I progressi della ricerca italiana

ROMA – focus/ aise – Oli di frittura esausti, reti da pesca dismesse, fibre di carbonio riciclate. È da questi rifiuti che nascono componenti per le auto del futuro, più leggeri e sostenibili. Prototipi innovativi come pannelli in schiuma poliuretanica isolanti, ed al tempo stesso, capaci di assorbire, immagazzinare e rilasciare calore, tessuti elettrofilati con proprietà antimicrobiche per gli interni dei veicoli oltre a biolubrificanti da oli esausti vegetali e biocarburanti alternativi ai combustibili fossili. Sono questi alcuni dei risultati del progetto CO-SMART coordinato dall’Università di Pisa che saranno presentati il 15 dicembre all’Heritage Hub di Torino, un evento che vedrà la partecipazione di ricercatori di università e centri di ricerca e professionisti di grandi aziende del settore, tra cui Stellantis-CRF.
“Tutti i materiali sviluppati sono stati validati dal punto di vista tecnico e sottoposti ad analisi del ciclo di vita, che ne ha confermato il minor impatto ambientale in tutte le fasi di produzione e utilizzo rispetto ai materiali o componenti analoghi ottenuti da fonti fossili o materie prime vergini”, spiega la professoressa Maurizia Seggiani del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale. “I risultati ottenuti da questo progetto e dai progetti nati nel MOST confermano quanto sia fondamentale la collaborazione tra ricerca pubblica e industria per trasformare rifiuti industriali in materiali alternativi a quelli attualmente in uso, riducendo sprechi ed emissioni senza compromettere qualità e prestazioni, come richiesto da un settore esigente come quello automotive”.
Finanziato dal bando Flagship A – CN4 MOST-PNRR, CO-SMART (COmmunicating Sustainability: innovations in MAterial Recycling and new production Technologies for the automotive sector) ha come partner, accanto all’Università il Politecnico di Bari, l’Università di Bologna e l’Università Politecnica delle Marche.
Una ricerca guidata dall’Istituto di biologia e patologia molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Ibpm) ha caratterizzato un particolare RNA non codificante (lncRNA), che non dà, cioè, origine a proteine, con un ruolo chiave nella sopravvivenza delle cellule tumorali del medulloblastoma di gruppo 3, la forma più aggressiva di tumore pediatrico del cervelletto.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell Death & Disease, si inserisce nel contesto delle RNA-based therapies, una delle frontiere della medicina di precisione, ed è stato realizzato con il supporto del Centro Nazionale per lo Sviluppo di Terapia Genica e Farmaci con Tecnologia a RNA, finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Coordinato da Pietro Laneve (Cnr-Ibpm), il lavoro è il risultato di una collaborazione che ha coinvolto anche ricercatrici e ricercatori della Sapienza Università di Roma guidati da Monica Ballarino, esperta di lncRNA, e del Center for Life Nano- & Neuro-Science dell’Istituto Italiano di Tecnologia.
“La ricerca ha rivelato che questa molecola, denominata lncMB3, agisce come un potente fattore anti-apoptotico, impedisce, cioè, la morte delle cellule tumorali”, spiega Laneve. “Interagendo con specifici partner funzionali, essa è infatti grado di ‘controllare’ il destino delle cellule tumorali alterando l’espressione di geni che svolgono un ruolo fondamentale per l’equilibrio tra proliferazione e morte cellulare programmata, nonché di geni ritenuti driver del medulloblastoma di gruppo 3”.
Lo studio propone anche interessanti risvolti applicativi: “Disattivando lncMB3 nelle cellule tumorali, si attivano processi di apoptosi e di riduzione della vitalità cellulare, effetti che risultano amplificati in combinazione con alcuni chemioterapici, come il cisplatino, come dimostrato in collaborazione con Daniela Trisciuoglio (Cnr-Ibpm)”, aggiunge Laneve. “Una possibile futura strategia terapeutica per contrastare il tumore consiste nell’impiegare nanovettori di ferritina umana, sviluppati da Elisabetta Falvo e Pierpaolo Ceci (Cnr-Ibpm), efficaci nel veicolare alle cellule di medulloblastoma molecole “antagoniste” di lncMB3”. L’inibizione di lncMB3, quindi, potrebbe aprire la strada ad approcci che integrano biologia dell’RNA e nanotecnologie. “Stiamo perfezionando potenziali agenti terapeutici che saranno testati in vivo in modelli preclinici”, conclude il ricercatore. “Il medulloblastoma di gruppo 3, caratterizzato da elevati tassi di recidiva e metastasi, rappresenta una sfida della neuro-oncologia pediatrica. La scoperta di lncMB3 e del suo meccanismo d’azione fornisce una nuova chiave di lettura della malattia e apre la via a terapie più mirate e meno tossiche, basate sull’interferenza selettiva di RNA non codificanti patologici”. (focus\aise)