Francesco in Papua Nuova Guinea: no al riarmo e allo sfruttamento della casa comune
Crediti: Vatican Media
PORT MORESBY\ aise\ - “No al riarmo e allo sfruttamento della casa comune! Sì all’incontro tra i popoli e le culture, sì all’armonia dell’uomo con le creature!”. Questo l’appello di Papa Francesco durante l’Angelus di ieri, 8 settembre, al termine della Messa allo Stadio “Sir John Guise” di Port Moresby in Papua Nuova Guinea, seconda tappa di un viaggio che lo ha visto già in Indonesia e che proseguirà a Timor-Est e a Singapore.
Concludendo la celebrazione, Bergoglio si è rivolto, come di consueto, alla Vergine Maria alla quale ha affidato non solo “il cammino della Chiesa in Papua Nuova Guinea e nelle Isole Salomone” e l’aiuto dei cristiani, affinché “rafforzi l’unione delle famiglie, renda belli e coraggiosi i sogni dei giovani, sostenga e consoli gli anziani, conforti i malati e i sofferenti”. Alla madre di Gesù il Papa ha chiesto di intercedere per “il dono della pace per tutti i popoli. In particolare, lo chiedo per questa grande regione del mondo tra Asia, Oceania e Oceano Pacifico. Pace, pace per le Nazioni e anche per il creato. No al riarmo e allo sfruttamento della casa comune! Sì all’incontro tra i popoli e le culture, sì all’armonia dell’uomo con le creature! Maria Helpim, Regina della pace, aiutaci a convertirci ai disegni di Dio, che sono disegni di pace e di giustizia per la grande famiglia umana!”, ha chiosato.
Durante la Santa Messa Papa Francesco aveva citato la parola del Signore: “Coraggio, non temete!” (Is 35,4), spiegando: “il profeta Isaia lo dice a tutti coloro che sono smarriti di cuore. Egli in questo modo incoraggia il suo popolo e, pur in mezzo alle difficoltà e alle sofferenze, lo invita a levare lo sguardo in alto, verso un orizzonte di speranza e di futuro: Dio viene a salvarci, Egli verrà e, in quel giorno, “si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi” (Is 35,5). Questa profezia si realizza in Gesù. Nel racconto di San Marco vengono messe in evidenza soprattutto due cose: la lontananza del sordomuto e la vicinanza di Gesù”.
Bergoglio ha chiarito i due messaggi, a partire dalla lontananza del sordomuto. “Quest’uomo si trova in una zona geografica che, con il linguaggio di oggi, chiameremmo “periferia”. Il territorio della Decapoli si trova oltre il Giordano, lontano dal centro religioso che è Gerusalemme. Ma quell’uomo sordomuto vive anche un altro tipo di lontananza; egli è lontano da Dio, è lontano dagli uomini perché non ha la possibilità di comunicare: è sordo e quindi non può ascoltare gli altri, è muto e quindi non può parlare con gli altri. Quest’uomo è tagliato fuori dal mondo, è isolato, è prigioniero della sua sordità e del suo mutismo e, perciò, non può aprirsi agli altri per comunicare. E allora possiamo leggere questa condizione di sordomuto anche in un altro senso, perché può accaderci di essere tagliati fuori dalla comunione e dell’amicizia con Dio e con i fratelli quando, più che le orecchie e la lingua, ad essere bloccato è il cuore. Ci sono una sordità interiore e un mutismo del cuore che dipendono da tutto ciò che ci chiude in noi stessi, ci chiude a Dio, ci chiude agli altri: l’egoismo, l’indifferenza, la paura di rischiare e di metterci in gioco, il risentimento, l’odio, e l’elenco potrebbe continuare. Tutto ciò ci allontana da Dio, ci allontana dai fratelli, e anche da noi stessi; e ci allontana dalla gioia di vivere”.
“A questa lontananza, fratelli e sorelle, Dio risponde con il contrario, con la vicinanza di Gesù”, ha proseguito il Pontefice. “Nel suo Figlio, Dio vuole mostrare anzitutto questo: che Egli è il Dio vicino, il Dio compassionevole, che si prende cura della nostra vita, che supera tutte le distanze. E nel brano del Vangelo, infatti, vediamo Gesù che si reca in quei territori periferici, uscendo dalla Giudea per andare incontro ai pagani (cfr Mc 7,31). Con la sua vicinanza, Gesù guarisce, guarisce il mutismo e la sordità dell’uomo: quando infatti ci sentiamo lontani, oppure scegliamo di tenerci a distanza – a distanza da Dio, a distanza dai fratelli, a distanza da chi è diverso da noi – allora ci chiudiamo, ci barrichiamo in noi stessi e finiamo per ruotare solo intorno al nostro io, sordi alla Parola di Dio e al grido del prossimo e perciò incapaci di parlare con Dio e col prossimo”.
“Questa è la cosa più importante”, si è avviato poi a concludere Bergoglio: “aprirci a Dio, aprirci ai fratelli, aprirci al Vangelo e farlo diventare la bussola della nostra vita. Anche a voi oggi il Signore dice: “Coraggio, non temere, popolo papuano! Apriti! Apriti alla gioia del Vangelo, apriti all’incontro con Dio, apriti all’amore dei fratelli”. Che nessuno di noi rimanga sordo e muto dinanzi a questo invito. E in questo cammino vi accompagni il Beato Giovanni Mazzucconi: tra tanti disagi e ostilità, egli ha portato Cristo in mezzo a voi, perché nessuno restasse sordo dinanzi al gioioso Messaggio della salvezza, e a tutti si potesse sciogliere la lingua per cantare l’amore di Dio. Che sia così, oggi, anche per voi!”. (aise)