Vita da ambasciatore/ambasciatrice (3)

ROMA – focus/aise – La Residenza dell’ambasciatore d’Italia in Serbia, Luca Gori, ha ospitato la sera del 4 giugno il concerto “Giacomo Puccini. La sua musica, le sue muse”, dedicato al celebre compositore italiano di cui quest’anno ricorre il centenario dalla morte. Gli studenti del Conservatorio “G. Verdi” di Torino e quelli della Facoltà di Musica dell’Università delle Arti di Belgrado, accompagnati al pianoforte dal Maestro Vito Maggiolino, hanno eseguito alcune arie tratte dalle più note opere di Puccini.
L’evento, organizzato in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura a Belgrado, rientra nelle celebrazioni per il centenario della posa della prima pietra di Palazzo Bircaninova, sede della rappresentanza diplomatica, anniversario che l’Ambasciata sta ricordando attraverso la rassegna “Bircaninova@100” realizzata con il contributo degli sponsor UniCredit e Banca Intesa.
“Nel celebrare il centenario dalla morte di Giacomo Puccini rendiamo omaggio alla sua eredità, un patrimonio di composizioni di enorme valore che fa parte della storia dell’opera”, ha dichiarato l’ambasciatore Gori. “Italia e Serbia si sono unite nel segno della musica e nel ricordo del grande Maestro, facendo dialogare gli studenti di Torino con quelli di Belgrado”.
L’ambasciatore d’Italia in Austria, Giovanni Pugliese, ha presieduto a Palazzo Metternich, sede della Ambasciata d’Italia a Vienna, un importante evento di diplomazia scientifica dedicato al lancio istituzionale della Associazione per gli Scambi Scientifici Austria Italia (ASSAI) che riunisce gli accademici e i ricercatori italiani che vivono e lavorano in Austria.
“Contiguità geografica e culturale e un ottimo ecosistema scientifico rendono l’Austria un paese di grande attrazione per i ricercatori italiani. Sono certo che questa giornata sarà determinante nel rafforzare i rapporti scientifici dei nostri due paesi, che insieme possono non solo dialogare, ma suggerire, con gli strumenti di cui ci stiamo dotando, una vera e propria agenda di sviluppo e crescita delle collaborazioni scientifiche bilaterali e multilaterali”, ha dichiarato l’ambasciatore Pugliese nel suo saluto di benvenuto.
Per parte italiana hanno partecipato all’iniziativa Maria Chiara Carrozza, già ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca e attualmente presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Antonio Zoccoli, presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), e Caterina Petrillo, presidente di Area Science Park Trieste, hub scientifico e tecnologico di interesse per l’ecosistema austriaco della ricerca.
Molto nutrita e rappresentata la comunità dei ricercatori italiani, che hanno dato luogo ad una conversazione sul loro ruolo e sulla loro esperienza in Austria e sulle potenzialità della nascente associazione.
Il 2 giugno scorso ha aperto al pubblico, presso la Galleria Nazionale della Bosnia-Erzegovina a Sarajevo, la mostra fotografica “Mario Cresci. L’oro del tempo”, a cura di Francesca Fabiani. L’iniziativa è frutto della collaborazione tra l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD) di Roma e l’Ambasciata d’Italia a Sarajevo.
"La diplomazia culturale - ha dichiarato l’Ambasciatore Marco Di Ruzza inaugurando la mostra - rappresenta uno dei nostri principali settori di intervento, con l’obiettivo non solo di promuovere l’ulteriore sviluppo delle relazioni bilaterali ma anche di contribuire ai processi di riconciliazione nazionale in Bosnia ed Erzegovina. Ciò, anche a sostegno del cammino europeo dello Stato balcanico, fortemente spalleggiato dall’Italia. La cultura italiana è infatti molto apprezzata nel Paese e ha quindi la capacità di aggregare le diversi componenti della società bosniaco-erzegovese, al netto di distinzioni politiche, etniche o religiose. Anche per questo, come ogni anno, abbiamo voluto accompagnare le celebrazioni della Festa della Repubblica a grandi eventi culturali".
La mostra presenta il lavoro realizzato da Mario Cresci nell’ambito del programma ICCD/Artisti in residenza che prevede il coinvolgimento di grandi fotografi chiamati a dialogare con le collezioni storiche dell’Istituto. Riattivare i significati stratificati delle fotografie conservate in ICCD attraverso uno sguardo d’autore è una delle più fruttuose modalità per risvegliare questi immensi depositi di immagini (oltre sei milioni di fototipi) ricollocandoli nella contemporaneità.
Come ricordato dallo stesso Cresci, "la realtà non è ciò che vediamo quanto piuttosto quello che sentiamo nel trascorrere del tempo e il sentire a sua volta muta con la frequenza e l’intensità del nostro vissuto insieme al modo di vedere e di pensare il mondo".
Nella mostra vengono esposte 21 stampe in bianco e nero – ludiche e sorprendenti – nate dal confronto con due nuclei fotografici storici: i ritratti del bel mondo fin de siècle di Mario Nunes Vais e le fotografie di documentazione di statuaria greco-romana. Il tratto ricorrente è la rappresentazione della figura umana, individuata come tema centrale della ricerca. Soggetti che, attraverso lo sguardo interrogativo di Cresci, diventano pretesto per una serie di sperimentazioni visive ottenute rielaborando, isolando e reiterando alcuni particolari delle fotografie, pur nel rispetto dell’autore che le pensò in origine.
Come spiega la curatrice Francesca Fabiani, "l’approccio di Cresci alla fotografia è globale: l’interesse per l’autore, per la storia, per la tecnica, per il soggetto e per l’oggetto fotografico si sommano a quello per la fotografia intesa come linguaggio di segni, grammatica visiva, esperienza percettiva. Cresci ha sempre concepito la fotografia come forma espressiva integrata alle arti contemporanee, ponendo al centro della ricerca l’indagine critica e autoriflessiva sul linguaggio fotografico. Un approccio che tuttavia non lo ha mai distolto dal misurarsi con il quotidiano e dall’interrogarsi sul ruolo dell’artista, che egli ha inteso ridefinire e attualizzare nella sua dimensione sociale, tesa al recupero di una intelligenza civile".
Alcune scelte operate dal fotografo nell’elaborazione del lavoro – come i numeri di inventario al posto delle didascalie o l’inclusione del bordo nero del negativo nella restituzione finale delle opere – rimandano al concetto di archivio e ci ricordano che anche la collocazione fisica degli oggetti fotografici, nel loro destino errante nel corso del tempo, merita di essere osservata con intelligenza.
E proprio al tempo rimanda il titolo del lavoro, che riprende la frase scelta da André Breton come epitaffio della propria tomba, “Je cherche l’or du temps – Cerco l’oro del tempo”. Una dichiarazione di intenti: l’instancabile ricerca di ciò che di prezioso e incorruttibile persiste nel fluire del tempo, come l’oro.
La mostra, visitabile fino al 21 giugno, rientra nell’iniziativa #ICCDOFFSITE con cui l’Istituto promuove le proprie attività fuori sede. "Esportare e condividere con un pubblico sempre più vasto l’esito delle ricerche di valorizzazione delle nostre collezioni attraverso la fotografia, sempre sorprendente, è il motivo che ci ha spinti a questa nuova collaborazione con l’Ambasciata d’Italia a Sarajevo", ha concluso il Direttore ICCD Carlo Birrozzi. (focus\aise)