Venti d’Europa

Roma – focus/ aise - Il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva un nuovo regolamento che vieta la vendita, l'importazione e l'esportazione di beni realizzati con il lavoro forzato.
Il regolamento è stato adottato con 555 voti favorevoli, 6 voti contrari e 45 astensioni. Le autorità degli Stati membri e la Commissione europea saranno così in grado di indagare su merci sospette, catene di approvvigionamento e produttori.
Se si ritiene che un prodotto sia stato realizzato utilizzando il lavoro forzato, non sarà più possibile venderlo sul mercato europeo (anche online) e le spedizioni saranno intercettate alle frontiere dell'UE.
INDAGINI
L’apertura delle indagini si baserà su informazioni fattuali e verificabili che possono essere ricevute, ad esempio, da organizzazioni internazionali, autorità che hanno collaborato e informatori. Saranno presi in considerazione diversi fattori di rischio e criteri, tra cui la prevalenza del lavoro forzato imposto da uno Stato in determinati settori economici e aree geografiche.
CONSEGUENZE PER LE IMPRESE CHE UTILIZZANO IL LAVORO FORZATO
I produttori di merci vietate dovranno ritirare i loro prodotti dal mercato unico dell'UE e donarli, riciclarli o distruggerli. Le società non conformi potrebbero essere multate. Le merci potranno essere rimesse sul mercato una volta che l'impresa eliminerà il lavoro forzato dalle sue catene di approvvigionamento.
PROSSIME TAPPE
Il testo deve ora ottenere l'approvazione formale da parte del Consiglio, e sarà poi pubblicato nella Gazzetta ufficiale. Entrerà in vigore nei Paesi dell'UE tra tre anni.
Il governo ungherese "non sarà in grado di svolgere in modo credibile" il suo ruolo alla guida del Consiglio dell'UE. Ne è convinto l’Europarlamento che in una risoluzione sullo stato dei valori europei in Ungheria ha evidenziato molte preoccupazioni, alla luce delle prossime elezioni e della presidenza ungherese del Consiglio.
Concludendo la discussione in Aula tenutasi il 10 aprile, il Parlamento ha adottato mercoledì scorso (399 voti favorevoli, 117 contrari e 28 astensioni) la sua ultima risoluzione (non vincolante) dell'attuale legislatura sulla valutazione della democrazia in Ungheria. Il testo denuncia gravi carenze relative al sistema giudiziario, alla lotta alla corruzione e ai conflitti di interesse, alla libertà dei media, ai diritti fondamentali, al sistema costituzionale ed elettorale, al funzionamento della società civile, alla tutela degli interessi finanziari dell'UE e al rispetto dei principi del mercato unico.
Preoccupazioni per l'Ufficio per la protezione della sovranità
Esaminando gli ultimi casi di "violazione persistente, sistemica e deliberata" dei valori dell'UE nel paese, il Parlamento condanna l'adozione della legge sulla protezione della sovranità nazionale e l'istituzione dell'Ufficio per la protezione della sovranità (in inglese Sovereignty Protection Office, SPO). L'SPO ha "poteri estesi e un rigoroso sistema di sorveglianza e sanzioni, che viola fondamentalmente gli standard di democrazia e molteplici leggi dell'UE", afferma il Parlamento. I deputati chiedono alla Commissione di chiedere alla Corte di giustizia dell'UE misure provvisorie per sospendere immediatamente la legge, in quanto questa incide sul principio di elezioni libere ed eque.
Una decisione incomprensibile della Commissione
Alla luce di tutto ciò, i deputati deplorano la decisione della Commissione di sbloccare fino a 10,2 miliardi di euro di fondi UE congelati, cosa che ha spinto il Parlamento a presentare ricorso alla Corte di giustizia dell'UE. Le recenti rivelazioni trapelate dall'ex ministro della Giustizia ungherese dovrebbero indurre la Commissione a ritirare l'erogazione dei fondi dell'UE, si afferma il testo. Inoltre, i deputati sottolineano che è incomprensibile sbloccare fondi che citano miglioramenti dell'indipendenza della magistratura, mentre i fondi coperti da differenti leggi dell'UE rimangono bloccati a causa di carenze nello stesso settore.
Necessità di proteggere le istituzioni dell'UE
I deputati ribadiscono la necessità di determinare se l'Ungheria abbia commesso "violazioni gravi e persistenti dei valori dell'UE" nell'ambito della procedura più diretta di cui all'articolo 7, paragrafo 2, anziché del processo di cui all'articolo 7, paragrafo 1, avviato dal Parlamento nel 2018 e che rimane bloccato in seno al Consiglio. Temono infine che il governo ungherese non sarà in grado di adempiere in modo credibile ai suoi doveri in seno alla presidenza del Consiglio nella seconda metà del 2024 e chiedono ancora una volta un meccanismo globale per proteggere i valori dell'UE. (focus\ aise)