L’ambiente al primo posto

ROMA – focus/ aise – Si è conclusa la campagna oceanografica "INSIDE - Unravelling the lithosphere-asthenosphere system of the Tyrrhenian back arc basin through geological, petrological and geophysical data Integration and geodynamic modelling" svolta a bordo della nave da ricerca Gaia Blu del Cnr. Il progetto "INSIDE" è frutto della collaborazione di numerosi ricercatori/ricercatrici e tecnici di istituzioni italiane e straniere: Cnr-Ismar, Università di Genova, INGV, Università di Trieste, Nebraska-Lincoln University, Consejo Superior de Investigaciones Científicas (CSIC) e Sorbonne Université, Università di Parma, Università del Sannio, Università di Roma 3.
Durante la campagna sono stati raccolti dati di morfobatimetria ad altissima risoluzione delle parti profonde, fin negli abissi, del Mar Tirreno, circa 14.400 km2 lungo un transetto tra la Campania e la Sardegna, e immagini delle prime decine di metri di sedimento. Questi dati hanno rivelato un fondale più articolato e complesso di quanto fin ora osservato, svelando i vari processi geologici attivi a tali grandi profondità. Inoltre, sono state effettuate 26 misure di temperatura nei sedimenti per la stima del gradiente geotermico e raccolte 12 carote di sedimentoper le misure della conducibilità termica. Queste misure ci consentiranno di valutare i flussi di calore provenienti dalla crosta e dal mantello esumato, fornendo ulteriori elementi per la ricostruzione dell’evoluzione del Mar Tirreno.
Capomissione della campagna era la ricercatrice dell’Istituto di scienze marine del Cnr Maria Filomena Loreto impegnata, già lo scorso anno, a bordo della nave oceanografica “JOIDES Resolution”, per la Spedizione IODP 402, durante la quale il fondale marino è stato perforato più volte per migliorare le conoscenze della dinamica del Mar Tirreno.
L'Istituto di scienza, tecnologia e sostenibilità per le ceramiche del Consiglio nazionale delle ricerche di Faenza (Cnr-Issmc) ha coordinato uno studio internazionale che apre nuove prospettive nella comprensione delle eruzioni vulcaniche altamente esplosive, le più pericolose per le comunità che vivono in prossimità di vulcani attivi, caratterizzate dalla produzione di grandi colonne di cenere e gas, e deposito di ingenti volumi di materiale vulcanico anche a chilometri di distanza dall’eruzione.
Utilizzando una tecnica avanzata che sfrutta i raggi X per creare immagini ad alta risoluzione – la pticografia a raggi X, disponibile presso i sincrotroni per l’analisi di materiali direttamente in 3D su scala nanometrica – il team ha analizzato in maniera innovativa le forme tridimensionali dei nanocristalli, o “nanoliti” che si formano nel magma durante la risalita verso la superficie all’interno dei condotti vulcanici, quando si verifica un’eruzione, con l’obiettivo di comprenderne il loro comportamento e il ruolo. Proprio nella fase di risalita del magma attraverso la crosta verso la superficie, infatti, avvengono processi che determinano l'esplosività di un'eruzione vulcanica, come la formazione di cristalli e bolle, e l'aumento della viscosità del magma: fattori che influiscono sulla probabilità di un'eruzione esplosiva. Comprendere tali processi permette, quindi, di ottenere informazioni cruciali per una corretta valutazione del rischio.
Lo studio è pubblicato su Nature Communications.
“Tali cristalli hanno dimensioni inferiore a 1 micron (per confronto, un capello umano ha un diametro di 100 micron) e sono pertanto difficili da osservare utilizzando tecniche di microscopia convenzionali”, spiega Emily C. Bamber, ricercatrice del Cnr-Issmc e autrice principale dello studio. “Attraverso la tecnica della pticografia a raggi X siamo riusciti, invece, ad acquisire informazioni cruciali per comprendere la forma, la distribuzione e l'interazione tra i cristalli, per capire il loro impatto sulla viscosità del magma e, in ultima analisi, sull'esplosività. Tale tecnica ha permesso di visualizzare la struttura 3D dei cristalli nelle rocce vulcaniche, scoprendo che i nanocristalli sono inclini all'aggregazione, aumentando il loro volume effettivo e l'impatto sulla formazione ed evoluzione del magma”.
La ricerca è stata condotta in collaborazione con un gruppo di ricercatori internazionale di diverse università ed enti di ricerca: Università di Manchester (Regno Unito), Università di Camerino (Italia), University College di Londra (Regno Unito), Diamond Light Source (Regno Unito), INGV di Catania (Italia), Università di Liverpool (Regno Unito), Università di Bristol (Regno Unito), Università di Torino (Italia) e Università di Bayreuth (Germania).
“Il nostro studio ha importanti implicazioni soprattutto per la comprensione della struttura su scala nanometrica dei magmi basaltici, mostrando come la cristallizzazione e l'aggregazione dei nanoliti possano influire sulla viscosità del magma e, quindi, sulla probabilità di un'eruzione altamente esplosiva”, prosegue Bamber. “In Italia, ad esempio, un vulcano basaltico come l’Etna presenta un'ampia gamma di stili eruttivi - da colate laviche e fontane di lava meno intense a eruzioni storiche altamente esplosive: comprendere i meccanismi che guidano l'evoluzione verso un comportamento vulcanico altamente esplosivo è, pertanto, importante per valutare il rischio. L'utilizzo di tecniche innovative basate su sincrotrone, come la pticografia a raggi X, può aiutarci a estendere la nostra conoscenza delle caratteristiche tessiturali nelle rocce vulcaniche alla scala nanometrica, fornendo informazioni preziose circa la dinamica di risalita del magma e il controllo dell'esplosività nei vulcani attivi”.
Questo filone di ricerca sarà ulteriormente sviluppato da Bamber attraverso il progetto ERC NANOVOLC del Cnr-Issmc, sotto la direzione del Principal Investigator Danilo Di Genova. (focus\aise)