Italiani nel mondo e dove trovarli (3)

ROMA – focus/ aise – Tutto pronto per il secondo appuntamento del ciclo di corsi del Comune di Berceto, in Emilia-Romagna, per imparare i piatti della tradizione e degli antenati. Dopo quello del 22 novembre, il 13 dicembre (ore 14.30) sarà la volta della spongata di Berceto.
L’incontro, organizzato insieme alla Consulta degli Emiliano-Romagnoli nel Mondo, è dedicato al tipico dolce natalizio dell’Appennino, ricco di miele e frutta secca. Al termine, ogni partecipante porterà a casa la propria spongata.
Queste, non sono solo ricette, ma esperienze di vita e memoria. Su questo si base l’iniziativa che fa parte della rassegna “Roots”, progetto promosso dal Comune con il supporto della Consulta, che ha in programma, dopo quello di sabato 13 dicembre, anche un ultimo incontro, il 14 febbraio, dedicato ai tortelli di patate al sugo di funghi.
Il progetto invita a vivere un turismo delle origini attraverso esperienze autentiche e immersive. La proposta di cucina esperienziale è guidata da Stefania Bertaccini, guida turistica e insegnante di Parma specializzata in percorsi enogastronomici e naturalistici, che accompagnerà i partecipanti alla scoperta dei sapori autentici dell’Appennino parmense.
L’iniziativa si rivolge in primo luogo ai discendenti degli emigrati italo-romagnoli nel mondo che desiderano ritrovare un legame con la terra dei propri antenati, ma è aperta a tutti coloro che vogliono vivere un’esperienza autentica e partecipativa.
I corsi di cucina proposti da Roots non sono semplici lezioni gastronomiche, ma, come spiega il Comune, esperienze immersive che permettono di conoscere il territorio attraverso i suoi sapori, i suoi gesti e le sue tradizioni. Un modo per far incontrare gli amanti dell'Appennino con chi desidera riscoprire chi ha vissuto in questi luoghi attraverso il cibo della tradizione, valorizzando al contempo la cultura dell’accoglienza e il senso di comunità che caratterizzano il borgo.
La partecipazione ai corsi è gratuita, ma è necessaria la prenotazione al numero 3294571154 o scrivendo una e-mail a molinari.m@icloud.com.
Trenta voci autentiche, tutte al femminile. Dalla più anziana, partita prima del 1924, alla più giovane, emigrata nel 1949 a soli dieci anni dopo la perdita della madre. Storie che rievocano l’economia poverissima delle valli del Primiero, del Vanoi e del Mis, dove la sopravvivenza dipendeva dall’agricoltura di montagna, dall’allevamento e dall’aiuto reciproco della comunità. È così che si sviluppa il volume “Donne con la valigia – Primiero, storie di emigrazione femminile durante gli anni ’50”, presentato il 3 dicembre, nel foyer della Sala inCooperazione di Trento. Un volume che restituisce voce e dignità a un fenomeno spesso narrato soltanto al maschile.
L’iniziativa, promossa dalle Donne in Cooperazione e dalla Commissione Pari Opportunità ha trasformato un semplice appuntamento culturale in un momento di riflessione collettiva sulla storia e sull’attualità dell’emigrazione femminile.
Una storia fatta di partenze difficili, ma anche di desiderio, coraggio e ricerca di autonomia. Come ha ricordato Marilena Guerra, presidente della Commissione Pari Opportunità, “questo libro dà valore a un pezzo di storia rimasto nascosto: quello delle donne, il cui contributo è stato fondamentale ma per troppo tempo silenzioso”.
Negli anni ’30-’50, mentre il turismo iniziava a collegare quei territori al resto del Paese, molte ragazze partirono per lavorare come domestiche o bambinaie nelle città italiane e talvolta all’estero. Partivano per necessità, certo, ma non solo: “Dicevano: “vado a servir”, ma qualche volta la molla era il desiderio di capire, di scoprire”, ha ricordato Delia Scalet, coautrice insieme ad Angelo Longo.
