EuNews/ Il lascito politico di von der Leyen I a von der Leyen II sulla migrazione è l’apice della narrativa securitaria - di Federico Baccini

BRUXELLES\ aise\ - "La nuova narrativa sulla migrazione della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ora è messa nero su bianco. E la lettera inviata ai 27 leader Ue alla vigilia del Consiglio Europeo che ormai quasi certamente la confermerà alla guida dell’esecutivo dell’Unione diventa così una sorta di testamento politico verso se stessa. “L’accordo sul Patto non esaurisce la riflessione sugli strumenti a nostra disposizione, molti Stati membri stanno studiando strategie innovative per prevenire la migrazione irregolare, affrontando le domande di asilo più lontano dalla frontiera esterna dell’Ue", è il passaggio più delicato di un documento di 6 pagine che inizia a tracciare una rottura netta nell’impostazione politica sul tema tra la Commissione uscente e il – molto probabile – gabinetto von der Leyen-bis". A scriverne è stato Federico Baccini sulle pagine online di EuNews, quotidiano online diretto a Bruxelles da Lorenzo Robustelli.
"Il netto cambio di narrativa a proposito della politica di migrazione e asilo da parte di von der Leyen non è certo una novità, ma dopo l’intervento al Congresso di Bucarest del 7 marzo in qualità di Spitzenkandidatin del Partito Popolare Europeo (Ppe) la lettera inviata ai Ventisette rappresenta l’apice di questa virata securitaria, che ormai non ha quasi più nulla a che fare con l’impostazione di nemmeno quattro anni fa, quando veniva presentato il Patto migrazione e asilo. Perché, proprio a proposito dell’esternalizzazione della gestione delle domande di asilo, von der Leyen annuncia che “sono in corso riflessioni su idee che meriteranno certamente la nostra attenzione quando sarà avviato il nostro prossimo ciclo istituzionale".
Non è chiaro cosa von der Leyen abbia in mente. Difficile prevedere una replica del cosiddetto ‘modello Rwanda’ tracciato negli ultimi anni dal Regno Unito e criticato aspramente dalla Commissione Europea uscente, che prevede che chiunque richieda asilo nell’Unione Europea possa essere trasferito in un Paese terzo per essere sottoposto alla procedura di asilo (e in caso di esito positivo, è quel Paese terzo a concedere la protezione al richiedente). Lo scenario comunque non è da escludere in toto, anche considerata la spinta che la famiglia europea dei popolari ha dato a questa soluzione nel suo Manifesto elettorale per le elezioni europee del 6-9 giugno. Molto più probabile però è uno studio del controverso accordo Italia-Albania, che prevede invece l’applicazione di leggi italiane in una sorta di ‘exclave’ nei due centri in territorio albanese (e secondo l’esecutivo Ue “non viola il diritto dell’Ue"). In ogni caso, se sarà ancora von der Leyen alla guida della Commissione, è facile prevedere una legislatura molto diversa da quella agli sgoccioli, in cui l’attenzione sarà incentrata sul rafforzamento delle frontiere e di nuovi partenariati con Paesi terzi quantomeno discutibili.
Prima di tutto la numero uno della Commissione vuole concludere anche sul piano formale il Patto migrazione e asilo, dopo il piano legislativo ora quello della preparazione in vista della piena entrata in vigore nel giugno 2026. “Quando si guarderà indietro, il 2024 sarà considerato un anno fondamentale per la politica dell’Ue in materia di migrazione e asilo, con l’adozione e l’entrata in vigore del Patto”, ricorda von der Leyen, che esorta i capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri Ue a “trasformare questo accordo in realtà” nei due anni di tempo per le istituzioni Ue e soprattutto per gli stessi governi nazionali: “Non dobbiamo sottovalutare il lavoro che ci aspetta”. In parallelo però si guarda con enorme interesse a come “lavorare meglio in sinergia con i futuri Paesi terzi sicuri designati", secondo quanto previsto dal Regolamento sulle procedure di asilo (Apr): “La Commissione continuerà a sostenere queste riflessioni, sempre nel rispetto del diritto internazionale e consapevole della necessità di lavorare in modi che siano accettabili anche per i nostri partner e che consentano di trovare soluzioni durature per i migranti stessi”.
