Comunità italiana/ Odio e democrazia: la responsabilità della politica di fronte alla deriva di odio nella società - di Fabio Porta


RIO DE JANEIRO\ aise\ - "C’è un mondo che respira a fatica dentro una grammatica della contrapposizione, dove il dissenso diventa scomunica civile e l'avversario un nemico da schiacciare, come ammoniscono cronache e analisi sul clima di rancore e sugli abusi del linguaggio che alimentano sfiducia e divisioni. Ricordando il crudele assassinio di Willy Monteiro, un giovane ventunenne figlio di immigrati che cinque anni fa pagò con la vita l'altruismo con il quale difendeva un amico da una lite tra ragazzi, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha avvertito che "l'odio moltiplica l'odio e la violenza moltiplica la violenza", chiedendo un'educazione alla speranza e una vigilanza sul potere moltiplicatore dei social, dove parole incendiarie e narrazioni tossiche rischiano di banalizzare l'aggressività fino a farne vanto". Così scrive Fabio Porta, deputato Pd eletto in Sud America, nell’articolo che firma per “Comunità italiana” diretto a Rio de Janeiro da Pietro Petraglia.
"È importante interrogarsi sul senso della convivenza trovando nel "rispetto" la parola-chiave per respirare insieme, antidoto al disprezzo e allo spregio che alimentano la spirale dell'odio. Recuperare il dialogo non significa anestetizzare il conflitto, ma civilizzarlo entro quelle "regole del gioco" che tutelano minoranze e alternanza e impediscono alla forza di travestirsi da diritto, come ammoniva Norberto Bobbio.
La democrazia è un'architettura di procedure e virtù, e la più esposta è l'etica della parola: ogni frase è un atto, può ferire o ricucire, incendiare o illuminare, e la scelta della misura spetta a chi guida l'opinione e la contesa. Jurgen Habermas chiama "sfera pubblica" lo spazio in cui le opinioni si formano esponendosi alla prova delle ragioni, e dove l'autorità nasce dalla miglior argomentazione disponibile, non dal volume della voce né dagli algoritmi che premiano l'indignazione.
Se la mediatizzazione estrema e la fretta binaria inibiscono il pensiero complesso e l'empatia, come segnalano le analisi su giovani e piattaforme digitali, tocca alla politica e ai corpi intermedi ricostruire luoghi e tempi della deliberazione, sottraendo il discorso civile alla tirannia dell'impulso.
C'è un lessico che può rinnovare il patto: la fraternità e l'amicizia sociale di "Fratelli tutti", la terza enciclica di Papa Francesco, che trasformano l'altro da ostacolo a prossimità, chiedendo mediazione, cura delle ferite e progetti comuni.
È la stessa bussola che orienta gli appelli di Papa Leone perché taccia la violenza e prevalga il diritto umanitario, nel Medio Oriente come in ogni conflitto che avvelena le nostre piazze e le nostre case. Il principio del limite - nelle parole, nel potere, nelle semplificazioni - non comprime la libertà: la rende condivisibile, salvando la pluralità dal collasso e restituendo alla politica il rango di arte civile.
Per questo l'auspicio è semplice e radicale: che le parole tornino ponti e non pietre, sobrie e vere, capaci di riconoscere la dignità dell'altro anche nel dissenso più aspro. Che la sfera pubblica ridia cittadinanza all'argomentazione, alla verifica e alla complessità, sottraendo il dibattito alla seduzione delle caricature. Che istituzioni, media e corpi intermedi ritrovino la loro vocazione educativa, formando al conflitto regolato e alla responsabilità discorsiva. Che fraternità e amicizia sociale diventino criteri silenziosi ma operativi delle scelte, a casa nostra e oltre i confini. Che il limite - giuridico, retorico, politico - sia riconosciuto come condizione della libertà comune, non come sua negazione.
Solo così la democrazia tornerà luogo respirabile, ferma senza essere feroce e forte perché mite, capace di trasformare la conflittualità in energia civica e la differenza in risorsa". (aise)