EuNews/ Gaza, l’Ue si appiglia alla fragilissima tregua per congelare le sanzioni a Israele – di Simone De La Fed

STRASBURGO\ aise\ - “Le opinioni dei Paesi membri, come al solito, su Israele e Gaza, sono “molto divergenti”. Di fronte al cessate il fuoco mediato da Donald Trump – per la verità già violato da entrambe le parti – i ministri degli Esteri dei 27 hanno deciso di congelare la proposta della Commissione europea di imporre sanzioni economiche e politiche contro Israele. “Al momento non procediamo, ma non le escludiamo nemmeno”, ha affermato l’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas. Esponendosi ancora una volta alle critiche di incapacità di giocare un ruolo nella risoluzione del conflitto, se non proprio di doppi standard”. A scriverne è Simone De La Feld che da Strasburgo ha pubblicato questo articolo su “Eunews”, il quotidiano online diretto a Bruxelles da Lorenzo Robustelli.
“Ieri (20 ottobre), a Lussemburgo, il Consiglio dell’Ue Affari esteri ha scelto di “mantenere le proposte sul tavolo”, ma di non prendere alcuna decisione al riguardo, vista la “fragilità” della situazione sul campo. Il capo della diplomazia Ue ha spiegato che la proposta non verrà cestinata perché “dobbiamo constatare un miglioramento degli aiuti umanitari a Gaza, il rilascio delle entrate palestinesi bloccate dalle autorità israeliane, l’ingresso di giornalisti e operatori umanitari nel territorio e la registrazione senza restrizioni delle Ong internazionali”.
L’assunto di Kallas – e della stessa Ursula von der Leyen e di diverse capitali – è che le minacce di sospensione di alcune agevolazioni commerciali e di sanzioni contro due ministri estremisti di Israele fossero in sostanza solo un mezzo per richiamare Tel Aviv al rispetto del diritto internazionale e per avvicinare la fine del conflitto. Ma manca un punto fondamentale, quello della responsabilità giuridica. Il governo di Benjamin Netanyahu ha violato i termini dell’accordo di associazione che lega Israele e l’Ue – oltre a diversi sacri e basilari principi del diritto internazionale e umanitario – e a constatarlo è stata proprio la Commissione europea ancora a giugno.
Mettere da parte le proposte di sanzioni solo perché nel frattempo la situazione sul campo è cambiata rischia di compromettere la credibilità dell’Unione, che continua a ergersi come guardiana di un’ordine geopolitico fondato sulla certezza del diritto internazionale. Secondo Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali, si tratta di una “decisione incredibilmente stupida”. Per la politologa, oltre alla responsabilità per violazioni del diritto internazionale umanitario che “non sono scomparse”, non va sottovalutata “la questione degli incentivi”. Se “la pressione viene meno, è probabile che il governo israeliano non attuerà il piano”.
Questa mattina, al Parlamento europeo di Strasburgo si è tenuto un dibattito sulle prospettive dell’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas e sul ruolo dell’Ue nel costruire la pace. All’emicilo è intervenuta la commissaria per il Mediterraneo, Dubravka Šuica: “La situazione sta evolvendo rapidamente ed è anche molto fragile”, ha affermato, sottolineando “la situazione umanitaria rimane catastrofica”. Secondo la commissaria, per l’implementazione della prima fase del piano trumpiano, restano “tre aspetti critici”: la restituzione dei corpi di tutti ostaggi israeliani deceduti, il rispetto da parte dell’esercito israeliano delle linee di ritiro concordate, l’accesso senza restrizioni degli aiuti umanitari.
Šuica ha indicato la strategia che seguirà la Commissione europea, che insiste sul “ruolo cruciale” di Bruxelles nell’assicurare a Gaza aiuti umanitari su larga scala. “Tramite ponti aerei” e “approfondendo tutte le vie d’accesso”, anche il “corridoio marittimo di Cipro”. L’Ue potrà fare la sua parte nell’evacuazione medica dei pazienti, attivando il meccanismo di protezione civile. Attraverso il quale “potrebbe considerare” inoltre di sostenere le operazioni di “decontaminazione e rimozione delle macerie”.
Ci sono poi le due missioni Ue, EUBAM Rafah, per facilitare il transito di persone in entrate e uscita dal valico meridionale tra Gaza e l’Egitto, e EUPOL COPPS, con cui l’Unione ha sostenuto e addestrato le forze di polizia palestinesi in Cisgiordania e che “potrebbe rafforzare l’attività a Gaza”. Infine, Šuica ha ribadito “l’interesse” dell’Ue a “contribuire alla governance” transitoria della Striscia e ha assicurato che la Commissione europea “mobiliterà tutti gli strumenti a disposizione” per promuovere la soluzione dei due Stati.
Nulla, ancora una volta, sull’urgenza di assicurare le responsabilità di Israele nella devastazione di Gaza, nel massacro di decine di migliaia di civili, nell’occupazione coatta della quasi totalità ormai del territorio che dovrebbe costituire il futuro Stato palestinese. L’eurodeputata liberale belga, Hilde Vautmans, ha sottolineato che “dal 2023 a oggi sono stati distrutti – a Gaza e in Cisgiordania, ndr – centinaia di progetti finanziati dall’Ue”, tra cui scuole e ospedali. “Da noi si dice che chi rompe paga“, ha affermato Vautmans. Un principio che finora, per Israele, nessuno a Bruxelles ha osato evocare.
Nella giornata di domenica, Israele ha lanciato una serie di attacchi aerei e ha interrotto tutti gli aiuti a Gaza “fino a nuovo ordine”, dopo che due soldati israeliani sono stati uccisi in un attacco armato da parte di membri di Hamas.
Benedetta Scuderi, eurodeputata di AVS che ha partecipato in prima persona ad una delle spedizioni umanitarie della Global Sumud Fotilla, ha ricordato che “i check point restano, gli aiuti sono controllati chi li usava per affamare, le terre sono ancora confiscate”. Scuderi ha affermato che “dall’inizio della tregua almeno 8 bambini palestinesi sono stati uccisi da Israele” e che “la pace non può esserci senza la fine dell’occupazione e la giustizia per i crimini di guerra commessi”. Altrimenti, la pace “è solo una copertura per l’oppressione”. O un appiglio per continuare a non agire”. (aise)