Le vie del commercio estero

ROMA – focus/ aise – L’entrata in vigore dei nuovi dazi statunitensi al 15% sulle importazioni europee, inclusi i beni italiani, produrrà un impatto stimato sull’export tricolore compreso tra i 7 e gli 8 miliardi di euro. È quanto emerge da un’analisi aggiornata del Centro studi di Unimpresa, che ha modellato tre scenari di riferimento: uno basso da 7 miliardi, uno intermedio da 7,5 miliardi e uno alto da 8 miliardi, sulla base di un’esportazione complessiva verso gli Stati Uniti stimata tra 66 e 70 miliardi di euro annui.
I comparti più esposti in termini assoluti restano la meccanica strumentale e i macchinari industriali (fino a 2 miliardi di dazi potenziali), seguiti da chimica e farmaceutica (1,7 miliardi), moda e pelletteria (1,1 miliardi), agroalimentare (0,9 miliardi), mezzi di trasporto (0,8 miliardi) e beni di consumo ad alto valore come occhialeria, arredo e gioielleria (0,6 miliardi).
L’introduzione di un’aliquota uniforme, la distribuzione dell’impatto sarà eterogenea tra i settori, in funzione della struttura dei costi, del posizionamento nei segmenti premium e della capacità delle imprese di trasferire parzialmente l’onere nei listini o di attuare strategie di rilocalizzazione produttiva e diversificazione geografica.
“Siamo di fronte a una sfida impegnativa, ma non insostenibile”, commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. “I numeri confermano che il sistema produttivo italiano ha gli strumenti per contenere l’urto attraverso politiche di efficienza e una presenza più bilanciata sui mercati globali. Il danno potenziale, pur significativo, non dovrebbe compromettere la tenuta complessiva del made in Italy sui mercati internazionali, a condizione che le misure siano accompagnate da un supporto pubblico mirato e tempestivo”.
Il Centro studi di Unimpresa ha elaborato tre scenari alternativi per stimare l’impatto complessivo dei dazi Usa al 15% sull’export italiano verso il mercato statunitense.
Lo scenario basso, che presume una parziale esclusione di alcune categorie merceologiche o un assorbimento significativo del costo da parte delle imprese, quantifica l’onere in circa 7 miliardi di euro.
Lo scenario intermedio, considerato il più probabile sulla base delle attuali informazioni e della struttura dell’export, fissa l’impatto a 7,5 miliardi di euro.
Infine, lo scenario alto, costruito su un’applicazione piena e indistinta dell’aliquota tariffaria su tutti i beni esportati, porta il danno potenziale fino a 8 miliardi di euro. La variabilità tra i tre scenari riflette l’incertezza residua sul perimetro delle esenzioni, sulla capacità di adattamento delle imprese italiane e sulla velocità di implementazione di strategie compensative. Le tre stime tengono conto non solo dell’aliquota uniforme del 15% annunciata dagli Stati Uniti per tutte le merci europee, ma anche delle probabili esenzioni settoriali, delle strategie di mitigazione già in atto da parte delle imprese italiane e delle differenze nella capacità di assorbimento del dazio tra i vari comparti.
MECCANICA E MACCHINARI INDUSTRIALI
È il primo comparto per valore assoluto, con circa 18 miliardi di euro di esportazioni verso gli USA nel 2024 (pari a circa il 27% del totale). A dazio pieno, l’impatto teorico sarebbe di 2,7 miliardi. Tuttavia, considerando l’elevata capacità di pricing e l’eventuale localizzazione produttiva, l’impatto netto può essere stimato in circa 2,1 miliardi di euro, ovvero il 26–30% del totale.
CHIMICO E FARMACEUTICO
Con 13 miliardi di export (pari al 20% del totale), subisce dazi teorici per circa 2 miliardi. Tuttavia, si tratta di un settore a elevata strategicità, per il quale sono attese esenzioni parziali o quote, soprattutto nei sottosegmenti salvavita e nei principi attivi. Inoltre, il potere di mercato è molto alto. Si stima un impatto netto contenuto a 1,2 miliardi di euro.
MODA, PELLETTERIA E ARREDAMENTO
Vale 11 miliardi di euro (il 17% del totale). L’effetto del dazio da 1,65 miliardi può essere ammortizzato dal posizionamento premium dei brand italiani. Tuttavia, le fasce medie e medio-basse del mercato saranno più penalizzate. Stimiamo un impatto netto tra 1,0 e 1,2 miliardi di euro.