La dimensione esterna permea tutto il lascito politico di von der Leyen per il lavoro che promette (implicitamente) di consegnare al nuovo gabinetto da lei ancora guidato. “È un fattore chiave per il successo del Patto nel suo complesso, poiché solo con partenariati ben funzionanti riusciremo a cooperare” non solo nella “prevenzione delle partenze e nella lotta al contrabbando”, ma anche “nel rimpatrio e nella riammissione di coloro che non hanno diritto di rimanere”, mette in chiaro la numero uno della Commissione. Il primo citato è quello con la Tunisia, con la “priorità fondamentale” della “protezione di rifugiati e migranti”, nonostante le “condizioni nel Paese rimandano difficili”. Segue poi quello con la Mauritania e con l’Egitto (il 29 giugno “verrà firmato il memorandum d’intesa relativo all’assistenza macrofinanziaria di 1 miliardo di euro”), ma non compare alcun riferimento alle recenti inchieste giornalistiche che hanno mostrato come questi accordi non rispettino i valori dell’Unione e non affrontino le violazioni dei diritti umani delle persone migranti. Un’altra grossa questione è quella che riguarda la “cooperazione con la Libia”, su cui la numero uno dell’esecutivo Ue rivendica il “rinnovato impegno”, ma mette in luce un tema dai contorni agghiaccianti: “Stiamo lavorando su alternative alla detenzione per donne e bambini".
Infine c’è il tema delle frontiere esterne e della cosiddetta ‘strumentalizzazione della migrazione’ da parte di Paesi terzi. “Gli attori ostili che spingono le persone attraverso le frontiere esterne dell’Ue, per scopi politici e con l’obiettivo di destabilizzare l’Unione o uno Stato membro, dovrebbero essere riconosciuti come una minaccia alla nostra sicurezza”, è l’avvertimento di von der Leyen, che fa esplicito riferimento al confine tra Finlandia e Russia e a quelli di Polonia, Lettonia e Lituania con la Bielorussia. Ora però la presidente della Commissione apre a una riflessione sul “rafforzamento del quadro giuridico dell’Ue per fornire una risposta adeguata non solo dal punto di vista della migrazione, ma anche della sicurezza". Nel corso della nona legislatura c’è stata non poca confusione sulla questione del finanziamento delle barriere di confine con fondi Ue: più che tecnica, la contrarietà della Commissione uscente si basa sull’interpretazione dei Trattati fondanti dell’Unione, più precisamente il principio di non respingimento sancito dall’articolo 78 del Tfue. In altre parole, fino a oggi la costruzione di muri di confine potrebbe costituire un caso di pushback (respingimento illegale di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Ue), secondo un’intesa informale tra Commissione e maggioranza al Parlamento Ue a inizio legislatura. Ma non è detto che questa interpretazione non possa cambiare con una Commissione von der Leyen-bis.
Duro il commento della direttrice di Picum (Platform for International Cooperation on Undocumented Migrants), Michele LeVoy: “Questa lettera mostra come l’Ue persista nel suo approccio dannoso, gli accordi per esternalizzare la migrazione sono estremamente disumani, non tengono conto delle realtà e delle ragioni della mobilità internazionale e violano le leggi e i valori internazionali su cui l’Europa dovrebbe basarsi”. Al contrario l’Unione Europea e le sue istituzioni dovrebbero “capire che la migrazione fa parte del modo in cui le nostre società crescono e prosperano, la questione è come costruire un mondo in cui le persone possano muoversi e stabilirsi in sicurezza e dignità, non come combatterle”. Era (in parte) l’impostazione della Commissione von der Leyen all’inizio della legislatura ma, dopo anni di scivolamento securitario, ne è rimasta ben poco in questa nuova narrativa sulla migrazione". (aise)