I passi della ricerca

ROMA – focus/ aise - Il presidente dell’ENEA Gilberto Dialuce e il direttore del Dipartimento Nucleare Alessandro Dodaro si sono recati il 14 marzo a Ginevra dove hanno incontrato la direttrice generale del CERN Fabiola Gianotti. La missione è stata organizzata in occasione dell’avvio della collaborazione sulle tecnologie nucleari innovative tra i due enti di ricerca.
I due istituti lavoreranno insieme su attività di ricerca e sviluppo nei settori: fisica delle particelle elementari; rivelatori; sistemi avanzati di produzione di particelle; progettazione e validazione di sistemi nucleari innovativi come reattori veloci di quarta generazione, fusione termonucleare e produzione di radionuclidi per applicazioni medicali.
“L’accordo con ENEA nasce dal particolare interesse mostrato dal CERN per le tecnologie dei metalli liquidi pesanti disponibili presso il nostro Centro Ricerche del Brasimone (Bologna)”, ha dichiarato il presidente Dialuce. “Proprio in questo ambito avvieremo attività che prevedono, ad esempio, esperimenti ad alta energia come il Muon Collider (bersaglio per fasci di protoni per produzione di muoni) e il Future Circular Collider (bersaglio per fasci di fotoni), il progetto di un assorbitore a metallo liquido per la Beam Dump Facility (assorbitore di fasci di protoni del Super Proton Synchrotron) e test delle tecnologie nella facility HiRadMat”.
ENEA e CERN collaboreranno, inoltre, agli esperimenti Compact Muon Solenoid (CMS) che fa parte dell’acceleratore di particelle Large Hadron Collider (LHC) utilizzato per gli studi sul Bosone di Higgs, e n_TOF, la sorgente di neutroni di spallazione del CERN, progettata da Carlo Rubbia alla fine degli anni ‘90 e operativa dal 2001. L’impianto utilizza il fascio di protoni da 20 GeV che incide su un bersaglio di piombo per generare fasci di neutroni con un’energia ad ampio spettro, che vengono utilizzati per misurazioni di sezioni d’urto neutroniche ad altissima risoluzione.
“I dati nucleari ottenuti nell’ambito di questi esperimenti forniranno il supporto essenziale necessario per l’innovazione e la progettazione di diverse tecnologie: nel caso dei reattori di quarta generazione punteremo a migliorare le caratteristiche di sicurezza e protezione e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi attraverso l’incenerimento di nuclidi a vita lunga; nei reattori a fusione studieremo l’impatto delle condizioni di elevata irradiazione su materiali innovativi per i sistemi futuri”, ha sottolineato Dodaro.
Tutte le attività faranno capo alla Divisione ENEA Sistemi nucleari per l’energia, diretta da Mariano Tarantino, in collaborazione con i ricercatori Alberto Mengoni, Patrizio Console Camprini e Donato Castelluccio del Dipartimento Nucleare.
È possibile congelare l’acqua allo stato liquido tramite l’applicazione di un campo elettrico? L’interrogativo è rimasto aperto fin dalla seconda metà dell’’800, quando il fisico Louis Dufour paventò tale possibilità ed innescò nella comunità scientifica un acceso dibattito sulla possibilità di applicare anche all’acqua la tecnica dell’electrofreezing, o elettrocongelamento, cioè la cristallizzazione di una sostanza indotta da campi elettrici, analogamente a quanto avviene in molti processi naturali e tecnologici, dalla dinamica troposferica alla chimica degli alimenti, dal raffreddamento dei microchip alla microfluidica e alla catalisi. Si pensi, ad esempio, che il processo di congelamento dei fiocchi di neve è fortemente alterato in presenza di campi elettrici.
Oggi, una ricerca condotta da un gruppo di ricerca dell’Istituto per i processi chimico-fisici del Consiglio nazionale delle ricerche di Messina (Cnr-Ipcf) in collaborazione con colleghi inglesi di IBM Research Europe, ha per la prima volta dimostrato, attraverso metodi avanzati di simulazione al supercalcolatore, che campi elettrici intensi sono capaci di indurre una transizione dalla fase liquida ad una nuova fase vetrosa dell’acqua. I ricercatori hanno indicato tale nuova fase con il nome di ferroelectric glassy water (f-GW), letteralmente “acqua vetrosa ferroelettrica”.
Lo studio è pubblicato su Nature Communications: “La fase dell’acqua vetrosa ferroelettrica si aggiunge al già ricco insieme di strutture che caratterizzano il diagramma di fase della sostanza chimica più studiata, che compendia più di 20 fasi cristalline note”, spiega Giuseppe Cassone (Cnr-Ipcf). “Tale scoperta non solo rappresenta un importante tassello nella comprensione del comportamento fondamentale dei liquidi e delle loro transizioni di fase, ma ha implicazioni profonde sulle strutture assunte dall’acqua nei sistemi biologici, nei fenomeni planetari e in sistemi di interesse tecnologico”, prosegue il ricercatore Cnr.
L’acqua, infatti, è presente in numerose reazioni e processi che utilizzano campi elettrici simili a quelli necessari ad innescare questa transizione: ad esempio reazioni enzimatiche e nei microchip, nei quali l’acqua è usata come liquido raffreddante. “Ma anche l’atmosfera terrestre e quella di molti esopianeti sono ricche di acqua e presentano intense attività di fulminazione”, aggiunge Fausto Martelli (IBM) “Infine, le superfici di una lunga serie di minerali bagnati dalle acque naturali esibiscono campi elettrici spontanei ancora più intensi di quelli necessari alla trasformazione dell’acqua liquida nella sua controparte vetrosa ferroelettrica.” Questa nuova fase sembra quindi essere presente in molti contesti biologici, naturali e tecnologici. La sua comprensione potrà portare a importanti innovazioni, dalla modulazione delle interazioni tra antibiotici e proteine con membrane biologiche, alla ottimizzazione dell’effetto di raffreddamento in microelettronica, con conseguente impulso alla corsa per la miniaturizzazione. (focus\ aise)