I passi della ricerca

ROMA – focus/ aise - Un numero crescente di aziende e laboratori in tutto il mondo sta mettendo a disposizione degli utenti diverse tipologie di prototipi di processori quantistici. Infatti, con le tecnologie attuali, i costi di acquisto e manutenzione di questi dispositivi sono inaccessibili per utenti comuni. Invece, tramite un approccio di cloud computing, chiunque può “mettersi in fila” per prenotare l’utilizzo di un piccolo processore e poter fare il proprio esperimento di calcolo quantistico. Il problema di mantenere la privacy di questi utenti costituisce di conseguenza un’importante sfida da affrontare.
Nonostante fosse già noto come mantenere la privacy di un singolo utente connesso a un server remoto, rimaneva comunque aperto il problema di proteggere la privacy di un gruppo di utenti che collaborino allo stesso calcolo. Questo potrebbe essere il caso, ad esempio, di un gruppo di banche che puntano ad elaborare in modo congiunto i dati dei propri clienti per sviluppare un modello finanziario comune, ma senza che né le altre banche partecipanti, né i gestori del processore remoto possano carpire alcuna informazione sui dati dei loro clienti.
In un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, è stato dimostrato un protocollo di crittografia adattabile a piattaforme di crescente complessità e grandezza, che permette a più utenti di portare avanti un calcolo in comune mantenendo intatta la sicurezza dei loro dati e proteggendo tutti i dettagli del calcolo.
Questo è stato il risultato di una collaborazione scientifica nel campo di protocolli di computazione e crittografia quantistica tra la Sapienza Università di Roma, l’università Sorbonne di Parigi, il Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) e VeriQloud company.
Le piattaforme basate su stati di luce quantistica sono tra le principali candidate per la realizzazione di reti quantistiche densamente interconnesse, che possano mettere in comunicazione più utenti, sia tra di loro che con server dotati di potenza di calcolo. Infatti, le sue proprietà fisiche la rendono un sistema molto promettente per la trasmissione di informazioni su lunga distanza, come hanno dimostrato alcuni esperimenti di comunicazione quantistica tra stazioni terrestri e satelliti in orbita.
L’esperimento guidato da Fabio Sciarrino e condotto presso il Quantum Lab del Dipartimento di Fisica della Sapienza ha dimostrato, per la prima volta, un protocollo in cui due utenti elaborano un calcolo quantistico su un server distante, pur assicurando la totale sicurezza dei dati relativi al calcolo. La piattaforma sperimentale sfrutta fibre ottiche per collegare i clienti tra loro e con il server, dimostrando la sicurezza e l’efficacia del protocollo anche nel caso in cui i partecipanti al protocollo si trovino a distanza.
Il protocollo e la sua sicurezza sono stati ideati e dimostrati da gruppi di ricerca diretti da Elham Kashefi e Marc Kaplan ed affiliati rispettivamente all’Univerità Sorbonne di Parigi e all’azienda VeriQloud.
“Il nostro lavoro – commenta Beatrice Polacchi, dottoranda del team Quantum Lab – è la prima dimostrazione sperimentale di un protocollo sicuro di delegazione di calcolo quantistico che coinvolge più di un cliente, e costituisce pertanto un mattoncino per la costruzione di reti quantistiche più grandi e sicure”.
Un altro importante risultato di questa collaborazione è la possibilità di continuare su questa strada per dimostrare protocolli di computazione sempre più sicuri e investigare reti quantistiche di crescente dimensione e connettività.
“I nostri risultati – conclude Fabio Sciarrino, responsabile del Quantum Lab – motivano la ricerca volta ad identificare nuovi protocolli sicuri calcolo quantistico delegato e nuove architetture modulari per le reti quantistiche. Ci aspettiamo che questo lavoro fornirà uno stimolo significativo alla ricerca sulla futura realizzazione di un cloud quantistico”.
Questa linea di ricerca è supportata dal programma europeo per la ricerca e l’innovazione “European Union’s Horizon 2020” attraverso il progetto FET “PHOQUSING”.
