Le vie del commercio estero

ROMA – focus/ aise – Vale ormai il 31% dei consumi a valore di tutti i vini italiani commercializzati negli Usa, con un indice di penetrazione altissimo in tutte le fasce di età, a partire dai millennials (27%) e dal target femminile (6 user su 10 sono donne). Ed è ormai anche il simbolo dei mixed-wine made in Italy. Sembra non conoscere crisi il matrimonio tra gli americani e il Prosecco, che a 15 anni dalla ridefinizione della piramide produttiva (Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, Asolo Docg e Prosecco Doc) ha incrementato il valore del “nuovo” Prosecco a denominazione da zero a oltre 500 milioni di dollari. Un balzo del 178% solo negli ultimi 7 anni, il quadruplo rispetto al tasso di incremento complessivo dei vini made in Italy negli States, come rileva un focus dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly rilasciato oggi alla vigilia di Vinitaly.USA (Chicago 5 e 6 ottobre), la fiera b2b dedicata al vino made in Italy.
"Non si può dire che in questi anni non ci siano state difficoltà extra-settore – ha dichiarato il direttore generale di Veronafiere, Adolfo Rebughini –, dal Covid al calo del potere d’acquisto e dei consumi, fino alla concorrenza con altre categorie di bevande. Ma il Prosecco ha dimostrato una straordinaria capacità di resilienza, rafforzandosi grazie a una strategia di valorizzazione coerente e a investimenti promozionali sempre più efficaci. Lo conferma la presenza a Vinitaly.USA della collettiva della Regione Veneto e di alcune tra le principali realtà delle tre denominazioni. Con questo spirito il Prosecco – e, più in generale, tutte le imprese del made in Italy presenti a Chicago – sono pronte ad affrontare anche la sfida dei dazi. È la prova che, quando l’Italia combina qualità e promozione, può affermarsi come leader globale: lo stesso obiettivo che ci poniamo con Vinitaly.USA per l’insieme delle nostre eccellenze”.
Secondo l’analisi di Vinitaly e Unione italiana vini, la quota del mercato statunitense è per il Prosecco superiore alla media del vino italiano (27% contro 24%) per un controvalore che nel 2024 ha raggiunto i 531 milioni di dollari. Record assoluto, che si rinnova di anno in anno fatta eccezione per la lieve pausa 2020, prima di una ripartenza – nei 4 anni successivi – che ha cumulato un ulteriore balzo a +90%.
Un simbolo pop di condivisione e del bere accessibile che – per il responsabile dell’Osservatorio, Carlo Flamini -, vale al consumo 2,9 miliardi di dollari l’anno con prezzi medi di poco inferiori ai 18 dollari alla bottiglia (0,75/l). “In pochi anni – ha detto Flamini – il Prosecco è diventato il vino italiano con l’awareness più alta, a quota 40%. Un dato rilevante, se si considera la giovane età del prodotto e sempre più vicino a un vino simbolo come lo Champagne, che comanda con una notorietà al 52%. Ma dove il vino veneto ha già superato la bollicina francese è nella conversione all’acquisto, con una percentuale al 31% contro il 24% di quello transalpino”.
La conferma del sorpasso al punto vendita arriva poi da SipSource: secondo la piattaforma dei distributori americani, il Prosecco è passato in testa non solo nei volumi ma anche nel valore al consumo delle bollicine negli States. Nei primi 7 mesi di quest’anno, infatti, lo sparkling italiano ha fissato la propria quota di mercato sul totale della tipologia al 30%, contro il 28% dello Champagne. Segmentando la spesa per divisions statunitensi, persistono ampi margini di crescita nell’area negli Stati del West e dell’East North Central. Alta invece la densità di user in tutta la dorsale orientale: dal New England al Mid e South Atlantic, aree queste dove si concentra oltre la metà dei consumi totali. Il Prosecco rappresenta a valore l’87% delle vendite di spumanti italiani negli Usa e il 25% rispetto al totale del vino italiano. Ma al tempo stesso intercetta i trend della mixology, con una quota altissima della presenza tra i cocktail. Secondo Iwsr, infatti, al calice da vino si aggiungono diversi formati, dai ready to drink ai cocktail fatti al momento, dallo spritz al mix con succo di frutta, particolarmente apprezzato da donne e GenZ.
La sfida attuale, oltre a quella dei dazi, è quella multietnica. Secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly su base Iwsr, è ancora alta rispetto a bevande competitor - come cocktail, hard seltzer e ready to drink - la quota dei consumatori tradizionali (caucasici) l’obiettivo è riuscire a penetrare anche tra le comunità sempre più rilevanti anche a livello demografico.
