Eunews/ L’Ue ha già aperto indagini su tutti i giganti delle piattaforme social. Ma il vero problema è chiuderle – di Simone De La Feld
BRUXELLES\ aise\ - “Con l’entrata in vigore del Digital Services Act, lo scorso febbraio, Bruxelles sembrava aver centrato l’obiettivo di mettere ordine nella giungla delle grandi piattaforme digitali, imponendo il rispetto di stretti vincoli sulla protezione degli utenti, sulla lotta alla manipolazione dell’informazione e in generale sulla mitigazione dei “rischi sistemici” dell’universo social. A un anno di distanza, le indagini aperte dalla Commissione europea per possibili violazioni della legge sono già parecchie. Ma i giganti dell’online – X, Meta e TikTok su tutti – continuano a divincolarsi dalle strette maglie della normativa. Complice una sempre più evidente difficoltà dei servizi legali dell’Ue a concludere con efficacia i procedimenti avviati”. Così scrive Simone De La Feld su “Eunews”, quotidiano online diretto a Bruxelles da Lorenzo Robustelli.
“L’annuncio con cui Mark Zuckerberg ha detto addio al fact-checking su Facebook e Instagram ha scoperchiato il vaso di Pandora. Pur limitata (per ora) agli Stati Uniti, la mossa di Meta pone seri dubbi sulla futura cooperazione con le autorità Ue nel perseguire gli obiettivi indicati dal Dsa. Contemporaneamente, Elon Musk continua a mobilitare la sua piattaforma social, X (ex Twitter), per entrare in gamba tesa negli affari interni di Bruxelles e delle capitali europee. Questa sera (ieri- ndr), il magnate americano ospiterà sul proprio account un livestream con la leader di AfD, il partito di estrema destra tedesca, Alice Weidel. Infine, da più di un mese tiene banco a Bucarest e a Bruxelles la vicenda della sproporzionata visibilità ottenuta su TikTok dal candidato filo-russo alla presidenza della Romania, Călin Georgescu.
Sul social network cinese, la Commissione europea ha aperto un’indagine ed ha ordinato a TikTok di conservare tutti i documenti relativi alle elezioni e ai rischi sistemici “reali o prevedibili” che la piattaforma potrebbe aver innescato. Non solo nel caso delle elezioni in Romania – vinte da Georgescu ma annullate dalla Corte Costituzionale -, ma fino al 31 marzo 2025 (coprendo anche il cruciale appuntamento elettorale in Germania del prossimo 23 febbraio).
Non è il primo procedimento avviato contro TikTok: la scorsa primavera, la piattaforma aveva lanciato in alcuni Paesi Ue il programma TikTok Lite Rewards, senza però sottomettere preventivamente una valutazione dei rischi – come previsto dal Dsa – alla Commissione europea. Ad oggi, è l’unico procedimento formale chiuso con successo da Bruxelles: in appena tre mesi, TikTok si è impegnata a ritirare il programma da tutto il territorio dell’Ue.
Mettere in riga i giganti a stelle e strisce è tutto un altro paio di maniche. Il Dsa conferisce direttamente alla Commissione europea il potere di sanzionare le piattaforme designate come ‘Very Large Digital Platform’, e le multe per le violazioni della legge possono arrivare fino al 6 per cento del fatturato mondiale.
Contro X, Bruxelles ha già avviato due indagini ai sensi del Dsa. Lo scorso luglio la Commissione europea è giunta a formulare i risultati preliminari del primo procedimento, relativo in particolare all’uso improprio della spunta blu per verificare gli account e alla mancanza di trasparenza sui dati e sulle pubblicità. Secondo l’esecutivo Ue, la piattaforma di Elon Musk avrebbe violato le normative europee. Parallelamente, nel dicembre del 2023 è stato avviato un secondo procedimento formale, “più complesso e ancora in corso”, che riguarda l’efficacia del sistema delle Community Notes per la moderazione dei contenuti e le politiche per contrastare l’esposizione di contenuti violenti e di incitamento all’odio. “Stiamo raccogliendo le prove”, sostengono fonti della Commissione europea.
Il problema è che, come rivela già la prima indagine contro X, la strada verso la formulazione di un verdetto e l’applicazione di un eventuale sanzione è lunghissima. La Commissione ha dovuto garantire a X l’accesso ad oltre sei mila documenti, e l’azienda di Musk ha contestato le argomentazioni legali, la sostanza delle accuse, e sottolineato presunti errori procedurali commessi da Bruxelles. Dei 93 articoli che compongono il Dsa, quasi la metà sono aspetti procedurali, garanzie e salvaguardie, un dedalo di cavilli con cui l’Ue si sta confrontando per la prima volta. “È un passo molto importante concludere che una piattaforma ha violato il Dsa”, ammettono ancora dal Berlaymont. Bisogna essere sicuri “di poter vincere in un tribunale”, e Musk “ha degli ottimi avvocati”.
Anche sul contestato appuntamento tra Musk e la leader di AfD, ospitato sull’account del proprietario di X (spesso ben più visibile degli altri), l’Ue è in difficoltà. Nel Dsa “non c’è una regola che vieta di amplificare la visibilità” di un account o di un contenuto. Perché – a priori – una piattaforma può “voler amplificare un account anche per una buona ragione”. Nel corso di un’emergenza, ad esempio, o per una campagna di sensibilizzazione. E dunque, solo a posteriori il livestream di Musk e Weidel potrà nutrire la già sostanziosa indagine contro X, a seconda di quanto questo contenuto – di per sé perfettamente legale – sarà effettivamente promosso dall’algoritmo.
Per chiudere il quadro, gli attriti con Meta. Anche l’azienda di Menlo Park è già oggetto di un’indagine, lanciata lo scorso 30 aprile, per possibili violazioni del Dsa, in particolare sul piano delle politiche e pratiche relative alla pubblicità ingannevole e ai contenuti politici. Un’indagine ancora in corso, a cui però rischiano ora di aggiungersi nuovi elementi. Se l’addio al fact-checking annunciato da Zuckerberg riguarda per ora i soli Stati Uniti, Meta ha comunicato alla Commissione europea alcune prossime modifiche alle politiche sul discorso d’odio e sulla sua definizione, che avranno un impatto anche sugli utenti europei. Come previsto dal Dsa, Meta ha inviato a Bruxelles due valutazioni del rischio, una per Facebook e una per Instagram. Ora toccherà ai tecnici della Commissione europea verificare che queste modifiche non configurino nuove violazioni della normativa.
Ad alcuni quesiti però, a Bruxelles non sanno ancora come rispondere: se i contenuti condivisi da utenti americani non saranno più soggetti a verifiche di organizzazioni terze autorizzate, come impedire che questi si diffondano oltreoceano trasgredendo il Dsa? “Questa è davvero un’ottima domanda – confessa una fonte qualificata -, stiamo chiedendo a Meta quali sono i loro piani””. (aise)