La diplomazia della cultura

ROMA – focus/ aise - Dopo il successo riscosso al Tokyo Metropolitan Art Museum, la mostra “Rome, the Eternal City” arriva a Fukuoka, sull’isola di Kyushu, nel sud del Giappone, dove resterà aperta al pubblico fino al 10 marzo presso il Fukuoka Art Museum.
Settanta le opere esposte tra sculture, dipinti, monete e litografie che ripercorrono la storia dei Musei Capitolini, in un progetto a cura del sovrintendente ai beni culturali, Claudio Parisi Presicce, insieme a Masue Katol dell’Università Rikkyo di Tokyo. Fra gli altri capolavori, in mostra per la prima volta in Giappone il “San Giovanni Battista” di Caravaggio (1602), dalla collezione dei Musei Capitolini.
All’inaugurazione a Fukuoka sono intervenuti il console generale d’Italia a Osaka, Marco Prencipe, e il capo della sezione culturale dell’Ambasciata a Tokyo, Giuseppe Di Murro. Nel suo intervento il console Prencipe ha sottolineato come la mostra “contribuirà a rinsaldare i legami culturali tra l’Italia e il Giappone e a promuovere una comprensione più profonda della storia e della cultura di Roma, dalla fondazione all’Impero e poi fino al periodo barocco”. Su una rinnovata proiezione culturale in Giappone, ha aggiunto, “l’Italia baserà la partecipazione all’Expo di Osaka 2025, un palcoscenico mondiale per l’arte e le tradizioni italiane”.
Ancora pochi giorni per visitare la mostra inaugurata lo scorso 15 dicembre presso il Sea World Culture and Arts Center di Shenzhen, in Cina, "Universo Olivetti. Comunità come utopia concreta", che si chiuderà il prossimo 15 gennaio.
Realizzata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale in collaborazione con la Fondazione MAXXI e la Fondazione Adriano Olivetti, e giunta a Shenzhen con il supporto dell’Istituto Italiano di Cultura di Pechino, la mostra ripercorre la storia di un’impresa italiana divenuta espressione del miglior Made in Italy all’insegna dell’innovazione.
Tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta del secondo scorso, Adriano Olivetti affiancò la modernizzazione industriale e tecnica a un’innovativa riorganizzazione del territorio e dello spazio sociale, facendo diventare la città di Ivrea e il Canavese un laboratorio in cui è stato possibile integrare cultura, ricerca tecnologica, design, architettura e sostenibilità in un modello di rapporto unico e innovativo tra impresa e società, ancora oggi considerato esemplare.
Proprio l’attualità del lascito olivettiano e la recente iscrizione di Ivrea città industriale del XX secolo e delle sue architetture più importanti nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO, sono le premesse della mostra “Universo Olivetti. Comunità come utopia costruita” che presenta al pubblico internazionale la piattaforma di temi che ruotano attorno all’impresa olivettiana e alla sua cultura: il progetto industriale, i codici dello stile Olivetti, i servizi culturali, il welfare, la pianificazione urbanistica e infine il progetto di Comunità.
Curata da Pippo Ciorra, Francesca Limana e Matilde Trevisani, l’esposizione è suddivisa in quattro sezioni (Fabbrica, Cultura e Immagine, Città e Politica, Società) e racconta i grandi temi e la cultura alla base dell’impresa olivettiana, attraverso oggetti e materiali d’archivio tra cui grafiche, documenti, riproduzioni e rivisitazioni fotografiche.
La Società Dante Alighieri di Ginevra, in Svizzera, presenterà il prossimo 19 gennaio alle ore 18.30, il documentario di Marcella Piccinni "La mia casa e i miei coinquilini".
A introdurre i lavori sarà Alessandra Cesari, curatrice della rassegna DocumentER, rassegna cinematografica di promozione del territorio, arte, cultura e storia della regione Emilia-Romagna all’estero.
LA MIA CASA E I MIEI COINQUILINI
La borsa di paglia ancora appesa a una delle porte della sua camera da letto, l'orologio a cucù nel soggiorno, la sedia a dondolo di vimini, i suoi pettini colorati appoggiati vicino allo specchio nel bagno, i tappeti sardi, i fiori che Angela ripone sempre sul tavolo della cucina, le canne che ondeggiano al vento, tutte queste cose ci parlano di lei.
La casa di Joyce a Fermo, nelle Marche, è una casa che respira vita, una vita spesso molto drammatica, ma anche intrisa di poesia. Il periodo dell'esilio, con Emilio Lussu, a Parigi, la lotta delle donne sarde, la traduzione di poeti che scrivevano “poesie utili”, di quelle che colpiscono direttamente, senza bisogno di troppe parole, la conoscenza di altre realtà e di sentimento.
Joyce tradusse molti poeti, tra cui lo scrittore turco Nazim Hikmet e Agostinho Neto, che sarebbe poi diventato presidente dell'Angola.
Ma il viaggio di Joyce non è fatto solo di parole: consiste soprattutto delle tappe della sua partecipazione attiva a una lotta comune, senza distinzioni, per un’umanità più pacifica e più giusta. (focus\ aise)