A Vinitaly.USA (Chicago, 5 e 6 ottobre) saranno presenti 250 espositori tra cantine e consorzi, per un fatturato aggregato di oltre 7,2 miliardi di euro. Le presenze attese di importatori e buyer risultano in linea con i dati registrati nell’edizione 2024 di Vinitaly.USA, confermando l’attrattività e la continuità dell’evento per la domanda di vino italiano sul mercato statunitense. In programma, in contemporanea, anche wine2wine Vinitaly Business Forum e i corsi di formazione della VIA - Vinitaly International Academy, oltre a sessioni specifiche di Vinitaly Tourism e l’Oil Bar di SOLExpo.
Ad agosto, dopo due mesi consecutivi di forte crescita congiunturale, l’export verso i paesi extra Ue registra un’ampia riduzione su base mensile (-8,1%), spiegata soprattutto dalle minori vendite di beni strumentali e beni di consumo non durevoli. È quanto rilevato dall’Istat che, al netto delle vendite di prodotti della cantieristica navale registrate a luglio 2025, stima una riduzione congiunturale meno ampia (da -8,1% a -5,8%).
Su base annua, la flessione dell’export riguarda i beni di consumo e i beni strumentali ed è per oltre la metà dovuta alla contrazione delle vendite dirette verso gli Stati Uniti. Anche l’import dai paesi extra Ue diminuisce su base sia mensile sia annua.
I DATI
Ad agosto 2025 si stima, per l’interscambio commerciale con i paesi extra Ue27, una marcata flessione congiunturale per entrambi i flussi, più ampia per le esportazioni (-8,1%) rispetto alle importazioni (-7,1%).
La contrazione su base mensile dell’export è dovuta alle minori vendite di beni strumentali (-16,7%), beni di consumo durevoli (-9,4%) e non durevoli (-7,8%); aumentano, invece, le esportazioni di energia (+5,9%) e beni intermedi (+2,2%). Dal lato dell’import, si rilevano diminuzioni congiunturali diffuse, le più ampie per beni di consumo non durevoli (-16,5%), beni intermedi (-6,1%) e beni di consumo durevoli (-5,1%).
Nel trimestre giugno-agosto 2025, rispetto al precedente, l’export è pressoché stazionario (-0,1%). Tale dinamica è sintesi di una riduzione delle vendite di beni di consumo durevoli (-6,2%) e non durevoli (-4,6%) e di un aumento delle esportazioni di energia (+21,2%), beni strumentali (+2,5%) e beni intermedi (+2,1%). Nello stesso periodo, l’import diminuisce dello 0,8%, per effetto della riduzione degli acquisti di tutti i raggruppamenti, a esclusione di beni strumentali (+3,5%).
Ad agosto 2025 l’export si riduce su base annua del 7,7% (era +9,9% a luglio). La flessione tendenziale dell’export nazionale verso i mercati extra Ue si deve alle minori vendite di beni di consumo durevoli (-26,3%) e non durevoli (-13,2%) e beni strumentali (-8,4%), mentre crescono le esportazioni di energia (+23,7%) e beni intermedi (+1,9%). L’import registra una flessione tendenziale più contenuta (-3,1%), che riguarda tutti i raggruppamenti, tranne i beni di consumo non durevoli, in forte aumento (+23,0%).
Ad agosto 2025 l’avanzo commerciale con i paesi extra Ue27 è pari a +1.777 milioni di euro (+2.794 milioni nello stesso mese del 2024). Il deficit energetico (-3.571 milioni) è inferiore rispetto a un anno prima (-4.244 milioni). L’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici scende da 7.038 milioni di agosto 2024 a 5.348 milioni di agosto 2025.
Ad agosto 2025 si rilevano riduzioni su base annua delle esportazioni verso quasi tutti i principali paesi partner extra Ue27; le più ampie riguardano Turchia (-26,1%) e Stati Uniti (-21,2%). Aumentano soltanto le vendite verso Regno Unito (+4,9%) e Svizzera (+4,7%).
Le importazioni da Regno Unito (-36,6%) e paesi OPEC (-27,1%) registrano le contrazioni tendenziali più ampie; diminuiscono anche gli acquisti da India (-9,7%), Cina (-7,1%) e paesi MERCOSUR (-5,8%). Per contro, crescono le importazioni da Stati Uniti (+68,5%) e paesi ASEAN (+13,6%). (focus\aise)