Antonella Castellina è stata eletta coordinatrice scientifica (spokesperson) dell’Osservatorio Pierre Auger, una collaborazione internazionale di oltre 400 scienziati di 17 paesi cui l’INFN partecipa, e che studia l’origine delle astroparticelle di altissima energia grazie a un grande rivelatore diffuso nella pampa argentina in prossimità della cittadina di Malargüe (provincia di Mendoza).
A darne notizia è proprio l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, spiegando che Castellina è ricercatrice dell’INAF – Osservatorio Astrofisico di Torino e che svolge la propria attività presso la Sezione INFN di Torino.
Prima di dedicarsi all’astrofisica delle particelle, la sua ricerca si è concentrata sulla fisica adronica agli esperimenti R608 e UA8 al CERN, e sullo studio della vita media dei protoni con l’esperimento NUSEX ai Laboratori del Monte Bianco del CNR. Ha poi studiato i neutrini provenienti da collassi stellari presso i laboratori sotterranei del Monte Bianco con l’esperimento LSD, e l’origine e la natura dei raggi cosmici presso l'osservatorio EAS-TOP ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso. Nell’esperimento Auger si è occupata dello studio della composizione dei raggi cosmici e delle interazioni adroniche. Più recentemente, ha coordinato lo sviluppo dell’upgrade dell’Osservatorio denominato AugerPrime, e ha rivestito la carica di co-spokesperson dell’esperimento.
L’Osservatorio Pierre Auger – si legge nella nota dell’INFN – è basato su un design ibrido, con un rivelatore di superficie formato da 1600 stazioni su un’area di 3000 km2 che rivela il fronte dello sciame di particelle cosmiche quando arriva a terra, e 27 telescopi che dominano l’area e osservano la luce di fluorescenza emessa durante la propagazione dello sciame, permettendo di misurarne lo sviluppo longitudinale. L’Osservatorio è in presa dati sin dal 2008, anno in cui è terminata la sua costruzione, e da allora ha accumulato un’esposizione pari a circa 120.000 km2 x steradiante x anno, permettendo di studiare le proprietà dei raggi cosmici di altissima energia con una precisione senza precedenti. I risultati ottenuti hanno profondamente modificato i precedenti modelli sull’origine e composizione in massa di queste particelle cosmiche, e fornito preziose informazioni sulle interazioni adroniche aenergie di gran lunga superiori a quelle ottenibili agli acceleratori terrestri.
Recentemente l’Osservatorio è stato oggetto dell’importante programma di aggiornamento dei rivelatori AugerPrime, nel quale l’INFN ha giocato un ruolo di primaria importanza. L’aggiunta di scintillatori plastici, di antenne in grado di misurare l’emissione radio dagli sciami e di rivelatori di muoni interrati permetterà di migliorare in modo significativo le capacità dell’Osservatorio nel determinare la composizione in massa dei raggi cosmici alle energie più estreme, un’informazione di cruciale importanza per discriminare tra diversi modelli di astrofisica, per l’identificazione delle sorgenti e per studiare le interazioni adroniche.
I dati raccolti dall’Osservatorio – spiega ancora l’INFN – hanno un grande valore per la comunità scientifica internazionale, e costituiscono una base necessaria per i progetti futuri previsti per il prossimo decennio. L’Osservatorio costituisce inoltre una facility internazionale per lo sviluppo e i test di nuovi esperimenti. Al fine di massimizzare la realizzazione del loro potenziale scientifico, la Collaborazione Auger è fortemente impegnata nell’adottare una politica di accesso aperto ai dati.
L’Italia partecipa alla collaborazione scientifica Auger con una cinquantina di ricercatori provenienti dalle Università e Sezioni INFN di Catania, Lecce, Milano, Napoli, Roma Tor Vergata, Torino, le Università dell'Aquila, di Palermo e del Salento, i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, il GSSI Gran Sasso Science Institute, il Politecnico di Milano, l’Osservatorio Astrofisico di Torino dell’INAF e l'Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica di Palermo dell'INAF. (focus\ aise)