AGROALIMENTARE E BEVANDE
Con 8 miliardi di export (il 12%), l’impatto teorico da dazio sarebbe di 1,2 miliardi. Considerando l’esperienza di precedenti contenziosi commerciali e l’uso frequente di liste selettive per prodotti DOP/IGP, l’impatto netto atteso scende a circa 0,9 miliardi di euro.
TRASPORTI (AUTO, MOTORI, NAVI)
Settore esposto per 7 miliardi di euro (11% del totale), con dazio teorico di 1,05 miliardi. Tuttavia, la presenza diretta di diversi gruppi industriali italiani negli USA consente una parziale compensazione. Stimiamo un impatto reale compreso tra 0,6 e 0,8 miliardi di euro.
OCCHIALERIA, GIOIELLI, DESIGN, ALTRI BENI LIFESTYLE
Con 6 miliardi di export (9%), il dazio teorico sarebbe 0,9 miliardi. Anche in questo caso, l’impatto è parzialmente attenuato dal segmento lusso e dalla forte domanda statunitense. Impatto stimato: 0,6–0,7 miliardi di euro.
ACCIAIO E ALLUMINIO
Con 1,1 miliardi di export, già soggetti a dazi al 50%, il settore è tra i più colpiti in termini relativi. Tuttavia, data la stabilità della misura (pre-esistente) e il suo ridotto peso percentuale, l’impatto netto aggiuntivo si stima attorno a 0,2 miliardi di euro.
SEMICONDUTTORI, ELETTRONICA, AEROSPAZIO
Settore limitato in valore assoluto (meno di 1 miliardo), ma potenzialmente interessato da esenzioni e trattamenti preferenziali per motivi strategici. L’impatto è ritenuto inferiore a 0,1 miliardi di euro.
"I dati di Giugno 2025, diffusi dall’Istat, confermano il momento positivo del nostro export che vede un aumento di quasi il 5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il calo della Germania (-1,4%) e degli autoveicoli (-2,9%), che hanno un peso importante, non fermano quindi il Made in Italy che tira sia a livello UE (+4,6%) sia a livello extra UE (+5,2%). Numero che rimane positivo anche al netto del contributo della cantieristica navale". Queste le parole di Matteo Zoppas, Presidente dell'Agenzia ICE, che ha commentato i dati sull'export diffusi dall'Istat lunedì scorso.
Per Zoppas la fotografia che si evince dall'indagine Istat è una fotografia che mette in luce "segnali e trend su cui porre la dovuta attenzione".
La crescita tendenziale del 4,9% di giugno 2025 rispetto a giugno 2024 è dovuta ad alcuni comparti specifici che sono ormai strategici da molti mesi: articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+39,0%), mezzi di trasporto, esclusi autoveicoli (+15,9%, grazie al fondamentale apporto della cantieristica navale), prodotti alimentari, bevande e tabacco (+6,0%) e apparecchi elettrici (+3,5%). Tra i mercati più in crescita, inoltre: Stati Uniti (+10,3%, trainati anche da logiche di approvvigionamento), Svizzera (+18,4%), Francia (+6,7%), Spagna (+12,0%), Belgio (+15,8%) e Regno Unito (+10,1%). La Germania invece cala dell’1,4% e la Cina del 3,8%.
Zoppas ha quindi segnalato i risultati del primo semestre 2025, che vede l’export del Made in Italy crescere di oltre il 2% rispetto al primo semestre del 2024 (con un +1,4% solo di extra UE). Infatti, tra le aree che si segnalano in crescita ci sono gli Stati Uniti (+7,8%), l’area OPEC (+9,9%), i paesi del MERCOSUR (+5%) e quelli ASEAN (+1,7%). In questo contesto, l’osservato speciale rimane la Cina che nel periodo di riferimento cala di un -11,7% insieme a Turchia (-18,2%) e, ovviamente, Russia (-17,3%).
