Fare rete (2)

ROMA – focus/ aise – Se si volesse conoscere e approfondire il rapporto tra Islam e Occidente, soprattutto riguardo alla shari’a e a come la vita del fedele musulmano viene regolata, potrebbe essere interessante consultare il nuovo libro di Federico Lorenzo Ramaioli, diplomatico e avvocato italiano, attualmente in servizio a Doha, in Qatar, come vice capo missione. Il libro, che si intitola “Shari’a and the Constitution in Contemporary Legal Models. Two Worlds in Dialogue”, è edito in lingua inglese da Palgrave Macmillan (New York 2024, pp. 283), in collaborazione con il centro di ricerca gLAWcal (UK), e si propone di adottare un approccio innovativo al tema sempre attuale della comparazione tra modelli politici e giuridici.
Attraverso il libro, sarà possibile approfondire come la shari’a islamica interagisce con il costituzionalismo moderno nei grandi modelli contemporanei, mediante approfondimenti che spaziano dalla Turchia al Marocco, dall’Egitto all’Arabia Saudita, passando per l’analisi della concezione del diritto e delle regole di movimenti fondamentalisti non statali come ISIS. Si tratta di un approccio che si propone di essere il più completo possibile, analizzando molteplici sistemi costituzionali e modelli politici, per esaminare tutte le possibili interazioni tra uno strumento come la Costituzione, mutuato dalla modernità occidentale, e la tradizionale concezione islamica del diritto, appunto la shari’a, in tutta la sua complessità e in tutte le sue sfaccettature.
In un mondo sempre più globalizzato, il raffronto tra prospettive politiche e giuridiche differenti, radicate in contesti culturali di derivazione ancestrale, rappresenta ormai una necessità. Il libro di Ramaioli, che fa seguito ad altri pubblicati sempre sul rapporto tra Islam e Occidente, cerca di gettare nuova luce sul ruolo – o meglio sui diversi ruoli – che la shari’a islamica gioca nei moderni assetti di potere del mondo musulmano. Ciò che costituisce il vero valore aggiunto del testo, ad ogni modo, è che nel fare ciò il suo autore non si sofferma sui contenuti delle norme, ma adotta una prospettiva più ampia e orientata agli aspetti culturali e religiosi; così facendo, vengono esplorati ambiti non comunemente trattati in letteratura, come la dimensione giuridica dei movimenti radicali, o le interazioni tra shari’a e diritto nazionale in Europa.
Quello di Ramaioli è un libro che si presenta come una riflessione innovativa su un tema oggi più che mai attuale, ossia l’incontro e le opportunità di dialogo tra Islam e Occidente, osservato attraverso la lente della regolamentazione del potere e dell’autorità nei grandi sistema politici e giuridici dei nostri giorni.
Diplomatico e avvocato, attualmente vice capo Missione presso l’Ambasciata d’Italia a Doha, Federico Lorenzo Ramaioli è senior research associate presso il centro di ricerca gLAWcal (UK). In passato ha svolto l’incarico di console d’Italia a Friburgo in Germania e ha collaborato con le cattedre di Filosofia del Diritto e di Metodologia Giuridica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Le sue pubblicazioni includono monografie e articoli sul diritto comparato e il pluralismo giuridico, con particolare attenzione al mondo islamico e all’Estremo Oriente.
La città di Sarajevo ha ospitato il gruppo vocale giovanile Vikra – Coro da camera della Glasbena Matica (“patria musicale” in lingua slovena) di Trieste, che si è esibito sabato 15 giugno nella Chiesa francescana di Sant’Antonio, portando in scena il concerto “Incontri. Lampi di luci e ombre”, e domenica 16, presso la Chiesa di San Giuseppe, in occasione della Santa Messa.
Fondato nel 2014 attorno alla figura della pluripremiata direttrice Petra Grassi, il gruppo è formato da una trentina di coristi italiani e sloveni, ivi inclusi membri della minoranza slovena in Italia, provenienti principalmente da Trieste, Gorizia, Udine, Koper/Capodistria e Lubiana. Una composizione nel segno della conciliazione interetnica, che ha portato l’Ambasciata d’Italia in Bosnia Erzegovina a condividere l’evento con l’Ambasciata di Slovenia e con il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA), da tempo partner dell’Ambasciata italiana in numerose iniziative rivolte ai giovani e protese a favorire la coesione interetnica nel Paese balcanico e in particolare il progetto “Moving us closer”, finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale.
Si è trattato senz’altro di una scelta non solo di grande spessore culturale ma anche ad alta valenza simbolica in un Paese come la Bosnia Erzegovina, ancora frammentato a seguito del conflitto degli Anni Novanta. Le interpretazioni di Vikra hanno suscitato reazioni entusiastiche da parte del pubblico, cui è stato proposto un repertorio denso e complesso, che ha spaziato dal Rinascimento all’età contemporanea, alternando italiano, sloveno, inglese, latino e antico slavo ecclesiastico.
Nel suo intervento iniziale, l’ambasciatore d’Italia a Sarajevo, Marco Di Ruzza, non ha mancato di sottolineare il significato sottinteso alla scelta di un simile coro. Citando le parole pronunciate nel 2021 dal presidente Sergio Mattarella durante la visita congiunta compiuta con l’allora presidente della Slovenia Barut Pahor a Gorizia e Nova Gorica, capitali europee per la cultura nel 2025, l’ambasciatore ha ricordato come Italia e Slovenia abbiano saputo costruire una memoria condivisa, cercando di ripercorrere con rispetto e con un approccio rigoroso e scientifico le dolorose vicende patite nel “Secolo breve”, con l’obiettivo di guardare insieme a un orizzonte condiviso nella comune appartenenza alla famiglia europea.
“Il nostro auspicio”, ha concluso Di Ruzza, “è che queste parole, pronunciante con riferimento a Italia e Slovenia, possano presto essere riferite anche alla Bosnia Erzegovina. Rendere tutto ciò possibile non è soltanto la nostra speranza, ma è il nostro prioritario impegno come comunità internazionale”.
“L’eccellenza interpretativa di Vikra e la potenza del significato insita nelle scelte musicali ricevono senso da un luogo come Sarajevo e lo restituiscono amplificato al pubblico in ascolto”, ha dichiarato la direttrice Petra Grassi. “Si tratta di una spiritualità laica, perché diventa strumento per essere accolta da chiunque nel rispetto della fede di ognuno, superando ogni barriera che nazionalismi o integralismi possano erigere”.
Numerosi i connazionali presenti tra il pubblico, che si sono così uniti a diversi rappresentanti della comunità internazionale, tra i quali l’alto rappresentante per la Bosnia Erzegovina, Christian Schmidt, e gli esponenti del mondo culturale e della società civile locale. (focus\aise)