Leone: lo sport è una via per costruire la pace

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ROMA\ aise\ - Trinità-sport è un binomio “non esattamente di uso comune”, ma “l’accostamento non è fuori luogo” perché “ogni buona attività umana porta in sé un riflesso della bellezza di Dio, e certamente lo sport è tra queste”. Così Papa Leone XIV nell’Omelia della celebrazione della solennità della Santissima Trinità celebrata ieri dalla Chiesa insieme al Giubileo dello Sport.
Del resto, ha osservato il Papa, “Dio non è statico, non è chiuso in sé. È comunione, viva relazione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che si apre all’umanità e al mondo. La teologia chiama tale realtà pericoresi, cioè “danza”: una danza d’amore reciproco. È da questo dinamismo divino che sgorga la vita”.
Anche lo sport “può aiutarci a incontrare Dio Trinità: perché richiede un movimento dell’io verso l’altro, certamente esteriore, ma anche e soprattutto interiore. Senza questo, si riduce a una sterile competizione di egoismi”, ha aggiunto il Pontefice. “Pensiamo a un’espressione che, nella lingua italiana, si usa comunemente per incitare gli atleti durante le gare: gli spettatori gridano: “Dai!”. Forse non ci facciamo caso, ma è un imperativo bellissimo: è l’imperativo del verbo “dare”. E questo può farci riflettere: non si tratta solo di dare una prestazione fisica, magari straordinaria, ma – ha sottolineato Leone – di dare sé stessi, di “giocarsi”. Si tratta di darsi per gli altri – per la propria crescita, per i sostenitori, per i propri cari, per gli allenatori, per i collaboratori, per il pubblico, anche per gli avversari – e, se si è veramente sportivi, questo vale al di là del risultato”.
Il Pontefice ha quindi citato San Giovanni Paolo II, “uno sportivo, come sappiamo” che definiva lo sport “gioia di vivere, gioco, festa, e come tale va valorizzato […] mediante il recupero della sua gratuità, della sua capacità di stringere vincoli di amicizia, di favorire il dialogo e l’apertura degli uni verso gli altri, […] al di sopra delle dure leggi della produzione e del consumo e di ogni altra considerazione puramente utilitaristica e edonistica della vita”.
Tre, secondo il Papa, gli “aspetti che rendono lo sport, oggi, un mezzo prezioso di formazione umana e cristiana.”
“In primo luogo, - ha osservato – in una società segnata dalla solitudine, in cui l’individualismo esasperato ha spostato il baricentro dal “noi” all’“io”, finendo per ignorare l’altro, lo sport – specialmente quando è di squadra – insegna il valore della collaborazione, del camminare insieme, di quel condividere che, come abbiamo detto, è al cuore stesso della vita di Dio. Può così diventare uno strumento importante di ricomposizione e d’incontro: tra i popoli, nelle comunità, negli ambienti scolastici e lavorativi, nelle famiglie”.
In secondo luogo, ha proseguito, “in una società sempre più digitale, in cui le tecnologie, pur avvicinando persone lontane, spesso allontanano chi sta vicino, lo sport valorizza la concretezza dello stare insieme, il senso del corpo, dello spazio, della fatica, del tempo reale. Così, contro la tentazione di fuggire in mondi virtuali, esso aiuta a mantenere un sano contatto con la natura e con la vita concreta, luogo in cui solo si esercita l’amore”.
Infine, “in una società competitiva, dove sembra che solo i forti e i vincenti meritino di vivere, lo sport insegna anche a perdere, mettendo l’uomo a confronto, nell’arte della sconfitta, con una delle verità più profonde della sua condizione: la fragilità, il limite, l’imperfezione. Questo è importante, - ha sottolineato il Papa – perché è dall’esperienza di questa fragilità che ci si apre alla speranza. L’atleta che non sbaglia mai, che non perde mai, non esiste. I campioni non sono macchine infallibili, ma uomini e donne che, anche quando cadono, trovano il coraggio di rialzarsi”.
“Non è un caso – ha detto ancora il Papa – che, nella vita di molti santi del nostro tempo, lo sport abbia avuto un ruolo significativo, sia come pratica personale sia come via di evangelizzazione. Pensiamo al Beato Pier Giorgio Frassati, patrono degli sportivi, che sarà proclamato santo il prossimo 7 settembre. La sua vita, semplice e luminosa, ci ricorda che, come nessuno nasce campione, così nessuno nasce santo. È l’allenamento quotidiano dell’amore che ci avvicina alla vittoria definitiva e che ci rende capaci di lavorare all’edificazione di un mondo nuovo. Lo affermava anche San Paolo VI, vent’anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, ricordando ai membri di un’associazione sportiva cattolica quanto lo sport avesse contribuito a riportare pace e speranza in una società sconvolta dalle conseguenze della guerra. Diceva: “È la formazione di una società nuova, a cui si rivolgono i vostri sforzi: […] nella consapevolezza che lo sport, nei sani elementi formativi che esso avvalora, può essere utilissimo strumento per l’elevazione spirituale della persona umana, condizione prima e indispensabile di una società ordinata, serena, costruttiva”.
Rivolgendosi agli sportivi, Papa Leone ha aggiunto: “la Chiesa vi affida una missione bellissima: essere, nelle vostre attività, riflesso dell’amore di Dio Trinità per il bene vostro e dei vostri fratelli. Lasciatevi coinvolgere da questa missione, con entusiasmo: come atleti, come formatori, come società, come gruppi, come famiglie. Papa Francesco amava sottolineare che Maria, nel Vangelo, ci appare attiva, in movimento, perfino “di corsa”, pronta, come sanno fare le mamme, a partire a un cenno di Dio per soccorrere i suoi figli. Chiediamo a Lei di accompagnare le nostre fatiche e i nostri slanci, e di orientarli sempre al meglio, fino alla vittoria più grande: quella dell’eternità, il “campo infinito” dove il gioco non avrà più fine e la gioia sarà piena”, ha concluso il Papa, che ha ripreso questi argomenti anche per introdurre l’Angelus, recitato insieme ai fedeli riuniti a San Pietro.
Lo sport, ha sottolineato, “è una via per costruire la pace, perché è una scuola di rispetto e di lealtà, che fa crescere la cultura dell’incontro e della fratellanza. Sorelle e fratelli, vi incoraggio a praticare questo stile in modo consapevole, opponendovi ad ogni forma di violenza e di sopraffazione”. (p.d.d\aise)