ItaloAmericano.org/ L'Università della California del Sud dedica il Renal Research Center a Vito Campese – di Silvia Nittoli
SAN FRANCISCO\ aise\ - “Quando nel 2000 gli fu diagnosticata una malattia renale, l’avvocato Ken Kleinberg si rivolse al dottor Vito Campese, allora primario di Nefrologia e Ipertensione presso la Keck School of Medicine della University of Southern California. Campese non fu in grado di determinare la causa della sua condizione in quanto la ricerca sulle malattie renali all’epoca era molto limitata. I due discussero della mancanza di informazioni disponibili e della generale scarsità di ricerca sui reni e insieme decisero di dare vita a un’organizzazione no-profit dedicata esclusivamente al finanziamento della ricerca sulle malattie renali. Aprirono quindi nel 2002 la University Kidney Research Organization, Ukro e successivamente, in collaborazione con la University of Southern California, il Centro di ricerca sui reni Usc/Ukro, inaugurato nel settembre 2015. Dopo qualche anno di dialisi e un trapianto, Kleinberg oggi sta bene e continua a fare l’avvocato dello spettacolo. Il dottor Vito Campese è invece diventato professore Emerito di Medicina presso la Usc e, in suo onore, il centro di ricerca è stato ribattezzato “Vito M. Campese Md/Ukro Kidney Research Center dell’Usc” durante una cerimonia che si è tenuta lo scorso 1° ottobre”. A scriverne è Silvia Nittoli sull’ItaloAmericano.org, magazine diretto a San Francisco da Simone Schiavinato.
“Una data che non è stata scelta a caso, in quanto il dottor Campese ha iniziato a lavorare presso la USC il 1° ottobre del 1974. “Sono qui da 50 anni, oggi spegniamo la candelina” ci racconta Campese visibilmente commosso. “Qui ho fatto la mia carriera, partendo da fellow, poi assistente, poi professore associato e poi professore ordinario dal 1985. Mi sono occupato sempre di malattie renali e di ipertensioni”.
“Questo non è solo un riconoscimento alla sua longevità” ci dice Susan Bailey Gurley, presidente del Dipartimento di Medicina e titolare della Cattedra Kenneth T. Norris di Medicina alla Keck School di Medicina, “ma della sua costante dedizione alla comprensione dell’ipertensione e delle malattie renali, che continua ancora oggi, dato che Campese rimane molto attivo e impegnato nelle attività della nostra Divisione. E’ un appassionato sostenitore della ricerca che porta avanti ancora oggi, è stato fondamentale per la creazione del Centro di ricerca sui reni qui all’Usc e la sua visione ha influenzato innumerevoli colleghi e tirocinanti, oltre a plasmare il futuro della salute dei reni. Anche prima del mio arrivo all’Usc da ricercatrice sui reni, io, come tutti gli operatori del settore, conoscevo bene il contributo del dottor Campese e sono stata molto contenta di potermi trasferire all’Usc per lavorare con lui. Ciò che rende la giornata di oggi ancora più speciale è che celebriamo anche il contributo filantropico del dottor Campese, che ha dato al centro il nome di Vito M. Campese, Md, Ukr Kidney Research Center at Usc. Il suo generoso sostegno assicura che questa istituzione continuerà a essere all’avanguardia nella ricerca salvavita per le generazioni a venire”.
“È il riconoscimento di una vita dedicata al lavoro, ai pazienti, allo studio e alla ricerca, ma anche all’educazione di nuove generazioni di medici, per questo infatti sono ancora molto attivo nell’insegnamento”. Ci dice il dottor Campese, raggiunto dai fratelli Tommaso, Luigi, Anna, arrivati da Barletta, e dal nipote Dario che vive a Los Angeles.
Campese ci tiene a parlarci di uno dei progetti più innovativi che il centro di ricerca sta seguendo, ovvero quello per la creazione di un rene sintetico. “Si tratta di un rene costituito da componenti naturali organici, a differenza di un rene artificiale. L’Usc ha una serie di brillanti ricercatori, tra cui Andy McMahon e Zhongwei Li, che sono tra i più importanti ricercatori di cellule staminali al mondo. Un rene organico sintetico trapiantabile sarebbe un enorme progresso, perché ci sono tante persone in attesa di trapianto. La capacità di produrre reni sintetici è una scoperta medica assolutamente sorprendente. La parte che rimane da fare è il trapianto umano come risultato della ricerca clinica, che richiederà decine di milioni di dollari per essere completato. È un progetto a lunga traiettoria, perché non è una cosa che si risolve in poco tempo. Ci vorranno 10 anni per arrivare alla sperimentazione sull’uomo. Da un punto di vista clinico, significherebbe niente più dialisi, niente più trapianti. Quindi, una cosa rivoluzionaria”.
“Oltre a questo, siamo coinvolti in molti altri progetti di ricerca sul lupus, il diabete, sulla valutazione del ruolo del fattore ambientale e del funzionamento della malattia renale. Siamo una vera e propria forza. Vogliamo diventare i più forti del Paese”. Ci spiega Campese, che vuole ricordare che tra i ricercatori c’è anche un’altra italiana, la dottoressa Laura Perin, professore associato presso il Chla, Keck School of Medicine, University of Southern California e vicepresidente del settore Ricerca del Dipartimento di Chirurgia del Children’s Hospital di Los Angeles. “La ricerca della dottoressa Perin si concentra sullo studio dei meccanismi che regolano il danno renale, con particolare attenzione alle lesioni glomerulari. Perin utilizza diversi approcci rigenerativi, tra cui le vescicole extracellulari, le cellule staminali, la tecnologia “organ a chip” e la biologia dello sviluppo, per comprendere i meccanismi molecolari che modulano la rigenerazione renale. Ha ricevuto numerosi premi e ha pubblicato più di 70 articoli nel campo della rigenerazione renale.
“Ho avuto molte soddisfazioni durante la mia carriera, ma non è stato facile. Ad esempio, diventare direttore di una Divisione di nefrologia negli Stati Uniti non è semplice per uno straniero, bisogna dimostrare un doppio merito per riuscire ad arrivare a certi risultati”. Ci spiega Campese che in Italia ha fondato la società italo-americana di nefrologia e negli Stati Uniti l’Isnaff (l’Italian Scientists and Scholars in North America Foundation) nel 2006, rimanendo in carica come presidente fino al 2019, per poi passare le redini a Cinzia Zuffada, associate Chief Scientist presso il Jet Propulsion Laboratory.
“A metà ottobre andrò in Italia, a Riccione, per tenere una lectio durante un convegno della società italiana di nefrologia, qui lì riceverò un premio. A novembre invece ci sarà il meeting annuale presso l’Ambasciata italiana a Washington, DC, e anche in questo caso verranno consegnati dei premi. Uno di questi è intestato a mia figlia, morta di leucemia anni fa, e quindi questa è una cosa che ha un certo valore per me”.
Le soddisfazioni, per il dottor Campese, sono anche quelle arrivate nel modo più inaspettato. “Un mio paziente che vive a Boston ha preso un volo notturno per essere qui stamattina; un collega, un nefrologo della Università di Taiwan col quale collaboriamo, ha preso un aereo a Taipei per essere qui oggi. Anche queste sono cose che toccano il cuore””. (aise)