Il presidente delle Acli trentine, Walter Nicoletti, ha sottolineato come queste storie offrano “una lente per leggere con più lucidità la realtà che viviamo oggi”. Perché, come ha ricordato Eleonora Da Ronco, presidente delle Donne in Cooperazione, “l’emigrazione femminile non appartiene soltanto al passato: ancora oggi tanti giovani e tante donne lasciano il Trentino. È un fenomeno che continua a interrogarci”.
Le pagine del libro mostrano infatti che, pur in epoche diverse, le motivazioni non sono poi così lontane: la ricerca di opportunità, di dignità, di riconoscimento. Il bisogno di emanciparsi da logiche familiari patriarcali e da ruoli prestabiliti, ancora troppo presenti nella società attuale.
Accanto alle storie del passato, l’incontro ha dato spazio anche alle esperienze migratorie contemporanee. Dolores Del Carmen Monreal, originaria del Messico e oggi socia delle Donne in Cooperazione, ha portato una testimonianza intensa su cosa significhi “fare la valigia” oggi: un gesto che continua a mescolare dolore, speranza e desiderio di futuro.
La presentazione si inserisce nel ventennale dell’Associazione Donne in Cooperazione, che in questi anni ha costruito un percorso solido per promuovere pari opportunità, formazione e leadership femminile all’interno del movimento cooperativo.
Il libro — nato da un progetto delle Acli del Primiero, arricchito da nuove testimonianze nella seconda edizione del 2025 e sostenuto da numerose realtà istituzionali — diventa così uno strumento prezioso per proseguire questo cammino: un esercizio di memoria che nutre l’impegno presente e invita a guardare avanti con consapevolezza.
“Ricordiamo oggi quanto accadeva settant’anni fa, quando Verona era un punto di riferimento per le tante persone che si spostavano verso il Nord Europa, in particolare verso Monaco. Monaco era l’hub di arrivo dei lavoratori provenienti da tutta Italia, che qui si radunavano prima di iniziare una nuova vita nella città tedesca. Credo che questo sia anche lo specchio dei tempi attuali, in cui lavoratori e lavoratrici si muovono nel mondo e le nostre aziende hanno bisogno di forza lavoro. Gli spostamenti delle persone, tuttavia, vengono spesso strumentalizzati e non si riesce a riconoscerne il valore. Sarebbe importante saper distribuire non solo le risorse economiche, ma anche sapere gestire quelle umane, così da permettere alle persone e alle attività produttive di progredire e prosperare”. Così, il Sindaco di Verona, Damiano Tommasi, è intervenuto durante il convegno organizzato ieri, 3 dicembre, dal Comune di Verona con la collaborazione della Fondazione Mei, Museo nazionale dell’Emigrazione per celebrare i 70 anni dagli accordi per l’emigrazione in Germania.
Diversi i presenti al convegno “Da lavoratori migranti a cittadini europei: emigrazione italiana in Germania 1955–2025 a settant’anni dall’Accordo fra la Repubblica italiana e la Repubblica Federale di Germania per il reclutamento ed il collocamento di manodopera italiana nella Repubblica Federale di Germania”: istituzioni, esperti, storici e docenti. Il tutto coordinato dal presidente di Fondazione Mei, Paolo Masini.
Il convegno ha raccolto due anni di studi e attività dedicate alla storia delle migrazioni italiane in Germania.
“Una vicenda che ha segnato la storia del nostro Paese, con migliaia di donne e di uomini che sono andati in Germania alla ricerca di un futuro migliore. Ricordarlo oggi con gli studenti cittadini europei ha un grande significato. È questa la mission del Mei, preservare la memoria e raccontare la più grande narrazione popolare e collettiva del nostro paese e renderla sempre attuale”, ha affermato il Presidente della Fondazione Mei Paolo Masini.
