I progressi della ricerca italiana

ROMA – focus/ aise – Durante la decima campagna di scavo della Missione Archeologica Italiana nell’antica città sumerica di Niĝin (Tell Zurghul) in Iraq, diretta da Davide Nadali, docente del Dipartimento di Scienze dell’antichità dell'Università La Sapienza di Roma, è stata rinvenuta una tavoletta cuneiforme risalente alla fine del IV millennio a.C.
Ne dà notizia l'ateneo romano, spiegando che la tavoletta, letta e interpretata da Lorenzo Verderame, docente del Dipartimento SARAS, registra la distribuzione di ingenti quantità di pesci che dovevano anticamente essere uno dei più comuni alimenti per una città come Niĝin, immersa in un ambiente acquatico caratterizzato dalla presenza di acque dolci (fiumi e canali) e salate (mare).
Oltre alla registrazione di singole specie, lo scriba annota cinquecento contenitori in vimini utilizzati per il trasporto e la conservazione dei pesci. Questo dettaglio – sottolinea l’ateneo romano – è particolarmente interessante perché è confermato dal dato archeologico, ovvero dai numerosi resti di lische raccolti negli ambienti scavati e dal rinvenimento di sigillature in bitume recanti le impronte della trama in vimini e delle corde che dovevano chiudere questi contenitori.
La scrittura, distribuita in due colonne su ognuna delle due facce della tavoletta, è di tipo proto-cuneiforme.
I pittogrammi sono simili a quelli impiegati a Uruk dove appare la scrittura per la prima volta nella storia umana alla fine del IV millennio a.C. L’eccezionalità della scoperta si lega al fatto che si tratta della prima testimonianza di tale scrittura nella regione di Lagash e, più in generale, al di fuori della città di Uruk ed è una riprova della diffusione di questa prima forma di scrittura e del sistema amministrativo che l’aveva creata.
Per la prima volta, un laser compatto è riuscito a emettere luce fino a 10 terahertz, nella cosiddetta “banda proibita” dei terahertz, una regione dello spettro finora irraggiungibile per i laser a semiconduttore. Lo straordinario risultato, guidato dall’Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr Nano) in collaborazione con l’Università di Leeds e il Cambridge Graphene Centre, è stato ottenuto introducendo nel laser una struttura in grafene capace di amplificare la radiazione e spingerla verso frequenze più elevate. La ricerca è pubblicata sulla rivista Nature Nanotechnology, che lo ha selezionato per la copertina del numero di novembre.
I laser a cascata quantica sono dispositivi molto compatti, ideali per generare radiazione terahertz, ma presentano un limite fondamentale: tra 6 e 10 THz non riescono a emettere luce. In questa regione dello spettro, i materiali semiconduttori come l’arseniuro di gallio che costituiscono il cuore del laser, assorbono fortemente la radiazione, impedendo l’amplificazione del segnale e il funzionamento del dispositivo. Questa “banda mancante” ha finora impedito lo sviluppo di sorgenti compatte per applicazioni cruciali in spettroscopia, sensoristica, comunicazioni e astronomia.
Le ricercatrici di Cnr Nano Miriam Serena Vitiello, coordinatrice dello studio, e Alessandra Di Gaspare hanno aggirato questo limite grazie a un’idea innovativa: hanno integrato sulla superficie del laser un reticolo di micro-nastri di grafene che modifica la risposta elettromagnetica del laser. “Il reticolo di grafene amplifica il campo elettrico all’interno dal laser e innesca un fenomeno noto come generazione della terza armonica: la radiazione prodotta dal laser a 3,3 THz viene trasformata a frequenze tre volte più alte raggiungendo così la regione dei 9–10 THz”, spiega Vitiello. “Il grafene agisce come un vero e proprio “trampolino ottico”, capace di rilanciare la luce spingendola verso frequenze più alte, oltre il limite imposto dal materiale semiconduttore. Il grafene, cioè. agisce come un vero e proprio “trampolino ottico”, consentendo alla luce di effettuare un triplo salto di frequenza e raggiungere così una regione dello spettro mai raggiunta prima dai laser a semiconduttore”.
Il laser, in questa prima versione, ha una potenza non elevata ma sufficiente per applicazioni molto sensibili, come la spettroscopia usata in astronomia o nel monitoraggio dell’atmosfera. Ma soprattutto, apre la strada a una nuova generazione di sorgenti terahertz compatte e regolabili, che potrebbero coprire l’intero spettro di frequenze terahertz, da 1,2 a 12 THz.
“Il nostro approccio mostra che è possibile superare un limite considerato invalicabile e che il grafene, ancora una volta, riesce a spingersi dove altri materiali falliscono, trasformando un vecchio limite della fisica dei semiconduttori in una nuova opportunità per la luce stessa”, conclude la ricercatrice.
Il progetto è stato sviluppato interamente al Cnr Nano di Pisa all’interno del laboratorio NEST della Scuola Normale Superiore, con il contributo dell’Università di Leeds per la crescita del semiconduttore del laser e del Cambridge Graphene Centre per il grafene ad alta qualità. Il progetto è sostenuto dal programma europeo EXTREME IR – Horizon 2020. (focus\aise)