"Il contesto globale rimane tuttora incerto, sia a causa dei conflitti in corso sia per le dinamiche negoziali sui dazi ancora aperte dove permangono molte incertezze sui dettagli applicativi - ha aggiunto ancora Zoppas -. I prossimi mesi saranno quindi cruciali per capire quanto le filiere riusciranno ad assorbire rispetto all’aumento dei prezzi, rimanendo competitive. Il Governo e tutto il sistema paese è al lavoro per dare alle imprese il supporto necessario per affrontare queste sfide e anche per sviluppare nuovi strumenti ed iniziative per rafforzare gli scambi commerciali nei mercati maturi e in quelli ad alto potenziale".
A giugno l’export torna a crescere su base sia mensile – trainato principalmente dalle maggiori vendite verso i mercati extra Ue – sia annua. È quanto rilevato dall’Istat che ha pubblicato i dati sul commercio estero a giugno. Si tratta, spiega l’Istituto di statistica, di dinamiche in parte influenzate da vendite di elevato impatto (cantieristica navale), al netto delle quali Istat stima un aumento congiunturale del 3,1% e una crescita tendenziale del 4,0%. Anche l’import torna a crescere su base sia mensile sia annua.
In base a questi dati, dunque, nel primo semestre 2025, la dinamica tendenziale dell’export è positiva (+2,1%), grazie alle vendite di un numero ristretto di settori; quella dell’import è più sostenuta (+4,6%). L’avanzo commerciale (+22,8 miliardi di euro) è interamente imputabile agli scambi con i paesi extra Ue e in forte riduzione rispetto al primo semestre 2024 (+29,1 miliardi). Il modesto aumento su base mensile e la lieve attenuazione della flessione su base annua dei prezzi all’import si devono soprattutto ai rialzi dei prezzi dei prodotti energetici in entrambe le aree, euro e non euro.
I DATI
A giugno 2025 si stima una crescita congiunturale più ampia per le esportazioni (+4,0%) rispetto alle importazioni (+3,3%). L’aumento su base mensile dell’export è maggiore per l’area extra Ue (+6,3%) rispetto a quella Ue (+1,8%).
Nel secondo trimestre 2025, rispetto al precedente, l’export si riduce del 2,6%, l’import dell’1,7%.
A giugno 2025 l’export cresce su base annua del 4,9% in termini monetari e dello 0,8% in volume. La crescita tendenziale dell’export in valore riguarda entrambi i mercati, Ue (+4,6%) ed extra Ue (+5,2%). L’import registra un aumento tendenziale del 4,8% in valore, che coinvolge in misura più marcata l’area extra Ue (+10,1%), rispetto a quella Ue (+1,2%); in volume, le importazioni crescono del 2,6%.
Tra i settori che più contribuiscono alla crescita tendenziale dell’export Istat segnala: articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+39,0%), mezzi di trasporto, esclusi autoveicoli (+15,9%), prodotti alimentari, bevande e tabacco (+6,0%) e apparecchi elettrici (+3,5%). Si riducono su base annua le esportazioni di autoveicoli (-2,9%), computer, apparecchi elettronici e ottici (-2,7%) e articoli in pelle, escluso abbigliamento (-2,2%).
Su base annua, i paesi che forniscono i contributi maggiori all’aumento dell’export nazionale sono Stati Uniti (+10,3%), Svizzera (+18,4%), Francia (+6,7%), Spagna (+12,0%), Belgio (+15,8%) e Regno Unito (+10,1%). All’opposto, Paesi Bassi (-9,7%) e Turchia (-13,3%) forniscono i contributi negativi più ampi.
Nel primo semestre 2025, l’export registra una crescita tendenziale del 2,1%, spiegata dalle maggiori vendite di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+38,8%), mezzi di trasporto, esclusi autoveicoli (+8,7%), prodotti alimentari, bevande e tabacco (+5,1%) e metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+3,4%). Per tutti gli altri settori si rilevano diminuzioni nelle vendite: le più ampie per coke e prodotti petroliferi raffinati (-22,9%) e autoveicoli (-10,3%).
Il saldo commerciale a giugno 2025 è pari a +5.409 milioni di euro (era +5.150 milioni nello stesso mese del 2024). Il deficit energetico si attesta a -3.922 milioni, da -3.581 milioni dell’anno prima. L’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici sale da 8.731 milioni di giugno 2024 a 9.331 milioni di giugno 2025.
Nel mese di giugno 2025 i prezzi all’importazione aumentano dello 0,2% su base mensile e flettono del 2,7% su base annua (da -3,0% di maggio). (focus\aise)