I passi della ricerca

ROMA – focus/ aise – Ricerca sul Sistema Energetico (RSE) e Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) hanno siglato un protocollo d’intesa finalizzato alla collaborazione in attività di ricerca in ambito geotermico. L’intesa è stata firmata il 14 maggio a Roma, presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, da Franco Cotana, amministratore delegato di RSE, e Carlo Doglioni, presidente INGV.
“La geotermia ad alta, a media e a bassa entalpia è una fonte energetica sostenibile a zero emissioni di CO2. Nel primo caso le elevate temperature consentono di produrre vapore e, da esso, energia elettrica. Un modello a cui guardare è l’esempio di Larderello di oltre 100 anni fa. Negli altri casi, la geotermia consente di favorire il teleriscaldamento o, semplicemente, di aumentare fino a 6 - 8 volte l’efficienza energetica termica delle pompe di calore”, ha affermato Franco Cotana. “Siamo lieti, quindi, di sancire oggi l’avvio di una proficua collaborazione su questi temi con INGV e con i suoi ricercatori, per individuare soluzioni energetiche innovative”.
“L’Italia vanta una lunga tradizione nel settore dell’energia geotermica, testimoniata dalle numerose centrali presenti in particolare in Toscana”, ha aggiunto Carlo Doglioni. “La sigla del protocollo d’intesa con RSE ci consente di mettere a disposizione della collettività le conoscenze scientifiche che l’INGV ha acquisito nel tempo in questo settore ricco di potenzialità, e di guardare al futuro per investire in risorse rinnovabili che possano contribuire a ridurre l’impatto ambientale delle attività antropiche”.
L’incontro è stato aperto dai saluti del capo di Gabinetto del Ministro per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica, Antonio Scino. “Il protocollo darà impulso a ricerche legate al suolo e allo sviluppo di energie alternative, come la geotermia, in sicurezza. Questo sarà utile per i lavori del Dipartimento Energia e per l’intero Ministero”.
L’appuntamento è quindi proseguito con gli interventi di Marilena Barbaro, direttore generale già DG Infrastrutture e Sicurezza MASE, Massimo Chiappini, direttore Dipartimento Ambiente INGV, e Michele de Nigris, direttore Dipartimento Sviluppo Fonti Energetiche RSE.
“Come MASE ci impegniamo a mettere in campo tutte le iniziative necessarie a rafforzare la geotermia italiana. La partnership tra RSE e INGV darà un contributo essenziale per valorizzare la risorsa geotermica. Il Ministero è pronto a supportare questa crescita. Il nostro obiettivo è quello di avere un mix energetico equilibrato che guardi alla decarbonizzazione e all’indipendenza energetica del Paese”, ha spiegato Marilena Barbaro.
“Larderello, in Toscana, è conosciuta come la “Capitale mondiale della geotermia”: un segnale di quanto l’Italia abbia le potenzialità per imporsi come centro nevralgico della ricerca scientifica in questo settore. Il progresso della conoscenza deve quindi essere costantemente incoraggiato, anche attraverso la firma di accordi come quello tra INGV e RSE. L'INGV metterà in campo tecnologie di avanguardia per la caratterizzazione dei sistemi geotermici idonei alla produzione di energia, ma anche per l'individuazione di aree che presentino un potenziale energetico attraverso, ad esempio, l'utilizzo di idrogeno bianco”, ha affermato Massimo Chiappini.
“Potenzialmente, le georisorse possono favorire in modo molto rilevante la transizione energetica; tuttavia, sono state fino a oggi considerate in modo poco adeguato. Grazie alle sue risorse geotermiche, l'Italia può ambire a una posizione di leadership nell'Europa continentale, come produttore di calore, elettricità e materie prime critiche, assumendo un ruolo di eccellenza in uno dei settori energetici che oggi, invece, ci vede dipendere da Paesi lontani e al centro di note situazioni geopolitiche”, ha dichiarato Michele de Nigris.
