I passi della ricerca

ROMA – focus/ aise - Un modello avanzato di intelligenza artificiale per migliorare i calcoli delle simulazioni di incidenti "severi" nei reattori nucleari. A studiarlo è l’ENEA nell’ambito del progetto europeo ASSAS da 4 milioni di euro, coordinato dalla francese ASNR, che vede la partecipazione di 14 partner di Paesi Ue, Svizzera e Ucraina.
Il modello punta a combinare analisi temporali e relazioni tra variabili per ottimizzare i calcoli del codice ASTEC, il software di riferimento europeo che consente di simulare i fenomeni generati da un incidente severo in un reattore raffreddato ad acqua, dall’evento iniziale fino all’eventuale rilascio di materiali radioattivi all’esterno del contenimento.
L’obiettivo finale è rafforzare la sicurezza in caso di incidenti nucleari adottando pronte e sperimentate strategie di risposta. Questo sarà possibile grazie alla collaborazione tra ricercatori internazionali specializzati negli incidenti severi ed esperti di apprendimento automatico.
“I simulatori di reattori nucleari assistono la formazione degli operatori, la progettazione e la valutazione della sicurezza. Tuttavia, solo pochi simulatori al mondo modellizzano incidenti severi che possono comportare la fusione del nocciolo. Il progetto ASSAS punta a creare un prototipo di simulatore basato sul codice ASTEC per modellizzare, calcolare e visualizzare in tempo reale i principali fenomeni di un incidente tramite un’interfaccia grafica interattiva”, spiega il responsabile per ENEA del progetto Fulvio Mascari, ricercatore del Dipartimento Nucleare. “L’obiettivo – prosegue - è raggiungere una velocità di calcolo del codice tale da offrire agli utenti del simulatore un’esperienza di training realistica. A dimostrazione dell’impegno nella formazione delle giovani generazioni, ENEA finanzia in questo ambito una borsa di dottorato con l’Università di Bologna”.
L’upgrade del codice ASTEC consentirà di realizzare simulatori ingegneristici e in scala reale che potranno essere utilizzati per mettere a punto linee guida sulla gestione degli incidenti severi, sviluppare nuovi sistemi di sicurezza e formare gli operatori.
“I prossimi passi – conclude Mascari – prevedono la validazione dei modelli e l’integrazione di modelli fisici e tecniche di machine learning per incrementare ulteriormente l’accuratezza delle simulazioni”.
Un gruppo di ricerca coordinato dall’Istituto di scienze e tecnologie chimiche “Giulio Natta” del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano (Cnr- Scitec) ha sviluppato un catalizzatore a base di nichel e indio in grado di convertire composti derivati dalla biomassa in idrogeno verde con una stabilità finora ottenibile solo con catalizzatori a base di metalli nobili, molto stabili ma dal costo elevato. Questo risultato rappresenta un passo avanti significativo verso la produzione di idrogeno sostenibile, riducendo la dipendenza da materiali rari e costosi. Allo studio hanno partecipato anche altri due Istituti di ricerca del Cnr - l’Istituto di chimica dei composti organometallici (Cnr-Iccom) e l’Istituto per i processi chimico-fisici (Cnr-Ipcf), entrambi con sede a Pisa, l’Università di Pavia e lo European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble, in Francia. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Applied Catalysis B: Environment and Energy.
Grazie a sofisticate analisi ai raggi X con luce di sincrotrone, condotte presso la facility di Grenoble mentre il catalizzatore era in funzione, il team ha scoperto che l’indio svolge un ruolo cruciale nel proteggere il nichel dalla formazione di depositi di carbonio, il principale responsabile della perdita di efficienza nei catalizzatori tradizionali. “Nei catalizzatori classici, privi di indio, il nichel tende a interagire con i composti della biomassa formando residui di carbonio che, accumulandosi sulla superficie del catalizzatore, ne bloccano progressivamente l’attività” spiega Filippo Bossola, ricercatore del Cnr-Scitec. “Questo fenomeno riduce drasticamente la durata del catalizzatore e rende il processo meno sostenibile dal punto di vista economico”.
“L’integrazione di queste analisi sperimentali con modelli atomistici predittivi, strumenti computazionali che simulano il comportamento di materiali e molecole a livello atomico, ha permesso di comprendere a fondo il meccanismo di stabilizzazione: l’indio agisce come una barriera protettiva, impedendo la deposizione del carbonio e garantendo una maggiore durata ed efficienza del catalizzatore”, continua Bossola. “Poter osservare i catalizzatori in azione è stato fondamentale per comprendere il ruolo dell’indio nel migliorare la stabilità del catalizzatore a base di nichel. Questa scoperta apre la strada allo sviluppo di nuove strategie che potrebbero rivoluzionare la produzione di idrogeno da biomassa, contribuendo così alla transizione verso un’energia più pulita e sostenibile”, conclude il ricercatore.
Lo studio è stato svolto nel contesto dei progetti “MASE - POR H2 AdP project, funded by the EU PNRR, Mission 2, Component 2, Investment 3.5 "Research and development on hydrogen”, “MASE - Mission Innovation POA 2021–2023 - Hydrogen Demo Valley: Infrastrutture Polifunzionali Per La Sperimentazione e Dimostrazione delle Tecnologie dell’idrogeno” e “European Union’s Horizon 2020 MSCA-ITN Bimetallic catalyst knowledge-based development for energy applications”. (focus\aise)