolati, Ambasciate, Uffici Anagrafe dei Comuni e Tribunali interessati che si ritrovano sovente con un sovraccarico di domande per il quale la struttura organica di tali Enti non è in grado di rispondere in tempi accettabili.
Così la polemica è scoppiata con pesanti prese di posizione megafonate dagli organi d’informazione. Si è pure arrischiata un conflitto eclatante con i Paesi di emigrazione quasi a livello di incidente diplomatico tra essi e l’Italia. Sia ben chiaro, l’Abm è sempre stata sin dall’inizio fautrice dell’obiettivo contenuto nella legge n. 91/1992, ma aveva avvertito a suo tempo che i presupposti legislativi erano troppo labili e potevano così concedere l’applicazione dello ius sanguinis come paravento di un’italianità tutta da mettere in discussione. Qui sta il punto fondamentale di questo caso legislativo bisognevole di urgente modifica al passo con i tempi.
La soluzione? Un’opportuna modifica che inserisca un esame di lingua e cultura italiana in modo da rendere più seria, motivata e convincente la pratica di cittadinanza. Si arriverebbe così a ridurre, da una parte il carico degli Enti coinvolti, dall’altra il numero di richieste di chi ne usufruirebbe solo per più o meno palesi interessi personali.
In definitiva le nostre comunità potrebbero così “acquistare” nuovi connazionali che dell’italianità vera, e non presunta, ne dovranno e potranno fare una cifra distintiva.
Avete presente la canzone “L’Italiano” dello scomparso Toto Cutugno? Paragone azzardato, ma rende l’idea che l’orgoglio di essere italiano è ben altra cosa di un pezzo di carta…”. (aise)