La collaborazione tra RSE e INGV si concentrerà su attività di ricerca, da sviluppare nel breve-medio termine, sull'impatto delle emissioni di metano geologico sulle emissioni totali di gas serra; sulla caratterizzazione geochimica dei fluidi geotermici e delle brine petrolifere per identificare materiali strategici; sullo stoccaggio dell'idrogeno nei sistemi geologici; sulla valorizzazione della risorsa geotermica a bassa e media entalpia.
Sul lungo termine, invece, i due enti lavoreranno in maniera congiunta su un progetto per l’aggiornamento delle mappe di temperatura del sottosuolo italiano fino a 4000 metri di profondità.
Le applicazioni dei risultati dell’attività di ricerca congiunta potranno essere molteplici. Basti pensare che le brine geotermiche possono contenere materie prime critiche come il Litio, indispensabile per la produzione delle moderne batterie per la mobilità elettrica e l’accumulo energetico.
Ottenere immagini dettagliate della struttura e del livello di fratturazione delle rocce della caldera dei Campi Flegrei tramite l’analisi della variazione nel tempo della velocità delle onde sismiche. Al contempo, investigare le caratteristiche principali del sistema di alimentazione vulcanico e i principali cambiamenti tra l’instabilità (unrest) o bradisismo in corso e il fenomeno accaduto tra il 1982 e il 1984.
Questi gli obiettivi dello studio “Tracking transient changes in the plumbing system at Campi Flegrei Caldera” condotto da un team multidisciplinare di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, appena pubblicato su Earth and Planetary Science Letters di Elsevier.
Si tratta del primo studio di tomografia sismica che integra la microsismicità avvenuta ai Campi Flegrei nell’arco di quarant’anni, dal 1982 al 2022. I ricercatori hanno utilizzato una tecnica basata su un approccio probabilistico non lineare alla risoluzione del problema tomografico, analizzando il rapporto tra la velocità delle cosiddette onde P (prime o di pressione) e il loro rapporto con le cosiddette onde S (seconde o di taglio).
Questo metodo innovativo – spiega l’INGV – ha permesso di far luce sulle caratteristiche della velocità crostale fino alla profondità di 6 km, dove le tradizionali tecniche linearizzate hanno sempre mostrato limiti di risoluzione. L’uso di questo metodo, inoltre, ha permesso di individuare per la prima volta tre principali zone di accumulo di materiale magmatico sotto l’area risorgente, corrispondenti alle sorgenti delle deformazioni bradisismiche. Mentre i serbatoi centrali, localizzati a 2.5 e 3.5 km di profondità, rivelano un accumulo prevalente di fluidi in sovrapressione, il serbatoio più profondo, localizzato a 5 km, mostra valori di velocità coerenti con un accumulo di magma.
Importante elemento innovativo del metodo studiato è la possibilità di individuare le principali variazioni nel tempo delle anomalie di velocità e, quindi, dell'evoluzione delle zone di accumulo di materiale magmatico. Ciò è stato possibile grazie all’intuizione del team di ricercatori che ha sviluppato in maniera pionieristica il metodo di tomografia sismica in 4 dimensioni (spazio e tempo).
I risultati mostrano che i due episodi analizzati di unrest del 1982-1984 e dal 2005 al 2022, seppur coinvolgendo volumi differenti, sono stati entrambi caratterizzati da episodi di risalita e di accumulo nella zona centrale prevalentemente di gas magmatici in sovrappressione e in profondità di magma, suggerendo che entrambi questi processi svolgono un ruolo importante nell’indurre l’unrest calderico.
Questo approccio può rivelarsi un utile strumento per monitorare nel tempo l’evoluzione del sistema di alimentazione magmatica della caldera e la volontà dei ricercatori è di estendere quanto prima il modello probabilistico anche agli anni successivi al 2022. (focus\ aise)