Eunews/ Frattura nella maggioranza Ue sulle audizioni dei vicepresidenti, passa la linea di popolari ed estrema destra – di Simone De La Feld
BRUXELLES\ aise\ - “La maggioranza europeista che ha sostenuto la rielezione di Ursula von der Leyen si spacca ai blocchi di partenza. Sul voto per fissare l’ordine con cui i commissari europei designati si sottoporranno allo scrutinio dell’Eurocamera. Alla fine, è passata la linea dettata dai popolari, supportati dai tre gruppi che siedono nell’estrema destra dell’emiciclo. I sei vicepresidenti esecutivi saranno ascoltati per ultimi, una volta concluse le audizioni dei commissari semplici, il 12 novembre. Raffaele Fitto sarà il primo tra loro”. Ne scrive Simone De La Feld su “Eunews”, quotidiano online diretto a Bruxelles da Lorenzo Robustelli.
“Tanto è bastato per mettere in crisi l’alleanza tra popolari, socialisti e liberali che – con l’appoggio esterno dei verdi – ha supportato von der Leyen a giugno. Fuori dalla Conferenza dei presidenti, l’organo che riunisce i leader dei gruppi politici incaricato di prendere la decisione, l’atmosfera questa mattina (10 ottobre) era tesissima. La copresidente dei Verdi, Terry Reintke, ha lasciato l’aula per prima scurissima in volto, seguita dalla leader socialista, Iratxe Garcia Perez, che ha dichiarato: “È stato impossibile trovare un accordo, non riusciamo a capire perché il Ppe abbia giocato di nuovo ad avere doppie maggioranze, in alcuni momenti con noi e in altri con l’estrema destra”.
Sul tavolo c’erano due opzioni: in sostanza, la prima prevedeva le audizioni dei vicepresidenti esecutivi in fondo, la seconda proponeva invece di aprire il processo proprio con i sei vice di von der Leyen. È una questione che ha delle implicazioni politiche: nessuno vuole sottoporsi allo scrutinio delle commissioni parlamentari per ultimo, perché è più alto il rischio di essere bocciato. È quello su cui rischiano di ripercuotersi le tensioni accumulate tra i gruppi politici durante tutto il processo di audizioni.
Socialisti e verdi insistevano per aprire le danze con i vicepresidenti, mentre i liberali hanno sposato l’opzione uno, quella di mantenere – come cinque anni fa – i nomi di peso alla fine.
Comincerà allora Maroš Šefčovič, responsabile tra l’altro dei rapporti con il Parlamento, il 4 novembre, a cui seguiranno tutti gli altri commissari semplici, fino al 7 novembre. Rispetto al piano originale, è passata l’idea, proprio dei liberali, di condensare i sei vicepresidenti – due socialisti, due liberali, una popolare e un conservatore – tutti in un giorno, il 12 novembre, anziché su due.
A quel punto però, si è consumato un nuovo scontro sull’ordine da seguire il 12 novembre. Il capogruppo dei Conservatori e Riformisti europei (Ecr), Nicola Procaccini, ha spiegato che il Ppe ha proposto di sacrificarsi spostando la vicepresidente popolare, Henna Virkkunen, per ultima, al posto della liberale Kaja Kallas. Un “segno di apertura nei confronti di tutti” e un “gesto nobile per assumersi la responsabilità generale dell’andamento delle audizioni”, ha riconosciuto Procaccini. Ma per socialisti, liberali e verdi non è stato abbastanza.
Il nodo di fondo ha un nome e un cognome: Raffaele Fitto.
Fin dalla sua designazione a vicepresidente, i tre gruppi progressisti hanno puntato i piedi, minacciando di far saltare la maggioranza a causa dell’inserimento nei vertici Ue di un membro di un partito (Fratelli d’Italia) che non ha sostenuto l’elezione di von der Leyen. L’audizione di Fitto in commissione Affari Regionali sarà la prima, la mattina del 12 novembre. Dopo di lui Kallas, la socialista Roxana Minzatu, il liberale Stephane Séjourné, la socialista Teresa Ribera e in chiusura la popolare Virkkunen.
Come già successo su una risoluzione dell’Eurocamera sul Venezuela il mese scorso, si è configurata l’alleanza alternativa delle destre. Partito popolare europeo, Riformisti e conservatori, Patrioti per l’Europa ed Europa delle Nazioni sovrane. Un segnale forte: se due indizi sono una coincidenza, il terzo farà una prova. “È vero che ha dei risvolti politici, ma credo che i colori delle maggioranze si vedranno in base ai contenuti di regolamenti e direttive in Aula”, ha rimandato un soddisfatto Procaccini.
La prossima resa dei conti tra le due grandi famiglie politiche europee, popolari e socialisti, potrebbe però già essere dietro l’angolo. E mettere a rischio l’insediamento della nuova Commissione europea, previsto per il primo dicembre dopo il voto sull’intero collegio dei commissari nella sessione plenaria di fine novembre. La presidente del gruppo S&d ha lanciato un chiaro avvertimento: stando così le cose, i commissari designati non avranno vita facile. “Questa situazione creerà molti problemi all’intero processo”, ha promesso.
Non è stato scevro da polemiche nemmeno lo scrutinio delle dichiarazioni d’interesse dei commissari designati da parte della commissione giuridica (Juri) del Parlamento europeo. Il semaforo verde è arrivato questa mattina, dopo che gli eurodeputati avevano chiesto maggiori dettagli a 23 dei 26 candidati. Ma i membri di Verdi e Sinistra hanno lasciato l’aula in segno di protesta prima del voto per dare il via libera ai candidati commissari.
“La verifica sui conflitti d’interesse finanziari dei Commissari europei designati da parte della Commissione Giuridica del Parlamento europeo si è trasformata in una pagliacciata. L’obiettivo della maggioranza era quello di approvare tutti i candidati e di chiudere un occhio persino sui più flagranti conflitti, l’esito era predeterminato. Non è serio lavorare così”, ha denunciato Mario Furore, europarlamentare del Movimento 5 Stelle”. (aise)