In un Paese distrutto, furono tantissimi gli italiani che partirono per la Germania. Molti passarono da Verona, più di trecentomila, passando da quello che oggi è il Liceo Artistico Statale e che all’epoca era invece il Centro per l’emigrazione, dove si svolgevano le visite mediche e si ricevevano le informazioni prima di salire sui treni a Porta Nuova e partire per la Germania.
“Con il convegno di oggi - ha continuato l’assessore alla Memoria storica, Jacopo Buffolo - concludiamo un percorso di due anni che ci ha condotto a celebrare gli accordi bilaterali tra Italia e Germania, un percorso che ha rafforzato le nostre reti di relazione, penso al Comune di Monaco, al Museo per l'Emigrazione Italiana, ai tanti ricercatori e ricercatrici che ci hanno accompagnato. Ma soprattutto al lavoro fatto dagli studenti, a partire dal Liceo Artistico, di riscoperta della nostra storia, per comprendere che le migrazioni sono processi naturali nelle società, processi che arricchiscono e innovano, alla politica sta la responsabilità di governarle, come avviene per altre conflittualità. Siamo contenti di essere riusciti a tracciare una strada che unisce le migrazioni di ieri a quelle di oggi, in particolare alla storia di migliaia i giovani che emigrano dalla nostra regione. È quindi sul presente che riflettiamo anche quando parliamo di storia”.
Con il reclutamento di manodopera organizzato dallo Stato nel 1955, la migrazione dall'Italia alla Germania aumentò. Monaco e Verona sono stati i principali punti di partenza e di arrivo per i laboratori italiani tra il 1955 e il 1973. Entrambe le città sono quindi anche luoghi centrali nella memoria collettiva della storia migratoria italo-tedesca. Inoltre, dal 1960 Monaco e Verona sono collegati da un gemellaggio, un legame duraturo e dinamico attivo in diversi ambiti da molti anni.
Oggi a Monaco vivono più di 30.000 persone con un passaporto italiano. Questi costituiscono il terzo gruppo più numeroso della popolazione non tedesca. Essi sono una parte importante della pluralità demografica che caratterizza la nostra continenza a Monaco e hanno arricchito in innumerevoli modi la cultura e lo stile di vita della nostra città. Lo scopo dell'iniziativa è ricordare la migrazione e anche quello di mostrare come la migrazione arricchisca la società cittadina.
Anche il liceo artistico è stato coinvolto nel processo di studi in particolare gli indirizzi audiovisivo e multimediale, design e arti figurative. “Coinvolgere i ragazzi era fondamentale, - ha dichiarato Nicola Dalla Mura, docente di laboratorio audiovisivo multimediale - perché studiano in un luogo che in origine non era una scuola ma un centro di immigrazione. Era importante far conoscere loro un pezzo di storia che altrimenti rischiavamo di dimenticare, cioè che noi italiani sessant’anni fa emigravamo in cerca di lavoro. Per dare valore a questo progetto, abbiamo scelto di realizzare un documentario con una serie di interviste. Siamo partiti da quella allo storico Morandi. Invece di fare un semplice viaggio, grazie a Daniela Di Benedetto, presidente del Comites, Comitato degli Italiani all’Estero, abbiamo organizzato incontri con i testimoni, sette persone che si trasferirono a Monaco sessant’anni fa e che ancora vi risiedono. Le loro testimonianze rappresentano il cuore del documentario”.
Al convegno ha partecipato anche l’assessora alle Politiche sociali, Luisa Ceni, che ha concluso: “la Germania, lo sappiamo, è uno dei paesi con cui abbiamo un rapporto di lunga data. Siamo due nazioni molto vicine e molto legate, e sappiamo quanto le nostre economie siano connesse, più ancora che interscambiabili. Per questo è importante riflettere, ricordare la storia ma anche osservare ciò che sta accadendo oggi. L’emigrazione dal nostro paese verso altri stati, infatti, è la stessa dinamica che poi viviamo anche come immigrazione”. (focus\aise)