Eunews/ L’accordo Ue-Usa sui dazi non piace. Per von der Leyen lo spettro di una nuova censura in Parlamento – di Emanuele Bonini


BRUXELLES\ aise\ - Ora i dazi di Donald Trump diventano una grana politica per Ursula von der Leyen. L’accordo annunciato dal presidente Usa e della presidente della Commissione Ue nel summit straordinario di Turnberry piace e convince talmente poco che dalle fila de la Sinistra e dei Verdi parta la richiesta di mozione di censura contro von der Leyen. Dalla sua bacheca Facebook Benedetta Scuderi invita a “presentare in plenaria una mozione di sfiducia, aperta a tutte le forze progressiste”, perché “Von der Leyen ha fallito”, e per questo “è ora di voltare pagina””. Ne scrive Emanuele Bonini su “Eunews”, quotidiano online diretto a Bruxelles da Lorenzo Robustelli.
“A chiedere di agire sono gli altri deputati italiani dei Verdi – Ignazio Marino, Leoluca Orlando e Cristina Guarda – insieme agli italiani de laSinistra – Ilaria Salisi e Mimmo Lucano – che producono uno scossone ad un Parlamento chiuso per pausa estiva eppur già al lavoro per quando riprenderà l’attività istituzionale. I liberali (Re) fanno sapere che a settembre chiederanno un confronto con i popolari (Ppe) sull’accordo e sul prosieguo della legislatura, e lo stesso faranno i socialisti (S&D&). Anche alla luce di un’intesa sui dazi che non piace e che comunque va perfezionata si presenterà il conto.
Socialisti e liberali non intendono disarcionare von der Leyen. Si potrebbe fare, certo, ma poi andrebbe negoziata la proposta di nuovo bilancio settennale (Mff 2028-2034), che comunque al Parlamento non piace, senza un esecutivo comunitario, con un processo decisionale e legislativo bloccato. Questa è un po’ la ‘fortuna’ di questa Commissione, a cui però Re e S&D sono pronti a chiedere una contropartita tutta politica che ruoterà attorno al cordone sanitario anti-destre. Anche perché né socialisti né i liberali ritengono inoltre che questo sia il momento di creare tensioni ulteriori ad un esecutivo comunitario impegnato a negoziare ancora per trovare esenzioni al regime di dazi al 15 per cento che entrerà in vigore l’8 agosto (serve una settimana dalla firma del decreto presidenziale, che Donald Trump ha firmato il 31 luglio).
Von der Leyen e il suo Ppe hanno bisogno del sostegno di S&D e Re, nel caso di eventuali nuovi voti di sfiducia. Del resto bastano pochi voti, 72, il 10 per cento appena dei componenti dell’Aula perché si aggiunga all’ordine dei lavori. In un simile scenario le forze euro-scettiche, sovraniste e di destra estrema potrebbero essere tentate di dare una spallata al collegio. Con la sinistra radicale pronta a votare la sfiducia. Sul commercio, riferiscono addetti ai lavori, sarebbero stati pronti a far cadere la Commissione già dopo l’accordo siglato con i Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Bolivia, Uruguay e Paraguay), e da laSinistra non si fa altro che riprendere quella voglia di censura rimasta in sospeso da allora.
E i verdi? I Green fanno sapere che è improbabile che la maggioranza del gruppo voti un’eventuale mozione di censura contro von der Leyen. Il che non vuol dire che qualcuno possa sostenerla. Insomma, il clima politico torna rovente. Galeotti furono Trump e i suoi dazi”. (aise)