I progressi della ricerca italiana

ROMA – focus/ aise – È partito con successo dall’Antartide l’esperimento GAPS (General AntiParticle Spectrometer), dedicato allo studio dell’antimateria nei raggi cosmici. Il lancio è avvenuto dalla base NASA di McMurdo il 15 dicembre alle 17:37 (ora italiana), corrispondenti alle 05:37 di martedì 16 dicembre in Nuova Zelanda, grazie a un grande pallone stratosferico che ha trasportato l’apparato scientifico fino a circa 37 chilometri di quota. I primi controlli hanno confermato che tutti i sistemi funzionano regolarmente e ora l’esperimento sta acquisendo i suoi primi dati.
La collaborazione GAPS, sostenuta dalla NASA, coinvolge istituzioni di ricerca degli Stati Uniti, del Giappone e dell’Italia. La partecipazione italiana, supportata dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), comprende ricercatrici e ricercatori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e delle Università di Firenze, Pavia, Bergamo, Napoli, Torino, Roma Tor Vergata e Trieste.
Il lancio è avvenuto nell’ambito delle attività della base LDB (Long Duration Balloon) della Columbia Scientific Balloon Facility (CSBF) della NASA, una struttura unica al mondo che opera in Antartide a circa 78 gradi di latitudine Sud. Qui, le particolari condizioni atmosferiche permettono ai palloni stratosferici di compiere voli di lunga durata, anche di diverse settimane, seguendo traiettorie circolari attorno al Polo Sud. Questo consente agli scienziati di raccogliere grandi quantità di dati in un ambiente ideale per lo studio dei raggi cosmici.
L’obiettivo scientifico di GAPS è ambizioso: studiare la rarissima componente di antimateria presente nei raggi cosmici, particelle energetiche provenienti dallo spazio, con particolare attenzione agli anti-nuclei a bassa energia, come anti-protoni, anti-deuterio e anti-elio. La possibile osservazione di questi segnali potrebbe fornire indizi fondamentali sulla natura della materia oscura, una delle grandi questioni ancora aperte della fisica moderna.
Per farlo, GAPS utilizza una tecnica innovativa. Quando una particella di antimateria entra nel rivelatore, viene catturata dagli atomi del materiale e forma un atomo “esotico”, ovvero un atomo in cui le particelle di anti-materia nucleare, con carica negativa, orbita intorno al nucleo, di carica positiva. L'annichilazione dell'antinucleo e il decadimento dell’atomo esotico emettono segnali caratteristici. Analizzando questi segnali, gli scienziati possono identificare con precisione il tipo di antiparticella osservata.
Un contributo chiave allo sviluppo dell’esperimento arriva dall’Italia. La componente italiana della collaborazione ha progettato e realizzato per il tracciatore, ovvero il sistema che misura la direzione di arrivo dei raggi cosmici, basato su sensori al silicio, un sofisticato sistema di elettronica di lettura e alimentazione, in grado di individuare pochissimi eventi di interesse all’interno di un enorme flusso di particelle cosmiche.
“Siamo lieti di annunciare che l’esperimento GAPS ha finalmente preso il volo”, commenta Mirko Boezio, ricercatore dell’INFN e responsabile nazionale della collaborazione italiana GAPS. “Dopo la campagna antartica del 2024, durante la quale condizioni di vento avverse avevano impedito il lancio, quest’anno l’obiettivo è stato raggiunto in appena una settimana. Questo successo dimostra come l’impegno e la dedizione di ricercatori e ricercatrici provenienti da diversi Paesi e uniti da un obiettivo comune possano contribuire in modo significativo alla scienza, per svelare alcuni dei misteri dell’universo, come la natura della materia oscura. Ringraziamo tutte le colleghe e tutti i colleghi italiani che hanno collaborato negli anni e che in questi giorni stanno analizzando i primi dati”.
“Il lancio dell’esperimento GAPS è il coronamento di anni di lavoro, raggiunto anche grazie alle consolidate competenze che il gruppo di ricerca italiano, supportato dall’Agenzia Spaziale Italiana, ha messo a disposizione del progetto internazionale”, sottolinea Elisabetta Cavazzuti, responsabile del progetto GAPS per l’Agenzia Spaziale Italiana. “I progetti scientifici con esperimenti messi in orbita con piattaforme su palloni stratosferici rappresentano opportunità uniche di ricerca oltre che di formazione di giovani ricercatori, perché consentono ai team scientifici di contribuire direttamente a tutte le fasi di disegno, sviluppo, test, operazioni e analisi dati”.
Uno studio pionieristico del Consiglio nazionale delle ricerche ha utilizzato una tecnica all'avanguardia, il "nanomotion sensing" per svelare in tempo reale il comportamento dello Staphylococcus aureus, un patogeno noto per la sua resistenza agli antibiotici.
Il team, coordinato dai ricercatori Giovanni Longo, Simone Dinarelli e Marco Girasole del gruppo Biotech@ISM dell’Istituto di struttura della materia del Cnr di Roma (Cnr-Ism) in collaborazione con colleghi dell’Istituto di biofisica del Cnr di Pisa (Cnr-Ibf), del Dipartimento di Scienze biomolecolari dell’Università di Urbino Carlo Bo e del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma, è stato in grado di rilevare, per la prima volta, il nanomovimento del batterio, evidenziando la connessione tra la disponibilità di ferro e l'attività metabolica del batterio.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Scientific Reports, prefigura nuove strade per combattere le infezioni batteriche: nello specifico, il team si è concentrato su Staphylococcus aureus esaminando le vibrazioni su scala nanometrica del metabolismo batterico in relazione alla disponibilità di ferro. “Il ferro è micronutriente cruciale per la crescita dei batteri e gioca un ruolo fondamentale in diversi processi fisiologici, tra cui la motilità”, spiega Giovanni Longo (Cnr-Ism).
Sono stati studiati, in particolare, due ceppi di Staphylococcus aureus – uno selvatico (wild type) e un mutante privo della capacità di produrre siderofori (molecole essenziali per l'assunzione di ferro) – in presenza e assenza di ferro. Utilizzando il ‘nanomotion sensing’, è stato possibile osservare oscillazioni coordinate a frequenze ben definite che potrebbero riflettere il comportamento specifico del batterio. Questi risultati sono stati confermati anche attraverso saggi biochimici e fenotipici, seguendo la crescita dei batteri nelle diverse condizioni con microscopia ottica e metodi di crescita convenzionali (OD600).
Le oscillazioni osservate sono correlate direttamente alla disponibilità di ferro, dimostrando come questo elemento influenzi la motilità e l'attività metabolica del batterio: i ricercatori suggeriscono, pertanto, che il ferro, così centrale per la crescita batterica, rappresenti un target promettente per lo sviluppo di nuove terapie antibatteriche.
"Questo studio dimostra come il ‘nanomotion sensing’ possa essere un potente strumento per analizzare le vibrazioni cellulari e per esplorare in dettaglio la relazione tra l'omeostasi del ferro e il comportamento di Staphylococcus aureus”, aggiunge Giovanni Longo. “Le oscillazioni osservate potrebbero aprire la strada a strategie terapeutiche innovative, mirate a disabilitare i batteri attraverso l'interruzione del loro metabolismo del ferro."
Oltre a fornire nuovi spunti per combattere Staphylococcus aureus, del quale è nota la capacità di sviluppare resistenza a molti antibiotici, i risultati suggeriscono che il controllo dell'omeostasi del ferro possa diventare una via terapeutica strategica per il trattamento di infezioni batteriche, in particolare quelle causate da ceppi resistenti. (focus\aise)